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Donato Carrisi
Il maestro delle ombre
IL TRAMONTO
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Sandra immaginava che il capo della polizia l’avrebbe fatta
subito arrestare. Invece De Giorgi volle che vedesse qualcosa con
i propri occhi e, lasciato il questore nell’ufficio, la accompagnò
personalmente nella zona più recondita del formicaio.
Le celle di massima sicurezza.
Chi aveva progettato il bunker le aveva pensate per ospitare
prigionieri eccellenti. «Qua dentro sono transitati boss mafiosi,
terroristi, serial killer. Quando c’era bisogno di spostarli dal
luogo di detenzione e di portarli a Roma per interrogarli in
segreto, li mettevamo qui.»
Sandra non riusciva a comprendere il senso della visita
guidata. Giunsero di fronte a una cancellata di ferro e il capo fece
cenno alla guardia di lasciarli entrare. Percorsero un lungo
corridoio su cui si affacciavano diverse celle.
Tutte vuote, tranne una.
Quando arrivarono nei pressi delle sbarre, il capo della
polizia tese il braccio perché Sandra guardasse. «L’hanno fermato
un paio d’ore fa, in una traversa di via Veneto. Ho dato io
l’ordine di portarlo qui.»
Dimostrava venticinque, forse ventisei anni.
Aveva sopracciglia biondissime ma si era rasato a zero il cranio. Sul
collo aveva tatuato un vascello. Indossava una T-shirt bianca e dei
jeans. Le guardie gli avevano portato via le scarpe, perciò
poggiava i piedi nudi sul cemento.
Il dormiente stava dritto sulle gambe magre, al centro del
minuscolo ambiente. Guardava davanti a sé con occhi vacui. Non
si muoveva ma l’equilibrio era leggermente instabile, come se si
dondolasse a causa di una brezza invisibile.
«È in grado di sentirci?» chiese Sandra un po’ ingenuamente.
«E anche di parlare, se è per questo» replicò De Giorgi.
«L’ostia nera» disse la poliziotta ripensando alla scena vista
al luna park dell’EUR.
Il capo della polizia annuì. «Agente Vega, lei cosa sa del Captagon?»
Adesso Sandra si voltò a guardarlo. «Il Captagon?» ripeté.
«Cloridrato di fenetillina, meglio conosciuto come ’la droga
di Dio’.» Attese che lei registrasse l’informazione, poi proseguì:
«È stata sintetizzata nel 1961 da una società tedesca e per
venticinque anni è stata utilizzata per il trattamento di narcolessia
e depressione. Veniva data anche ai malati incurabili per inibire il
dolore. In seguito, la fenetillina è stata bandita da molti Paesi, fra
cui l’Italia, a causa degli effetti collaterali. I più frequenti sono
trance ipnotica e allucinazioni ma, soprattutto, è un potente
eccitante, che stimola l’aggressività».
Ancora una volta, Sandra rammentò la schiera che l’aveva
aggredita fuori dal luna park. Mentre scaricava su di loro tutti i
proiettili del revolver, sembravano non aver paura di morire.
«Allora è di questo che si tratta: il caso di Vitali riguarda un
traffico di droga.»
«Nel 2011 un laboratorio in Bulgaria ha ripreso
clandestinamente la produzione. Da allora la fenetillina è facile
da reperire sulle piazze di spaccio, raccoglie sempre più
estimatori perché costa meno dell’anfetamina e l’effetto è
prolungato. All’incirca dieci giorni fa, alcuni informatori a
contatto con le bande che controllano il mercato delle droghe
sintetiche nella Capitale ci hanno segnalato un insolito aumento
dell’offerta di Captagon.»
«Quanto insolito?»
«Tanto da far saltare il business» affermò De Giorgi.
«Qualcuno stava immettendo nel giro enormi quantità della
sostanza in forma purissima. Appresa la notizia, Vitali ci ha
messo subito in guardia perché c’era il rischio che perdessimo il
controllo della situazione. Infatti, esistono precedenti in cui
l’utilizzo diffuso di Captagon ha generato problemi di ordine
pubblico. Lo prendono i black-bloc e gli anarchici nei loro blitz o
quando vogliono aizzare una rivolta. Sono stati proprio loro a
soprannominarlo ’il morbo’.»
«Quindi Vitali si è imbattuto per caso nella Chiesa dell’eclissi.»
