ÈÒÀËÜßÍÑÊÈÉ ßÇÛÊ
Dino Buzzati
Il deserto dei tartari
8.

Ecco i nuovi amici di Drogo, tenenti Carlo Morel, Pietro Angustina, Francesco Grotta, Max Lagorio. Essi sono seduti con lui alla mensa, a quest'ora vuota. Solo un famiglio rimane, appoggiato allo stipite di una lontana porta, e i ritratti degli antichi colonnelli, allineati sui muri attorno, immersi nella penombra. Otto bottiglie stanno nere sulla tovaglia, nel disordine del pranzo finito.
Sono tutti in qualche modo eccitati, un po' dal vino, un po' dalla notte e quando le loro voci tacciono si ode fuori la pioggia.
Festeggiano il conte Max Lagorio che all'indomani parte, dopo due anni di Fortezza.
Lagorio disse: "Angustina, se vieni anche tu, ti aspetto". Lo disse nel suo solito tono di scherzo ma si capiva ch'era vero.
Anche Angustina aveva finito i due anni di servizio ma non voleva partire. Angustina era pallido e sedeva con la sua perenne aria di distacco, come se non si interessasse affatto di loro, fosse lì per un puro caso.
"Angustina" ripeté Lagorio quasi con un grido, ai confini dell'ubriachezza. "Se vieni anche tu, ti aspetto, sono disposto ad aspettare tre giorni.»
Il tenente Angustina non rispose, facendo un lieve sorriso di sopportazione. La sua uniforme azzurra, stinta dal sole, spiccava fra le altre per un'indefinibile trasandata eleganza.
Lagorio si rivolse agli altri, a Morel, a Grotta, a Drogo: "Diteglielo anche voi" e pose la destra sulla spalla di Angustina. "Gli farebbe bene venire in città.»
"Mi farebbe bene?" chiese Angustina come incuriosito.
"In città staresti meglio, ecco. Tutti, del resto, io credo.»
"Io sto benissimo" fece asciutto Angustina. "Non ho bisogno di cure.»
"Non ho detto che tu abbia bisogno di cure. Ho detto che ti farebbe bene.»
Così disse Lagorio e si udì fuori, nel cortile, cadere la pioggia.
Angustina si lisciava con due dita i baffetti, era annoiato, si vedeva.
Lagorio riprese: "A tua mamma, ai tuoi, tu non pensi... Immagina quando tua mamma...»
"Mia mamma saprà adattarsi" rispose Angustina con amaro sottinteso.
Lagorio capì e cambio discorso: "Di', Angustina, ci pensi, capitare dopodomani dalla Claudina? Sono due anni che non ti vede...".
"La Claudina..." fece Angustina svogliatamente. "Ma che Claudina? Io non mi ricordo.»
"Già, non ti ricordi! Con te non si può parlare di niente stasera, ecco com'è. Non sarà mica un mistero, no? Ti si vedeva insieme tutti i giorni.»
"Ah" disse Angustina per mostrarsi gentile "adesso mi ricordo. Già, la Claudina, figurati, non si ricorderà nemmeno che esisto...»
"Eh, va là, sappiamo bene che vanno matte tutte per te, non fare il modesto adesso!" esclamò Grotta, e Angustina lo fissò senza battere ciglio, colpito, si vedeva, da tanta piattezza.
Tacquero. Fuori, nella notte, sotto la pioggia autunnale, camminavano le sentinelle. L'acqua scrosciava sulle terrazze, gorgogliava nelle gronde, colava giù per le mura. Fuori era notte fonda e Angustina ebbe un piccolo colpo di tosse. Pareva strano che da un giovane così raffinato potesse uscire un suono tanto sgradevole. Ma egli tossiva con una sapiente misura, abbassando ogni volta la testa, quasi ad indicare che lui non poteva impedirlo, in fondo era una cosa non sua che per correttezza gli toccava subire. Così trasformava la tosse in una specie di vezzo capriccioso, degno di essere imitato.
