index_italian_m Grammatica essenziale 2011
| VERBO |
| MODO E TEMPO ●Un verbo può essere di modo: • finito: indicativo (io lavoro), congiuntivo (che io lavori), condizionale (io lavorerei) e imperativo (lavora!); • indefinito: infinito (amare), participio (amante) e gerundio (amando). ➤Saperne di piú: i modi infinito, participio e gerundio sono detti anche forme nominali del verbo, dal momento che possono essere utilizzati anche come sostantivi e aggettivi: viaggiare è uno dei piaceri della vita il lavorante ricevette il salario; gli studenti consegnarono l’elaborato L’indicativo è il modo della realtà e della certezza; il congiuntivo è il modo della possibilità, dell’incertezza e dell’opinione; il condizionale è il modo della possibilità condizionata, ossia dell’azione possibile solo a certe condizioni; l’imperativo è il modo del comando. ✎Nota etimologica: “congiuntivo” deriva dal latino coniunctivus modus, proprio di molte proposizioni dipendenti, cioè “congiunte” alle reggenti. L’infinito serve a indicare semplicemente l’azione espressa dal verbo; il participio svolge funzione sia di verbo sia di aggettivo; il gerundio si usa per mettere in relazione l’azione che si compie o è da compiere con un’altra indicata dal verbo finito della proposizione reggente. ✎Nota etimologica: “gerundio” deriva dal latino modus gerundi (= gerendi), che significa “modo di comportarsi”. ●Il tempo indica se il rapporto tra il verbo e chi parla o ascolta è di • contemporaneità (tempo presente): Orazio ride • anteriorità (tempo passato): Orazio rideva (imperfetto) Orazio ha riso (passato prossimo) Orazio rise (passato remoto) Orazio aveva riso (trapassato prossimo) Orazio ebbe riso (trapassato remoto) • posteriorità (tempo futuro) Orazio riderà (futuro semplice) Orazio avrà riso (futuro anteriore) Gli esempi riportati sono tutti all’indicativo, ma anche gli altri modi possono presentare tempi diversi (non necessariamente tutte le forme). Le forme verbali si dicono semplici se costituite da una sola parola (prendo); quelle composte si formano con gli ausiliari (ho preso; ero andato). ERROR I (P IÚ O MENO) COMUNI In alcune regioni, in particolare al Nord, nel linguaggio parlato capita di sentire forme errate di imperfetto, soprattutto relative a verbi della seconda coniugazione, ad esempio vedavamo invece di vedevamo, scendavamo invece di scendevamo. IL VALORE DEI TEMPI NELL’ INDICATIVO ●Il presente esprime qualcosa che avviene nel momento in cui si parla, agisce o scrive (es. oggi Gianni va a scuola), ma può anche avere un valore continuativo/ripetitivo (es. Gianni va a scuola = Gianni frequenta regolarmente la scuola). Talora, soprattutto nel linguaggio parlato, il presente viene usato in luogo del (piú corretto) futuro (es. stasera vado al cinema = stasera andrò al cinema). Un uso particolare è dato dal cosiddetto presente storico: proprio dei testi narrativi, è spesso preferito ai tempi passati per la sua immediatezza (es. nel 79 d.C. avviene l’eruzione del Vesuvio). Infine, il presente può avere valore, per cosí dire, assoluto o atemporale (es. la lavatrice è un elettrodomestico), come tipicamente si verifica in detti, proverbi e massime (es. chi si loda s’imbroda). ●L’imperfetto esprime un’azione abituale/ripetitiva (es. Cosimo mangiava tre volte al giorno) o continuativa (es. l’acqua scorreva dal lago superiore a quello inferiore) collocata nel passato. Può avere valore descrittivo (es. aveva un portamento elegante), storico/narrativo (es. Cesare era ormai in prossimità delle Gallie), desiderativo/ottativo nel linguaggio parlato (es. volevo un etto di prosciutto = vorrei un etto di prosciutto), di cortesia (es. volevo ricordarti l’appuntamento con Lorenzo). È anche il tempo tipico delle favole (es. c’era una volta) e del linguaggio dei giochi infantili (es. io ero il re e tu la regina). ●Il passato prossimo esprime un’azione che si è svolta in un passato recente (es. la settimana scorsa sono andato al mare) oppure che, sebbene avvenuta in un passato lontano, ha effetti anche nel presente (es. il latino ha dato origine all’italiano). ●Il passato remoto esprime un’azione che si è conclusa in un passato lontano e che non ha effetti diretti sul presente (es. Cicerone scrisse numerose orazioni). ➤Saperne di piú: il passato prossimo e il passato remoto non hanno precise demarcazioni di utilizzo, e grande è l’influenza delle abitudini regionali. In generale, nelle regioni settentrionali prevale il passato prossimo anche quando sarebbe piú consigliabile il passato remoto (es. l’anno scorso sono andato in ferie a Cortina invece del piú corretto l’anno scorso andai in ferie a Cortina). Per contro, nelle regioni meridionali prevale il passato remoto anche quando sarebbe piú consigliabile il passato prossimo (es. stamane andai al lavoro invece di stamane sono andato al lavoro). ●Il trapassato prossimo esprime azioni passate antecedenti ad altre, che possono essere al passato prossimo (es. ho acquistato le scarpe che avevo visto in vetrina), all’imperfetto (es. andavo nella direzione che mi avevano suggerito) oppure al presente (es. piove, eppure i meteorologi avevano previsto sole). Il trapassato remoto, di uso piú limitato, esprime anteriorità rispetto a un passato remoto (es. quand’ebbero risolto il problema, gli allievi consegnarono il compito) ed è assai poco usato nel linguaggio parlato, in cui prevalgono forme semplificate (quando risolsero il problema, consegnarono il compito). ●Il futuro semplice esprime un’azione che non si è ancora verificata e avverrà, appunto, nel