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PARTE 4
APPENDICI
 
CONTRARI
Si dicono contrari o antonimi i termini “legati” tra loro da un rapporto
di significato basato sull’opposizione, sono cioè parole che hanno significato
opposto l’uno all’altro:
ricco/povero, bello/brutto, dolce/amaro,
vivo/morto, giovane/vecchio
Come nel caso dei sinonimi, anche nella scelta dei contrari occorre considerare
sia la pertinenza sia la proprietà di linguaggio.
Molte coppie di contrari sono costituite da due parole “diverse”, ma a prevalere
sono le coppie formate da due parole di cui una è derivata dall’altra
con l’aggiunta di prefissi come a(n)-, de-, ne-, dis-, in-, s-:
alcolico/analcolico, concentrazione/deconcentrazione, fasto/nefasto,
uniforme/disuniforme, esistente/inesistente, coprire/scoprire
Talvolta l’antonimo si forma anteponendo semplicemente l’avverbio non:
è il caso di nomi e aggettivi indicanti forme e colori e di parole indicanti
provenienza, professione religiosa e nazionalità, che non ammettono
antonimi:
cercavo una stoffa non verde e una scatola non rotonda
L’avverbio non può avere anche valore attenuativo e dare luogo a una litote
(vedi pag. 187). Ad esempio si può dire non intelligente invece di
sciocco.
I contrari si dividono in tre gruppi:
●reciproci, ovvero termini che vivono in funzione dell’esistenza del loro
contrario:
comprare/vendere, domanda/offerta
●incompatibili, ovvero parole che non possono essere vere contemporaneamente
e che possono essere entrambe non veritiere:
buono/cattivo
●disgiunti, ovvero i contrari per antonomasia:
celibe/sposato
➤Saperne di piú: i contrari incompatibili sono graduabili, ossia ammettono
il grado comparativo e superlativo (es. piú buono, buonissimo); gli antonimi
disgiunti sono non graduabili (non si puó dire piú celibe).
I nomi e gli aggettivi con piú accezioni avranno un antonimo per ognuna:
acuto p arrotondato, lieve, ottuso, tardo

 
 


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