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Donato Carrisi
Il maestro delle ombre
IL TRAMONTO
17

Il giudizio davanti al Tribunale delle Anime era anche
chiamato «ufficio delle tenebre».
Il nome del rito derivava dal grande candelabro dorato posto
al centro della sala in cui si riuniva la santa corte. Aveva dodici
braccia su cui erano accese altrettante candele.
Tutt’intorno, dodici confessionali formavano un semicerchio.
Ospitavano la giuria.
Solitamente, per garantire la massima equità del giudizio, i
membri del collegio che doveva esprimersi sulla culpa gravis di
un peccatore venivano sorteggiati a caso fra alti prelati e semplici
sacerdoti di Roma. Quella notte era stato arduo reperirli tutti.
Alla fine, però, i cancellieri ce l’avevano fatta e adesso ogni cosa
era pronta perché avesse inizio il procedimento.
Il cardinale Erriaga stava ultimando la vestizione nella
sacrestia. Aveva indossato i paramenti, mancava solo la cappa
rosso porpora. Senza accorgersene, continuava a procrastinare.
Dopo aver letto il peccato scritto nel taccuino, si dibatteva fra
dubbi e incertezze. Cos’era giusto fare? All’interno della corte,
l’Avvocato del Diavolo ricopriva il ruolo di accusatore. Perciò
Erriaga avrebbe dovuto insistere perché al penitente non fosse
concesso alcun perdono. Ma stavolta non era soltanto in gioco il
destino di un’anima. C’era molto di più. Si trattava delle
fondamenta della Chiesa stessa.
I segni erano apparsi. La profezia di Leone X si era avverata
quasi cinquecento anni dopo la misteriosa morte del papa.
Il pensiero lo atterrì, ma era tardi, non poteva più rimandare.
Indossò la cappa. «Il Tribunale delle Anime finisce stanotte» si
disse a voce bassa. Poi sollevò il cappuccio sul capo e
s’incamminò verso l’aula.
Gli undici membri della giuria entrarono in fila, con le cappe
nere e a capo coperto. Ogni volta che uno di loro passava accanto
al candelabro, smorzava con due dita una fiammella. Poi
prendeva posto nel confessionale che gli era stato assegnato.
Come previsto, alla fine rimasero una candela accesa e un
confessionale vuoto. Nella simbologia del rito, dove il dodici
replicava il numero degli apostoli, i due elementi rappresentavano
Giuda – il traditore che non era ammesso a quel consesso.
L’Avvocato del Diavolo si munì del grande cero che
raffigurava la luce di Cristo e fece il proprio ingresso nella sala
transitando sotto l’alto colonnato di marmo. Andò a deporre il
cero al centro del candelabro dorato, poi si rivolse ai
confessionali. Non poteva vedere i volti dei giurati nascosti
nell’ombra, però era consapevole che lo stavano osservando.
«Fratelli» esordì. «In queste ore, Roma e la cristianità sono sotto
la minaccia di un grave pericolo. Fuori da quest’aula, oltre i muri
di questo palazzo, decine, forse centinaia di vite sono state
strappate e altrettante anime lottano ancora per sopravvivere. Noi
abbiamo una grande responsabilità questa notte: decidere se
salvarne o meno una soltanto.» Lo sottolineò sollevando l’indice
al cielo, con l’enfasi dell’oratore magnifico qual era. «Ma, da ciò
che stabiliremo, dipenderà anche l’incolumità di tante altre.» Poi
attese che l’eco depositasse le parole nel silenzio della sala, come
sassi sul fondo di uno stagno. Quindi prese il taccuino e iniziò a
leggere: «’In questo momento, a Roma sono le ventitré del 22
febbraio. Due ore fa è stato annunciato un blackout che inizierà
alle sette e quarantuno di domani, ma ho motivo di ritenere che io
non vedrò sorgere il sole… Sono un penitenziere alle dipendenze
del Tribunale delle Anime, un cacciatore del buio. Per molti anni
ho servito la santa corte, ho vigilato sul male e sul peccato che
invadono in segreto il mondo. Ora sto per compiere l’atto
conclusivo della mia ultima indagine. Ma stavolta, per portare a
termine il mio incarico, ho superato il limite dei miei doveri e ho
infranto il mio voto. Per questo, prima di morire, chiedo di essere
assolto dai peccati che sto per riportare in queste pagine.
Purtroppo non sono in grado di evitare ciò che accadrà domani,
quando il buio calerà su Roma’». Erriaga fece una pausa.
«’L’unica attenuante al mio fallimento è l’aver salvato la vita di
un bambino…’»

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