index_italian_m Grammatica essenziale 2011
| AGGETTIVO |
| GLI AGGETTIVI DETERMINATIVI Gli aggettivi determinativi (o indicativi) esprimono, come vuole il nome, una particolare determinazione, che può essere possessiva, dimostrativa, indefinita, interrogativa/esclamativa o numerale. ◗ Gli aggettivi possessivi Gli aggettivi possessivi servono a specificare la persona o la cosa cui appartiene il termine indicato dal nome. Possono fungere anche da pronomi. MASCHILE FEMMINILE SINGOLARE PLURALE SINGOLARE PLURALE mio miei mia mie tuo tuoi tua tue suo suoi sua sue nostro nostri nostra nostre vostro vostri vostra vostre loro loro loro loro ➤Attenzione: gli aggettivi suo/sua/suoi/sue si usano solo riferiti a un soggetto singolare (anche se l’oggetto posseduto è al plurale). Quando il soggetto è plurale è d’obbligo usare loro: i due fratelli rientravano ogni sera nella loro casa (non nella sua) ●L’aggettivo possessivo proprio può sostituire suo e loro purché riferito al soggetto della frase. Può fungere da rafforzativo ed è obbligatorio in luogo di suo nelle costruzioni impersonali: i genitori crescono con amore i propri figli (= i loro figli) ha raggiunto il successo con le sue proprie forze (valore rafforzativo) è necessario fare sempre il proprio dovere (frase impersonale) Attenti agli equivoci! L’uso degli aggettivi possessivi può prestare il fianco a equivoci, cui bisogna badare nella scrittura di un testo. Ad esempio, in frasi come Franco ha fatto un giro con Anna sulla sua auto nuova non è chiaro se l’auto sia di Franco o di Anna: meglio costruire la frase cosí: Franco ha fatto un giro con Anna sull’auto nuova di lei oppure Franco ha fatto un giro con Anna sulla propria auto nuova. Una nota particolare va riservata all’uso di proprio. Non si deve mai dimenticare che, come detto, questo aggettivo possessivo va riferito esclusivamente al soggetto della proposizione. Per cui, in frasi del tipo la mamma ha raccomandato a Giovanni di fare per bene i propri compiti, i compiti vanno riferiti al soggetto, cioè alla mamma! La frase corretta dev’essere: la mamma ha raccomandato a Giovanni di fare per bene i suoi compiti. ●L’aggettivo possessivo altrui (= di altri) designa un possessore indefinito, può essere sia singolare sia plurale e in genere è posposto: es. le lamentele altrui. Quando è anteposto, ha sapore aulico e letterario: es. l’altrui denaro non mi interessa. ●Gli aggettivi possessivi richiedono di essere preceduti dall’articolo (determinativo o indeterminativo), ma lo rifiutano nei seguenti casi: • con i seguenti nomi di parentela al singolare: padre, madre, figlio, figlia, marito, moglie, fratello, sorella (es. mio padre, mio marito, non il mio padre, il mio marito). Altri nomi di parentela (papà, mamma) lo ammettono; altri ancora (nonno, nonna, zio, zia) lo tollerano, ma è di uso piuttosto colloquiale. Tutti questi nomi vogliono invece l’articolo quando sono alterati (diminutivi, vezzeggiativi: il mio figliolo, la mia mogliettina), quando sono al plurale (i miei fratelli), quando il possessivo è seguito da un altro aggettivo (il mio caro padre) e quando il sostantivo è seguito da un complemento di specificazione (il mio fratello di Napoli). GLI AGGET TIVI POS S E S S IVI IN ALTRE LINGUE Il francese e l’inglese usano molto il possessivo, anche in casi in cui l’italiano non lo ritiene necessario. Dovrà tenerne conto chi traduce da queste lingue: ad esempio, in francese e inglese sono comuni espressioni come prend ta plume/take your pen (= prendi la tua penna), che in italiano vanno rese semplicemente come prendi la penna, a meno che non si voglia sottolineare