«Esattamente» confermò il capo. «Stava indagando su una
misteriosa figura chiamata ’l’Alchimista’, un chimico bulgaro di
cui l’ispettore sta ancora cercando di scoprire la vera identità.»
Šišman, si disse subito Sandra. Al telefono satellitare, Vitali
le aveva fatto quel nome indicando il palazzo in via della Gatta in
cui doveva recarsi se avesse voluto salvare Marcus.
«Quando ieri sera abbiamo visto il filmato nel telefono
abbandonato sul taxi, abbiamo capito che il Captagon era
diventato un problema. Probabilmente il povero spacciatore
morto ingerendo soda caustica è stato usato come esempio da
qualche organizzazione criminale per far capire al chimico
bulgaro e alla sua banda col tatuaggio del cerchio azzurro che
forse era il caso di smetterla di distribuire la roba gratis.»
Su questo, De Giorgi si sbagliava. Sandra aveva visto lo
stesso uomo nelle foto del Colosseo: quello non era un comune
spacciatore, era il rapitore di Tobia ed era stata Matilde Frai a
ucciderlo. Ma non disse nulla. Era curiosa di sapere come mai la
scelta della Chiesa dell’eclissi fosse ricaduta proprio su quella
sostanza. «Perché ’la droga di Dio’?»
«Perché, fin dagli anni Settanta, le sette religiose si servivano
della fenetillina per fare il lavaggio del cervello agli adepti.
Attualmente il Captagon è molto in voga fra quei figli di puttana
dei tagliagole dell’Isis. Reclutano degli sfigati, gli danno la
pillolina nera, quelli si ritrovano magicamente nel paradiso con le
vergini e, quando si risvegliano, non vedono l’ora di decapitare
qualcuno o farsi saltare in aria con l’esplosivo.»
Allora era tutta qui «l’estasi della conoscenza» di cui parlava
Crespi? Sandra non pensava che il suo vecchio amico commissario
avrebbe rinnegato i propri principi per un’allucinazione. Ma sapeva che il racconto del capo della polizia era solo una parte della verità.
La Chiesa dell’eclissi aveva uno scopo preciso, la fenetillina era solo una componente dell’intero piano.
«Perché mi ha portato qui?» chiese la poliziotta e osservò il
ragazzo nella cella che continuava a barcollare in maniera sempre
più vistosa.
«Mi sta forse dicendo che dovevo farla arrestare subito?» De
Giorgi rise. «La mia carriera è già conclusa, domattina darò le
dimissioni. Probabilmente finirò sotto processo e rimedierò
anche una condanna. Mi dimenticheranno tutti e passerò il resto
dei miei giorni a domandarmi se si poteva agire diversamente.»
Sospirò, disilluso. «Se avessi dato retta a Vitali, avremmo cercato
una soluzione prima che fosse diffusa la notizia del blackout
programmato. Invece abbiamo scoperto solo adesso un altro
utilizzo della fenetillina… Oltre che depressione e narcolessia, il
Captagon veniva usato per curare i fotofobici.» Fece un cenno in
direzione della guardia. E le luci si spensero.
Le urla del ragazzo riecheggiarono fra le celle vuote. Poi si
udì un rumore improvviso, fortissimo. Sandra riuscì a distinguere
con chiarezza a cosa corrispondesse: allo schianto di un corpo
umano contro le sbarre. Immaginò il dormiente mentre si
scagliava con furia contro di loro, frenato solo da quella barriera.
La luce si riaccese, il ragazzo si rannicchiò sul pavimento e
dopo un po’ ritornò tranquillo.
«L’oscurità amplifica gli effetti della fenetillina, la luce li
placa» spiegò De Giorgi. «Mi dispiace di averla spaventata.»
Il blackout, l’eclissi tecnologica, si disse Sandra. La setta
aveva approfittato della situazione facendosi trovare preparata.
«All’alba tutto questo sarà finito» disse il capo della polizia,
mentre si allontanava.
«Mancano quattro ore. Quanta gente dovrà ancora morire?»
Ma De Giorgi non era interessato a rispondere al quesito.
«Io so dove è la centrale dello spaccio di Captagon. So dove
distribuiscono le ostie nere» affermò allora la poliziotta, e l’uomo
tornò a voltarsi verso di lei. «Richiami indietro Vitali e le dirò
come salvare Roma.»

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