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FONETICA SINTATTICA

Quando si parla si pronunciano le parole “legandole”, per cosí dire, mediante intonazione e ritmo: nascono in questo modo fenomeni di fonetica sintattica quali l’elisione, il troncamento e il raddoppiamento fonosintattico, che in molti casi possono avere finalità eufoniche, ossia di rendere piú gradevole il suono o la pronuncia di frasi e parole. Eufonico è anche l’effetto della i prostetica (vedi pag. 24) e della d detta, appunto, eufonica.

✎Nota etimologica: “eufonia” deriva dal greco eu (“buono”) e foné (“suono”).
 
L’elisione

L’elisione è la caduta della vocale finale atona di una parola davanti alla vocale iniziale della parola successiva. Il segno grafico che la rappresenta è l’apostrofo (’).
Come accennato, l’elisione ha valore eufonico, per cui il suo uso è largamente soggettivo e può influenzare lo stile di scrittura. Esistono tuttavia regole grammaticali che stabiliscono quando può o non può essere applicata.

●Oltre che in alcune formule fisse come senz’altro, mezz’ora, d’accordo, l’elisione è pressoché obbligata in questi casi:
• con gli articoli determinativi lo e la e le relative preposizioni articolate:
l’ananas, l’incudine, dell’oggetto, all’arma
• con l’articolo indeterminativo una (i pronomi/aggettivi suoi composti,
come ciascuna, nessuna, qualcuna sono elisi meno di frequente,
tranne che quando seguiti da altra):
un’immagine, un’essenza, un’opera, qualcun’altra, nessun’altra
• con gli aggettivi bello, santo e quello:
bell’esempio, sant’Eusebio, quell’animale

●L’elisione è vietata:
• con articoli, aggettivi e preposizioni seguiti da i semiconsonantica:
la iena, quella iena, della iena; lo iodio, quello iodio, dello iodio
• con il pronome personale atono ci seguito da vocale diversa da i:
la mamma ci ammira; il professore ci elogia
• con le particelle pronominali atone li (loro, maschile) e le (loro, femminile) in funzione di complemento oggetto (per evitare la confusione con l’elisione delle particelle la e lo e quindi con il singolare):
le avvisai dell’accaduto
li immaginai al mare
La forma elisa è quindi esclusiva del singolare:
l’avvisai (lei) dell’accaduto
l’immaginai (lui) al mare

• con la particella pronominale atona le (a lei) in funzione di complemento di termine:
il ragazzo le enumerò le doti; la segretaria le annota gli appuntamenti
• con la preposizione da, per evitare la confusione con di:
da amare; da elevare; da odiare
Esistono tuttavia alcune eccezioni, come le locuzioni d’altra parte, d’altro canto, d’ora in poi.
 
UN’ELISIONE DA NON FARE
Di recente ha avuto una certa diffusione (anche in letteratura) l’uso errato di apostrofare la particella rafforzativa ci (diversa dal pronome ci) davanti alle voci del verbo avere (es. c’ha, c’ho, c’aveva, c’hanno). Infatti la c davanti ad a e o ha suono velare (la h è muta), per cui la pronuncia sarà cà, cò, cavéva, cànno. Per amor di precisione, anzi, le forme citate costituiscono l’elisione (arcaica) della congiunzione che con caduta della h : c’ha = ch’ha = che ha.
 
 
●L’elisione è possibile:
• con gli aggettivi dimostrativi questo/questa e quello/quella:
quest’osso, quest’amica; quell’orto, quell’arma
• con l’articolo gli davanti a parola che inizia per i (letterario):
gl’incontri
• con l’articolo le (letterario):
l’elette
• con le particelle pronominali mi, ti, ci, si, vi:
m’impegno, t’insegna, c’incontrammo, s’erano, v’alzate
• con la particella ne:
se n’era andato
• con l’aggettivo tutto, quasi esclusivamente (e obbligatoria) in locuzioni
come tutt’altro, tutt’uno, tutt’ora, tutt’oggi.
 
L’uso di mantenere le forme non elise (es. lo uomo, della anima) quando occorrano a fine riga è superato e non piú accettabile: l’apostrofo può benissimo concludere una riga, anche se, per ragioni di estetica e di facilità di lettura, nella tipografia si tende a evitarlo.


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