Pure si era fatto un silenzio penoso, che Drogo sentì il bisogno di spezzare.
"Di', Lagorio" domandò "a che ora parti domani?»
"Verso le dieci, credo. Volevo partire prima ma ho ancora da congedarmi dal colonnello.»
"Il colonnello si alza alle cinque, estate e inverno alle cinque, non ti fa certo perdere tempo.»
Lagorio rise: "Ma sono ben io che non mi alzo alle cinque. Almeno per l'ultima mattina voglio fare i miei comodi, non mi corre dietro nessuno".
"Per dopodomani sei arrivato, allora" notò Morel con invidia.
Lagorio disse: "Mi par fino impossibile, vi giuro".
"Che cosa impossibile?»
"Di essere in città fra due giorni" (una pausa) "e per sempre, anche.»
Angustina era pallido, ora non si lisciava più i baffetti, ma fissava dinanzi a sé la penombra. Gravava oramai nella sala il sentimento della notte, quando le paure escono dai decrepiti muri e l'infelicità si fa dolce, quando l'anima batte orgogliosa le ali sopra l'umanità addormentata. Gli occhi vitrei dei colonnelli, dai grandi ritratti, esprimevano eroici presagi. E fuori sempre la pioggia.
"Ti immagini?" fece Lagorio, senza misericordia, ad Angustina.
"Dopodomani sera, a quest'ora, io sarò magari da Consalvi. Gran mondo, musica, belle donne" diceva, ripetendo un'antica celia.
"Bel gusto" rispose con sprezzo Angustina.
"Oppure" continuava Lagorio, con le migliori intenzioni, unicamente per persuadere l'amico. "Ecco, forse è meglio, andrò dai Tron, i tuoi zii, c'è gente simpatica e "si giuoca da signori", direbbe Giacomo.»
"Ah, un bel gusto" disse Angustina.
"Comunque sia" fece Lagorio "dopodomani io sarò a divertirmi e tu sarai di servizio. Io sarò a spasso per la città (e rideva all'idea) e a te arriverà il capitano d'ispezione. "Novità zero, la sentinella Martini si è sentita male". Alle ore due il sergente ti sveglierà:
"Signor tenente, è l'ora dell'ispezione" ti sveglierà alle ore due, puoi giurarlo, e alla stessa identica ora, positivamente io sarò in letto con la Rosaria...»
Erano le fatue inconscie crudeltà di Lagorio, a cui tutti erano abituati. Ma dietro le sue parole, comparve ai compagni l'immagine della lontana città con i suoi palazzi e le chiese immense, le aeree cupole, i romantici viali lungo il fiume. A quell'ora, pensavano, doveva esserci una sottile nebbia e i fanali davano una tenue luce giallastra, a quell'ora nere coppie per le vie solitarie, grida di cocchieri dinanzi alle vetrate accese dell'Opera, echi di violini e di risa, voci di donna (dai tetri portali delle ricche case), finestre illuminate a incredibili altezze, fra il labirinto dei tetti; l'affascinante città con i loro sogni di giovinezza, le sue ancora sconosciute avventure.
Tutti ora guardavano senza farsi accorgere, la faccia di Angustina greve di stanchezza inconfessata; non erano lì, capivano, per festeggiare Lagorio in partenza, in verità essi salutavano Angustina perché lui solo sarebbe rimasto. Ad uno ad uno, dopo Lagorio, venuto il turno, anche gli altri se ne sarebbero andati, Grotta, Morel e prima ancora Giovanni Drogo, che aveva appena quattro mesi da fare.
Angustina invece sarebbe rimasto, non riuscivano a capire il perché, ma lo sapevano bene. E benché sentissero oscuramente che anche questa volta egli obbediva al suo ambizioso stile di vita, non erano più capaci di invidiarlo; pareva in fondo un'assurda mania.
E perché Angustina, maledetto snob, adesso ancora sorride? Perché, malato com'è, non corre a fare i bagagli, non si prepara alla partenza? e invece fissa dinanzi a sé la penombra? A che cosa pensa?
