CILS C2 Giugno 2017
 
Quaderno del candidato
Comprensione della lettura
Tempo a disposizione: 1 ora e 20 minuti

Test
di comprensione
della lettura
Numero delle prove 3
Comprensione della lettura - Prova n. 1

Leggi il testo.

“DECRESCITA FELICE” PER UN FUTURO MIGLIORE

Che cosa s’intende per “decrescita felice”, chi sono i suoi creatori, quali sono gli obiettivi che
si propongono e, soprattutto, quali sono le nostre credenze sul vero concetto di crescita e
benessere economico e sociale.
Parlare al tempo stesso di decrescita e di felicità può sembrare a prima vista strano e antitetico,
ma è davvero interessante approfondire questa divergenza.
Per “decrescita felice” s’intende una corrente di pensiero italiana, chiamata Movimento per
la Decrescita Felice, nata e cresciuta dagli inizi degli anni 2000 per affrontare il delicato
tema dello sviluppo fine a se stesso e sfociato in un secondo tempo in una vera e propria
Associazione fondata da Maurizio Pallante, esperto di risparmio energetico, ospite insieme a
Latouche all’Aurora Festival, a Pienza.
Questo Movimento si ispira alle teorie della decrescita teorizzate da Georgescu-Roegen,
fondatore della bioeoconomia e si allinea perfettamente con il pensiero di Serge Latouche.
Esso parte dal principio che crescita economica e benessere non vadano necessariamente nella
stessa direzione, ma che si verifichino spesso condizioni in cui, ad un aumento del Prodotto
Interno Lordo di un Paese (PIL), corrisponda una diminuzione della qualità della vita dei
suoi abitanti. Successivamente, il Movimento per la Decrescita Felice (per semplicità d’ora
in poi lo riassumerò con la sigla MDF), si è costituito formalmente come Associazione di
promozione sociale e ha assunto una forma federale con Circoli territoriali attivi su tutto il
territorio nazionale.

Che cosa si propone questo Movimento?
Il MDF opera secondo quattro filoni principali ben definiti: 1) stili di vita, 2) tecnologie, 3)
politica e 4) cultura e ha come scopo quello di promuovere e favorire lo sviluppo di tutte le
innovazioni tecniche e organizzative che permettano di raggiungere il progresso economico
e sociale, senza dover necessariamente passare per il mercato e per lo scambio di denaro. Ciò
richiede una presa di coscienza a livello collettivo, in modo che ciascun soggetto, a partire dalle
istituzioni, realizzi dei cambiamenti di abitudini e comportamenti che conducano la società ad
un utilizzo più sano e intelligente delle proprie risorse, all’eliminazione degli sprechi e ad un
miglioramento generale dell’ambiente in cui viviamo. Per fare un esempio, se viene utilizzato
un sistema più efficiente di consumo negli impianti di riscaldamento delle case di una città,
come risultato si avrà un beneficio di risparmio economico per ciascuna famiglia, si otterrà una
riduzione del livello d’inquinamento nell’ambiente della città stessa e, infine, un miglioramento della qualità della vita per ciascun cittadino.
L’attuale sistema economico che conosciamo e in cui viviamo, purtroppo, fonda tutto sulla
crescita della produzione delle merci e sul sempre più elevato scambio di denaro ad essa collegato e indica in modo alquanto riduttivo il maggiore o minor stato di benessere in base al
valore del PIL. Dev’essere assolutamente chiaro che il concetto di “decrescita” non ha come
scopo la riduzione quantitativa del Prodotto Interno Lordo; ciò rappresenterebbe ovviamente
una regressione e quindi, significherebbe recessione.

La “decrescita” è semplicemente il rifiuto razionale di ciò che non serve e si propone di
ridurre il consumo delle merci che non rispondono ad alcun bisogno individuale o sociale.
Il suo obiettivo non è ridurre ad ogni costo, ma ridurre quando conviene e quando è socialmente utile. Per arrivare a questo risultato ottimale, ovviamente, occorre un diverso sistema
di valori, una maggiore cooperazione e una politica che valorizzi i beni comuni. Obiettivo
sicuramente tutt’altro che facile, ma allo stesso tempo possibile. È opportuno avere sempre
maggiore consapevolezza che ormai la società e l’ambiente stanno cambiando ad una velocità
mai vista prima e che il sistema economico necessita di nuove regole e nuovi comportamenti,
se vogliamo salvaguardare il futuro del mondo in cui viviamo e quello dei nostri discendenti.
Dobbiamo capire che l’era industriale ormai sta finendo e che stiamo entrando in una nuova
era dell’umanità, basata su principi e comportamenti completamente nuovi. La risposta
positiva a queste delicate tematiche nasce da un esigenza crescente di fermare un processo
irreversibile che non possiamo e non dobbiamo ignorare. La domanda è sempre più sostenuta
dal debito, per cui, se si opera per diminuire quest’ultimo, si deprime la domanda stessa e si
aggrava la crisi, ma se si prova a rilanciarla stimolando la crescita dei consumi, ecco che il
debito cresce a sua volta. Un pericoloso circolo vizioso.
L’unica strada percorribile, secondo i sostenitori del MDF è lo sviluppo di tecnologie che
riducono gli sprechi delle risorse naturali, aumentando l’efficienza con cui queste ultime
vengono utilizzate. Si pensi all’enorme e crescente impatto ambientale dei rifiuti sul nostro
pianeta e all’aumentata esigenza di trovare soluzioni per il loro smaltimento. Lo sapevate che
nei Paesi industriali avanzati gli utilizzi finali dell’energia sono costituiti al 70% da sprechi?
Serge Latouche, economista e filosofo francese e uno dei principali ispiratori dell’ideologia
del MDF, critica il concetto di sviluppo e le nozioni di efficacia economica, così come sono
intese nei principali paesi industrializzati, e denuncia il cosiddetto “Sviluppo Economico
Sostenibile”. Egli dimostra che i maggiori problemi ambientali e sociali che viviamo attualmente dipendono proprio dalla crescita e dai suoi effetti associati; ecco una valida ragione per
elaborare e mettere in pratica una “strategia di decrescita”, focalizzata sul “necessario” e sul
senso del limite, per rispondere adeguatamente alle gravi emergenze presenti.
È venuto il momento di mettere in discussione il PIL e cambiare l’orientamento politico
generale, che basa tutte le proprie attività economiche sulla scarsità in rapporto a “bisogni” e
non alle effettive “necessità” sociali ed individuali. L’insaziabilità è una debolezza umana ed
è stata strumentalizzata dal capitalismo, stimolando la competizione e manipolando i bisogni
attraverso la pubblicità, creando e diffondendo uno “status” sociale in cui ciascun individuo
desidera riconoscersi e incoraggiando l’ideologia per cui “migliorare sempre e avere di più è un
bene”. L’obiettivo finale è quello di “monetizzare” l’economia e avere una quantità crescente di
merci valutate con moneta di scambio, a prescindere dalla loro effettiva utilità sociale.