il possesso (la tua e non quella di qualcun altro). ●Gli aggettivi possessivi in genere sono anteposti al nome cui si riferiscono (i miei libri, le vostre lagnanze, i propri dubbi): l’uso di posporli (i figli vostri) è squisitamente regionale. Fanno eccezione alcune frasi idiomatiche come amor proprio, in cuor mio, a parer mio, a modo mio, di testa nostra e le esclamazioni (tesoro mio!, amici miei!). ◗ Gli aggettivi dimostrativi Gli aggettivi dimostrativi servono a indicare una cosa o una persona in rapporto alla vicinanza o lontananza rispetto a chi parla o a chi ascolta. Possono essere anche pronomi. MASCHILE FEMMINILE SINGOLARE PLURALE SINGOLARE PLURALE questo questi questa queste codesto codesti codesta codeste quello quelli quella quelle ●Questo indica una persona o una cosa vicina nello spazio, nel tempo o nel discorso a chi parla o scrive: questi imprevisti non mi demoralizzano; prendi questa valigia Nel linguaggio colloquiale si incontrano anche le forme regionali ’sto/’sta/’sti/’ste, risultato della caduta della sillaba iniziale (aferesi) di questo/ questa/questi/queste. ●Codesto indica una persona o una cosa vicina nello spazio, nel tempo o nel discorso a chi ascolta o legge (o riceve uno scritto): gli scrissi: «chi è codesta fanciulla che vive con te?» L’uso di codesto è oggi piuttosto in declino, sostituito, seppur impropriamente, da questo. Permane nell’uso regionale (soprattutto in Toscana) e nel linguaggio burocratico e commerciale. In qualche caso ha valore dispregiativo: es. non mi fare codesti discorsi! ●Quello indica una persona o una cosa lontana nello spazio, nel tempo o nel discorso sia da chi parla/scrive sia da chi ascolta/legge: quella volta fummo sfortunati ●Stesso e medesimo vengono usati per rafforzare un nome o un pronome (es. l’ho visto io stesso) oppure con il significato di identico. In realtà fra i due termini esiste una differenza di valore. Ad esempio, l’affermazione Mario e Luigi sono andati in pizzeria e hanno mangiato la stessa pizza sottintende che abbiano mangiato lo stesso tipo di pizza; per contro, l’affermazione Mario e Luigi sono andati in pizzeria e hanno mangiato la medesima pizza sottintende che si siano divisi un’unica pizza. ➤Saperne di piú: l’aggettivo indefinito tale può sostituire questo o quello in riferimento a qualcosa di già nominato (es. di tali cose non dirò altro). ◗ Gli aggettivi indefiniti Gli aggettivi indefiniti (alcuni dei quali fungono anche da pronomi) servono a designare cose o persone in modo vago e generico. Si suddividono in: ●Invariabili (ogni, qualunque, qualsiasi, qualsivoglia, qualche), usati solo al singolare: ogni mattina mi reco al lavoro ti ascolto, qualunque cosa tu voglia dire! ho acquistato qualche banana ●Variabili nel genere (nessuno e ciascuno), usati solo al singolare: nessun’amica mi aveva mai causato simili dispiaceri aveva un sasso in ciascuna scarpa ➤Attenzione: quando nessuno si trova dopo il verbo vuole la negazione non (es. non sento nessun disturbo). ●Variabili nel genere e nel numero (come alcuno, certo): ho proseguito per alcuni chilometri; l’inventore è un certo Mario Rossi Anche l’aggettivo indefinito altro appartiene alla categoria dei variabili nel genere e nel numero, ma può avere valore diverso: • può esprimere un’aggiunta indefinita (es. ci serve altro denaro); • può avere il valore di restante (es. non so che fare dell’altro vino); • può avere il valore di diverso (es. abitavamo in un altro appartamento); • può avere il valore di scorso o prossimo (es. ci siamo visti l’altr’anno; ci vedremo quest’altr’anno). Inoltre l’aggettivo altro può fungere da rafforzativo: