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PARTE 4
APPENDICI
 
◗PUNTEGGIATURA
La punteggiatura (o interpunzione) è un insieme di segni grafici aventi
molte funzioni, tra cui indicare le pause tra le parti di una frase o piú frasi,
esprimere rapporti di coordinazione e subordinazione e suggerire il
tono del discorso. Ecco perché un uso appropriato dei segni di interpunzione
è importante sia dal punto di vista sintattico sia da quello stilistico. Questi
i principali (dell’apostrofo e dell’accento si è detto a pag. 21 e 13):
PUNTO O PUNTO FERMO
Si mette a fine frase e indica una pausa lunga. Se lo stacco tra una frase
e l’altra è netto si usa passare alla riga successiva (andare a capo). Un
altro utilizzo del punto fermo interessa le abbreviazioni (vedi pag. 192).
VIRGOLA
Usata per indicare una pausa breve, trova posto negli elenchi, negli incisi,
nelle apposizioni, nelle espressioni vocative e tra la proposizione principale
e vari tipi di subordinate. La virgola non va mai usata tra il soggetto e

il predicato verbale (attenzione: il soggetto può essere costituito da un’intera
espressione!), tra il predicato verbale e il complemento oggetto, prima
di una parentesi o di un inciso fra trattini. Le virgole possono modificare il
senso di una frase (vedi pag. 163), quindi occorre prestare molta attenzione.
Davanti alle congiunzioni o ed e (tranne quando e vuol dire eppure o introduce
una coordinata o un inciso) usualmente non si mette la virgola, ma
le esigenze di stile possono ampiamente contraddire questo principio.
PUNTO E VIRGOLA
Serve per indicare una pausa a metà tra quella espressa dal punto e quella
indicata dalla virgola; viene usato negli elenchi (a patto che non siano costituiti
da parole singole) e per dividere due o piú frasi collegate tra loro
ma troppo lunghe per essere separate da una semplice virgola.
DUE PUNTI
Precedono un elenco, una spiegazione o un discorso diretto; talvolta servono
per sostituire una congiunzione (in particolare causale, conclusiva e
temporale). Taluni affermano che in uno stesso periodo i due punti non
vanno impiegati piú di una volta, ma non esiste alcuna regola che lo imponga.
Anzi, sono assai utili nel caso di elenchi all’interno di altri elenchi
o per introdurre precisazioni: ovviamente bisogna fare in modo che
chi legge non abbia dubbi sulla costruzione sintattica della frase.
PUNTO ESCLAMATIVO
Si usa nelle frasi che esprimono stupore, ammirazione e vari altri sentimenti.
Spesso è preceduto dalle interiezioni, oppure serve per esprimere
un ordine perentorio; in questo caso segue a un imperativo. È tipico del
linguaggio giovanile e in ogni caso è meglio non abusarne.
PUNTO INTERROGATIVO O DI DOMANDA
Si usa alla fine di una domanda ed è proprio delle interrogative dirette. La
lingua spagnola lo usa, capovolto, per segnalare l’inizio della domanda.
PUNTINI DI SOSPENSIONE
Si usano per lasciare una frase o un discorso a metà, spesso sottintendendo
qualcosa noto al lettore. Devono rigorosamente essere tre.
VIRGOLETTE
Ne esistono molti tipi: le piú frequenti sono quelle alte (“...”) e le caporali
o sergenti («...»), dette cosí perché ricordano le mostrine militari.
Le prime vengono usate, tra l’altro, per sottolineare il valore metaforico
o la particolare connotazione di una parola o di un’espressione, non-

ché per riportare i titoli di giornali nelle bibliografie. Le caporali sono
usate per lo piú per indicare un discorso diretto o una citazione. Esistono
poi gli apici semplici (‘...’), graficamente uguali all’apostrofo, che
equivalgono alle virgolette alte. L’uso dell’uno o dell’altro tipo di virgolette
è fortemente discrezionale; va però tenuto presente che esiste una
sorta di “gerarchia” discendente dalle caporali agli apici semplici, per cui,
se si rendesse necessario usare virgolette che racchiudono altre virgolette,
occorre rispettare le relative dignità («...“...‘...’...”...») .
TRATTINI
Sono di tre tipi: lunghi, medi e brevi. I primi vengono usati nel discorso
diretto, i secondi negli incisi; gli ultimi hanno il significato di unire
due elementi e sono impiegati in alcune parole composte, in termini occasionalmente
collegati e nella sillabazione. Come accennato a pagina
175, nei nomi composti trovano uso per lo piú quando si tratta di neologismi
non ancora entrati nell’uso comune o nel caso di dissonanze generate
dall’incontro di un termine con il relativo prefisso (es. post-sovietico).
Si usano anche in espressioni che indicano una relazione tra due sostantivi,
come accordo governo-sindacati e rapporto padre-figlio.
Talora, all’uso inglese, si impiega un trattino medio singolo per creare
uno stacco all’interno di una frase, ma la virgola o i due punti per la nostra
lingua restano la scelta elettiva.
BARRE OBLIQUE
Quella comune (/), detta anche slash, è usata per separare i versi di una
poesia quando sono riportati senza andare a capo a ogni verso, nonché per
esprimere contrapposizione o la compresenza di due possibilità (e/o). La
barra rovesciata (\) è usata quasi esclusivamente in ambito informatico.
PARENTESI
Possono essere tonde o quadre: le tonde servono per isolare una parte di
frase; le quadre per introdurre termini utili a facilitare la comprensione
di un testo riportato o per indicarne parti mancanti o lacunose (con tre
puntini racchiusi) e infine per aggiungere note dell’autore, del traduttore
o del redattore.
ASTERISCO
Proprio dei testi a stampa, si usa in sostituzione di un nome proprio che
non si vuole indicare (se ne usano tre), per richiamare in nota una voce (in
questo caso viene posposto) o per indicare che la parola in questione (cui
viene preposto) è stata ricostruita con la comparazione linguistica.


 
 


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