futuro (es. domani andrò al lavoro). Nei testi narrativi o espositivi può però esprimere un’azione futura rispetto a un’altra, ma non futura rispetto al presente reale: questo avviene soprattutto quando il testo principale fa uso del presente storico (es. Napoleone sposa Giuseppina Beauharnais nel 1796; quattordici anni dopo sposerà in seconde nozze Maria Luisa d’Austria). Il futuro può anche avere valore dubitativo/ interrogativo (es. che ore saranno?), dubitativo/esclamativo (es. non penserete di cavarvela cosí!), esprimere approssimazione o incertezza (es. saranno le undici; Monica sarà andata al cinema) o ancora attenuare un’affermazione (es. ti dirò che non l’avrei mai pensato). ●Il futuro anteriore esprime l’anteriorità di un’azione futura rispetto a un’altra azione futura: cioè si comporta, in un certo senso, come i trapassati rispetto ai tempi passati (es. quando avrò visto i risultati, saprò se elogiarti). È impiegato anche con valore concessivo (es. ci saremo anche svegliati tardi, ma la giornata è stata proficua). ➤Attenzione: qui come altrove, nel linguaggio parlato si tende alla semplificazione, e non è infrequente l’impropria sostituzione del futuro anteriore con il futuro semplice (es. quando vedrò i risultati saprò se elogiarti). ◗ Concordanza del participio passato nelle forme composte Per quanto riguarda la concordanza del participio passato con il sostantivo cui si riferisce nelle forme verbali composte, frequentissimi sono i dubbi e gli errori, e non sempre esiste uniformità di vedute tra i grammatici. Ecco alcune semplici norme: ●Quando il tempo composto si forma con l’ausiliare essere, di norma non esistono problemi: il participio concorda con il soggetto (es. quei film sono stati proiettati ogni giovedí; ieri Maria è stata derubata). Qualche dubbio può sussistere in presenza di espressioni che – sebbene grammaticalmente singolari – indicano una pluralità: come si dirà più avanti, in questi casi il participio può essere concordato grammaticalmente (es. la maggior parte dei soldati è partita per il fronte) oppure a senso (la maggior parte dei soldati sono partiti per il fronte). ●Quando l’ausiliare è avere si presentano casi differenti: innanzitutto il participio passato non concorda mai con il soggetto (es. io e Luca abbiamo camminato tutta la notte) e resta invariato al maschile singolare. In relazione al complemento oggetto: • Il participio passato è di norma invariabile (es. ho comperato due camelie e non ho comperate due camelie) e la concordanza è presente quasi solo in ambito poetico e letterario (A. Manzoni: Lucia aveva avute due buone ragioni). • Fanno eccezione le relative, che ammettono sia la forma invariabile (es. la casa che ho visto fa al caso nostro) sia quella concordata (es. la casa che ho vista fa al caso nostro), i casi in cui il complemento oggetto è rappresentato dalle particelle pronominali atone lo, la, li, le, che esigono la forma concordata (es. hanno incontrato Alessandro e Andrea e li hanno salutati), e la particella ne con valore partitivo, che pure richiede la concordanza (es. della tua scatola di cioccolatini ne ho mangiati due). PARTICI P I PRESENTI SENZA VERBO I participi presenti hanno in genere funzione di aggettivo o sostantivo (es. perdente, amante, piacente), ma è ben evidente il nesso con il verbo da cui derivano. Di alcuni però manca o si è perso il verbo corrispondente. Ad esempio eclatante, furfante, pimpante e galante provengono dal francese. Dal latino derivano intelligente, ambulante, consulente, docente, latente, mittente, capiente, carente, deterrente, eloquente, fatiscente, impellente, occidente, oriente... e la lista sarebbe ancora lunga! ◗ I verbi fraseologici Esistono verbi, detti durativi, che esprimono di per sé un’azione che si prolunga nel tempo – come cercare, dormire, studiare e passeggiare –, verbi, detti momentanei, che esprimono di per sé un’azione, per cosí dire, istantanea – come trovare, morire, scoppiare e cadere –, e verbi indicanti l’inizio di un’azione che si sviluppa progressivamente, come arrossire, invecchiare, ingiallire. Indicano una particolare modalità di azione anche i cosiddetti verbi fraseologici, che possono indicare l’imminenza o la ripetizione di un’azione, il suo termine o altri aspetti specifici. Si usano: ●con l’infinito: • essere in procinto di/essere sul punto di/stare per/accingersi a/mettersi a/incominciare a (indicano l’imminenza di un’azione): si accingevano a partire • continuare a/insistere a (esprimono un’azione ripetuta o duratura): continuano a tormentarci • cercare di/tentare di/provare a/sforzarsi di/sforzarsi a (esprimono il tentativo di compiere un’azione): tentano di convincermi • fare/lasciare (aggiungono a un’azione voluta dal soggetto la valenza di comando o permesso): lascia perdere le inezie • vedersi/sentirsi/lasciarsi (indicano lo stato del soggetto rispetto all’azione): ci sentimmo morire • smettere di/cessare di/terminare di/finire di (indicano la conclusione di un’azione): alla fine smisero di urlare • finire con/finire per (esprimono il modo in cui si conclude un’azione): finimmo con l’incontrarci tutti al bar ●con il participio: • vedersi/sentirsi (indicano lo stato del soggetto rispetto all’azione): ci siamo visti perduti • andare (aggiunge valore di obbligo o necessità nelle frasi passive in cui sostituisce l’ausiliare essere): questo compito va svolto con attenzione ●con il gerundio: • stare/andare (indicano lo svolgimento di un’azione; stare è usato solo nei tempi semplici): nel popolo andava crescendo il malcontento |