index_italian_m Grammatica essenziale 2011


PARTE 1
FONETICA E FONOLOGIA
Si chiama fonetica la scienza che studia i suoni di una lingua dal punto di vista squisitamente fisico, vale a dire in relazione all’emissione, alla pronuncia del suono stesso.
La fonologia è invece la scienza che studia i fonemi, ossia quei suoni che in un determinato idioma hanno valore distintivo e assumono quindi una particolare valenza linguistica e, indirettamente, culturale.
✎Nota etimologica: questi termini derivano rispettivamente dai nomi greci foné e fónos, che significano entrambi “voce”, “suono”.
 
ALFABETO E PRONUNCIA
Poiché la comunicazione tra individui non avviene solo mediante dialogo diretto, in ogni civiltà si è reso necessario un sistema di segni adeguato a rappresentare tutte le possibili combinazioni del linguaggio parlato: la scrittura. L’insieme dei segni grafici che si usano per rappresentare i fonemi di una lingua è l’alfabeto; i singoli segni (detti grafemi) sono le lettere, i segni di punteggiatura e altri simboli (come, ad esempio, i numeri).
L’alfabeto italiano è costituito da ventun lettere di base, alle quali se ne aggiungono
cinque proprie di lingue straniere (j, k, w, x e y) e assimilate dalla nostra lingua:

a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z

I fonemi si dividono in tre gruppi:
●Vocali (a, e, i, o, u): si differenziano nel suono a seconda della posizione che le mascelle, la lingua e le labbra assumono nel pronunciarle;
la loro funzione è quella di “facilitare” la pronuncia delle consonanti. Mentre a, i e u
hanno una sola pronuncia, le vocali e e o hanno due possibili suoni: aperto (come in
verbo e oro) o chiuso (come in mente e ponte).
 
ALFABETI S ENZA VOCALI
Non tutte le lingue possiedono le vocali. L’alfabeto ebraico, ad esempio, è costituito da
22 lettere di valore consonantico e rende le vocali in forma di piccoli segni che trovano
posto sotto, sopra o all’interno delle parole.
 
QUANDO UNA VOCALE NON SI PRONUNCIA
La grafia di alcune parole prevede la presenza di una i che in realtà non viene pronunciata (i sovrabbondante). Ciò significa che, se anche non ci fosse, la pronuncia sarebbe la stessa. È il caso di:
• parole come specie, effigie, superficie;
• parole che terminano in -ciente, -cienza, -ciere, -ciera, -giera:
cosciente, sufficienza, paciere, crociera, raggiera
• parole che al singolare escono in -gia e -cia precedute da vocale e al plurale mantengono la i (-gie e -cie): franchigie, socie
• verbi in -gnare, che conservano la i della desinenza nella prima persona plurale del presente indicativo e congiuntivo (es. impegniamo) e nella seconda plurale del congiuntivo (es. impegniate).


●Consonanti (b, c, d, f, g, h, l, m, n, p, q, r, s, t, v, z): a seconda dell’organo maggiormente coinvolto nella pronuncia vengono suddivise in sei gruppi
(piú la lettera h, che non rappresenta un suono autonomo):
• labiali (pronunciate prevalentemente con le labbra): p, b, m (considerata anche “nasale”);
• dentali: t, d;
• labiodentali: f, v;
• alveolari (pronunciate prevalentemente con lingua e gengive): s, z, l, r, n (che è anche nasale); la s e la z sono dette bisonore perché possono avere suono “aspro” (come in straccio e pazzo) oppure “sibilato” (come in rosa e zoccolo);
• palatali (pronunciate prevalentemente appoggiando la lingua al palato):
c e g davanti alle vocali e e i (gelato, cibo), gl di foglio, gn di gnocco, sc di scenografo;
• velari o gutturali (pronunciate prevalentemente grazie all’azione della gola): c e g davanti a o e u (gola, cura) e davanti a i ed e precedute da h (chela, ghiro), q (seguita sempre dalla u piú le vocali a, e, i, o, come in quadro);
• la lettera h non possiede un proprio suono: è impiegata per rendere gutturale il suono di c e g davanti alle vocali i ed e e permane in alcune forme verbali (ad esempio io ho, egli ha), in alcune esclamazioni (oh!, ah!) e in rari altri casi. A differenza che in altre lingue, non conferisce suono aspirato alla vocale che segue.
 
LE LETTERE STRANIERE

• La j (o i lunga) è presente in parole per lo piú di derivazione inglese e si pronuncia come una g palatale (jeep, jolly);
• la k corrisponde a una c velare ed è usata in parole straniere di varia origine quali kermesse (dal fiammingo), krapfen (dal tedesco), kippur (traslitterazione dall’ebraico) e kamikaze (traslitterazione dal giapponese);
in molti casi la k dei termini di origine viene facoltativamente trasformata in c (o ch se la vocale che segue è e oppure i): folklore o folclore, kerosene o cherosene;
• la w ricorre in parole di origine tedesca, con pronuncia simile alla v italiana (wu¨ rstel), o inglese, con pronuncia uguale alla u semiconsonantica (wild);
• la x (si pronuncia cs) è tipica di termini di origine latina e greca, come ex e xenofilia, o straniera come taxista;
• la y compare per lo piú in termini di derivazione inglese e si pronuncia come nella lingua di origine: in boy si pronuncia i, in bypass si pronuncia ai; compare poi nelle traslitterazioni da lingue che usano alfabeti diversi dal nostro.

●Semiconsonanti: sono cosí dette perché nel pronunciarle si produce un suono intermedio tra quello delle consonanti e quello delle vocali.
Compaiono solo nei dittonghi, e le lettere coinvolte sono la i e la u.

➤Saperne di piú: in passato nell’ortografia italiana anche la j era usata per rendere la i semiconsonante in posizione iniziale e intervocalica. Residui di quest’uso si trovano ancora in nomi propri come Jonio e Jugoslavia (molte cartine riportano ancora queste grafie, anche se l’uso ha fatto prevalere Ionio e Iugoslavia), Juventus, Jacopo e altri. Nei nomi comuni (come juta/iuta) si è definitivamente affermata la i.


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