Quale segreto orgoglio lo trattiene alla Fortezza? Anche lui dunque?
Guardalo, Lagorio, tu che gli sei amico, guardalo bene fin che sei in tempo, fa che il suo volto resti nella tua mente così com'è questa sera, il naso sottile, gli sguardi atoni, quell'ingrato sorriso, forse un giorno capirai perché non ti ha voluto seguire, saprai ciò che era chiuso dietro la sua immobile fronte.
Lagorio partì il mattino dopo. I due suoi cavalli erano ad aspettarlo con l'attendente dinanzi alla porta della Fortezza. Il cielo era coperto e non pioveva.
Logorio aveva una faccia contenta. Era uscito dalla sua camera senza darci neanche un'occhiata né si voltò indietro, quando fu all'aperto, per guardare la Fortezza. Le muraglie stavano sopra di lui cupe ed arcigne, la sentinella alla porta era immobile, non un'anima viva sulla vasta spianata. Da un casottino, addossato al forte, uscivano ritmici suoni di martello. Angustina era sceso a salutare il compagno.
Fece una carezza al cavallo. "Sempre una bella bestia" disse. Lagorio se ne andava, scendeva alla loro città, alla vita facile e lieta. Lui invece restava, lui guardava con occhi impenetrabili il compagno che si affaccendava intorno alle bestie; e stentava a sorridere.
"Mi pare fino impossibile di partire" diceva Lagorio. "Questa Fortezza era per me un'ossessione.»
"Va' a salutare i miei, quando arrivi" fece Angustina senza badargli.
"Di' alla mamma che io sto bene.»
"Sta' tranquillo" rispose Lagorio. E dopo una pausa aggiunse: "Mi è dispiaciuto ieri sera, sai? Noi siamo proprio diversi, quello che tu pensi, in fondo, io non l'ho mai capito. Sembrano manie le tue, io non so, ma forse sei tu che hai ragione".
"Non ci pensavo nemmeno" fece Angustina, appoggiando la destra a un fianco del cavallo e guardando a terra. "Figurati se mi sono arrabbiato.»
Erano due uomini diversi, che amavano diverse cose, distanti per intelligenza e cultura. Ci si meravigliava persino di vederli sempre insieme, tanta era la superiorità di Angustina. Pure erano amici; fra tutti quanti Lagorio era il solo che istintivamente lo capisse, solo lui sentiva pena per il compagno, quasi si vergognava di partire dinanzi a lui, come di una brutta ostentazione, e non sapeva decidersi.
"Se vedi la Claudina" disse ancora Angustina con voce immobile "salutala... anzi no, è meglio che tu non dica niente.»
"Oh, ma sarà lei a domandarmi, se la vedo. Lo sa bene che sei qui.»
Angustina tacque.
"Allora" disse Lagorio che aveva finito di sistemare, con l'attendente, la sacca da viaggio "forse è meglio che vada, se no faccio tardi. Ti saluto.»
Strinse la mano all'amico, poi con elegante mossa saltò in sella.
"Addio, Lagorio" esclamò Angustina. "Buon viaggio!»
Diritto in sella, Lagorio lo guardava; non era molto intelligente ma un'oscura voce gli diceva che forse non si sarebbero più riveduti.
Un colpo di speroni e il cavallo si mosse. Fu allora che Angustina alzò leggermente la mano destra, per fare un cenno come per richiamare il compagno, che si fermasse ancora un momento, aveva da dirgli un'ultima cosa. Lagorio vide il gesto con la coda dell'occhio e si fermò a una ventina di metri. "Che cosa c'è?" domandò. "Volevi qualcosa?»
Ma Angustina abbassò la mano, riprendendo l'indifferente posa di prima. "Niente, niente" rispose. "Perché?»
"Ah, mi pareva..." disse Lagorio perplesso, e si allontanò attraverso la spianata, dondolando sulla sella.