NOVANTADUESIMA LEZIONE L'infinito (1)
1 Sempre caro mi fu quest'ermo colle, (2)
2 e questa siepe, che da tanta parte
3 dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. (2)
4 Ma sedendo e mirando, interminati
5 spazi di là da quella, e sovrumani
6 silenzi, e profondissima quiete
7 io nel pensier mi fingo ; ove per poco (3)
8 il cor non si spaura. E come il vento (2) (3)
9 odo stormir tra queste piante, io quello (3) (4)
10 infinito silenzio a questa voce
11 vo comparando : e mi sowien l'eterno, (3) (5)
12 e le morte stagioni, e la presente
13 e viva, e il suon di lei. Così tra questa (3)
14 immensità s’annega il pensier mio : (3)
15 e il naufragar m’è dolce in questo mare. (3)
Giacomo Leopardi
ESERCIZI : 1. “Gli uomini sono in generale come i mariti. I mariti, se voglion
viver tranquilli, è necessario che credan le mogli fedeli, ciascuno la sua ; e così
fanno ; anche quando la metà del mondo sa che il vero è tutt'altro. - 2. Chi vuole o
dee vivere in un paese, convien che lo creda uno dei migliori della terra abitabile ;
e lo crede tale. - 3. Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano
la vita bella e pregevole ; e tale la credono ; e si adirano contro chi pensa
altrimenti. - 4. Perchè in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma
quello che è, o pare che sia, più a proposito suo. Se questi miei sentimenti nascano
da malattia, non so : - 5. so che, malato o sano, calpesto la vigliaccheria degli
uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn'inganno puerile, ed ho il coraggio di (...)
non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le
conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera".
(tratto da : G. Leopardi, "Dialogo di Tristano e un amico" in
"Operette morali").
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