noialtri, voialtri. ◗ Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi Gli aggettivi interrogativi si usano per introdurre una domanda sulla qualità o quantità della cosa o persona cui si riferiscono. Con gli aggettivi che e quale (il primo invariabile, l’altro variabile nel numero) si chiedono informazioni sull’identità o sulla qualità di una cosa o persona; con l’aggettivo quanto, variabile nel genere e nel numero, oggetto della domanda è la quantità. MASCHILE FEMMINILE SINGOLARE PLURALE SINGOLARE PLURALE che che che che quale quali quale quali quanto quanti quanta quante che film guardi? quale gusto preferisci? quanti soldi hai speso? ●Gli stessi aggettivi possono avere anche valenza esclamativa: che brutta storia! quale ignominia! quanti sprechi! ◗ Gli aggettivi numerali Gli aggettivi numerali (alcuni dei quali fungono anche da pronomi) forniscono indicazioni quantitative sul nome cui si riferiscono. Si dividono in: ●Cardinali: rappresentano la serie dei numeri naturali (uno, due, tre ecc.). ●Ordinali: rappresentano l’ordine di una successione (primo, secondo, terzo ecc.). ●Moltiplicativi: indicano di quante volte una quantità è superiore a un’altra (doppio, triplo, quadruplo ecc.). Alla categoria dei numerali appartengono le locuzioni distributive (es. a quattro a quattro, due ciascuno, ogni dieci), le locuzioni frazionarie (es. un mezzo, due terzi, nove decimi), i nomi collettivi (es. paio, dozzina, ventina, migliaio) e aggettivi come ventennale, trimestrale, annuale. A questi si aggiungono mezzo e metà, che indicano le due parti uguali in cui si divide un intero. Qualche curiosità sui numeri. La rappresentazione delle quantità mediante numeri ci è pervenuta attraverso gli studiosi arabi, e per questo i numeri cardinali usati nei Paesi occidentali sono detti numeri arabi, sebbene fossero in realtà di origine indiana. Tuttavia questo non è l’unico sistema di numerazione: i Romani, ad esempio, ne utilizzavano uno basato sulle lettere e non su segni specifici. La differenza piú importante tra i due sistemi consiste nel fatto che la numerazione araba è di tipo posizionale, cioè ogni cifra assume un valore in relazione alla posizione in cui si trova: da destra a sinistra rappresenta le unità, le decine, le centinaia, le migliaia e cosí via. Questa impostazione ha reso necessario l’uso di un segno che indicasse l’eventuale assenza di un valore: questo segno è lo zero, sconosciuto nella numerazione romana. Il termine “zero” deriva dall’arabo sifr (che significa “vuoto”), corrotto poi in zephir, vocabolo da cui deriva anche “cifra”. Il simbolo proviene invece dal greco: è la lettera o (omicron), iniziale di oudén (“nulla”). I numeri romani oggi sono spesso utilizzati per indicare gli ordinali (es. VI = sesto); in questo caso non vogliono mai l’esponente, che invece è richiesto quando l’ordinale è espresso da un numero arabo (dodicesimo = 12° = XII). Nell’indicazione dei giorni del mese è obbligatorio l’esponente nel primo (es. 1° ottobre), mentre negli altri non va usato (8 marzo). In matematica è abituale suddividere i numeri cardinali inserendo un puntino ogni tre cifre a partire da destra, ma nell’uso editoriale non specialistico il puntino è spesso sostituito da uno spazio breve e si applica solo a partire dai numeri di cinque cifre. ARABI ROMANI CARDINALI ORDINALI 1 I uno primo 2 II due secondo 3 III tre terzo 4 IV quattro quarto 5 V cinque quinto 6 VI sei sesto 7 VII sette settimo 8 VIII otto ottavo 9 IX nove nono 10 X dieci decimo 10.000 X diecimila decimillesimo 100 C cento centesimo 1.000 M mille millesimo 1.000.000 |X| un milione milionesimo |