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Donato Carrisi
Il maestro delle ombre
IL TRAMONTO
3

Si chiamavano «case staffetta» perché offrivano un rifugio
sicuro in situazioni di necessità. Come quando si era in fuga da
un pericolo o si voleva far perdere per qualche tempo le proprie
tracce.
A Roma ve n’erano diverse, ma Marcus ne conosceva solo
alcune. Facevano parte del glorioso passato dei penitenzieri.
Dopo lo scioglimento ufficiale dell’ordine, avvenuto tanti anni
prima per motivi che il cacciatore del buio aveva scoperto solo
dopo l’amnesia di Praga, molte di quelle abitazioni di fortuna
erano in stato di abbandono.
Tuttavia, in alcune si potevano ancora trovare un telefono
analogico con una linea sicura, un computer collegato a Internet,
cibo in scatola e una cassetta del pronto soccorso con medicinali
e tutto l’occorrente per curarsi senza dover ricorrere a un dottore.
Ovviamente, c’erano vestiti puliti e un letto comodo.
Marcus aveva già usato la casa staffetta di via del Governo
Vecchio. Vi aveva trascorso quasi un mese perché nutriva il
sospetto che qualcuno si fosse messo sulle sue tracce. Preservare
la segretezza della propria identità era la priorità dei penitenzieri.
Una seconda volta c’era andato per suturarsi una ferita al braccio,
dopo aver schivato quasi del tutto un colpo di coltello.
Il palazzo era antico e rientrava fra le molteplici proprietà
della Chiesa fuori dalle mura del Vaticano. Marcus fece strada a
Sandra con una torcia elettrica. Per arrivare fin lì, avevano
sfruttato il riparo del buio. Era stato strano camminare insieme
per Roma. Forse l’oscurità era la dimensione migliore per loro due.
Il maltempo aveva ripreso a infuriare sulla città e adesso
erano entrambi fradici di pioggia. Puntandole addosso il fascio
della torcia, Marcus si accorse che la donna tremava. «Accendo il
fuoco.»
Rimasta sola, Sandra posò la borsa e andò a sedersi accanto
al camino spento, le braccia e le ginocchia strette per il freddo.
Passando una mano sul bracciolo della poltrona, si accorse che
c’era parecchia polvere. Da quanto tempo la casa era disabitata?
Marcus tornò con alcune fascine e della carta. Le sistemò nel
camino e, poco dopo, la fiamma illuminò la stanza. Sandra si
sporse verso il fuoco scoppiettante, cercando il calore con le
braccia tese. Lui si sedette per terra. Solo allora lei si accorse del
sangue secco sul suo labbro. Allungò una mano per indicarglielo,
ma Marcus si ritrasse.
«Scusa, non volevo» disse lei. «Soffri sempre di epistassi?»
«A volte.» Marcus si affrettò a ripulirsi col dorso della mano.
«Hai fame?»
«Sì» ammise Sandra.
«Dovremo accontentarci di qualche scatoletta di tonno, ma
almeno questo posto è sicuro.»
«Andranno bene.»
«Che ora sarà?»
Sandra controllò, erano appena le sei. «Mio Dio, fuori
sembra notte fonda.»
«Un tempo a Roma c’erano dei frati che si assicuravano che
nelle edicole sacre, sparse per la città, non mancassero mai
candele e olio per le lampade. Li chiamavano ’luminaristi’. Lo
scopo non era solo devozionale. Avevano scoperto che grazie alla
luce delle fiammelle si commettevano meno crimini. La gente si
sentiva più sicura e i malintenzionati non godevano della
protezione delle tenebre. È così che è nata l’idea
dell’illuminazione pubblica.»
«Non lo sapevo» ammise Sandra. «È una bella storia.» Era
felice quando lui parlava, sarebbe rimasta per ore ad ascoltarlo
accanto a quel fuoco che, poco a poco, le stava togliendo il gelo
di dosso.
Rimasero in silenzio per un attimo di troppo e i loro sguardi,
che di solito si sfioravano, stavolta non poterono evitarsi.
Marcus fu il primo a rompere l’incantesimo. «Vado a cercarti
dei vestiti asciutti.»
Prima che si allontanasse, Sandra lo fermò prendendogli la
mano. «Dobbiamo parlare.»
«Lo so» disse lui con gli occhi bassi.
Trovò una scatola con degli abiti. A parte una felpa scura con
cappuccio, non c’era altro che potesse andar bene per Sandra.
Marcus sperava anche di trovare un paio di scarpe per
rimpiazzare quelle di tela bianche che portava ai piedi, ma non fu
fortunato.
Tornò da lei con la felpa e una coperta. Aveva con sé anche le
scatolette di tonno, alcune confezioni di cracker e due bottigliette
di acqua minerale.
La poliziotta allestì un piccolo picnic accanto al fuoco.
Mangiarono in silenzio il pasto frugale, ma fu piacevole lo stesso.
Fu Marcus a iniziare il discorso. Partì dalla fine. «Ho trovato
un biglietto con su scritto il tuo nome accanto al cadavere di un
uomo che chiamavano il ’Giocattolaio’.»
«Chi è stato a scriverlo?»
«Io.»
Sandra fu stranita dalla risposta.
Marcus le raccontò del Tullianum, di come fosse sfuggito alla
tortura dell’affamamento, del biglietto trovato insieme alla
medaglietta di san Michele Arcangelo. Trova Tobia Frai.
«Come sei finito lì?»
«È questo il problema: non lo ricordo. Forse stavo seguendo
una pista e ho sottovalutato il pericolo che correvo.»
«Un’amnesia transitoria.»
«Se solo ricordassi il caso di cui mi stavo occupando, sarebbe
molto più facile adesso.»
«Hai scoperto poi chi è Tobia Frai?»
«Sì» disse subito Marcus. «Ma ci arriviamo fra un
momento…» Aveva deciso di contravvenire ai comandi di Battista
Erriaga e al giuramento di segretezza dei penitenzieri. Le
raccontò del vescovo Arturo Gorda, della «gogna del piacere» con
cui era stato ucciso a distanza, delle scarpe di tela bianche
identiche alle sue, del Giocattolaio mangiato vivo dalle mosche.
E, solo alla fine, della bambola umana. «La fedele riproduzione
di un bambino scomparso nove anni fa nei pressi del Colosseo, di
cui non si è saputo più nulla. Il suo nome era Tobia Frai. Il
vescovo Gorda possedeva un vecchio giornale con la notizia della
sparizione.» Marcus omise solo la parte della storia in cui
avrebbe dovuto citare Cornelius Van Buren. La presenza di un
serial killer prigioniero in Vaticano era l’unico segreto che non se
la sentiva di svelare. Così tenne per sé anche la faccenda della
bolla di Leone X e il possibile legame coi tatuaggi, il cerchio
azzurro che aveva rinvenuto sulle due vittime.
«Scarpe, pagine strappate a un misterioso taccuino, tecniche
di tortura usate per uccidere, la scomparsa di un bambino
risalente a nove anni fa» ricapitolò Sandra per verificare se avesse
capito bene. «Abbiamo un bel po’ di elementi.»
«Abbiamo?» chiese Marcus. «Io non voglio coinvolgerti oltre
in questa storia.»
«Anche se non te lo ricordi, hai scritto il mio nome su un
biglietto. E poi ci ha già pensato chi sta seminando la scia di
morti a coinvolgermi. Il bastardo ha piazzato una mia foto nella
memoria di un telefono.»
«Di cosa parli?»
«Ieri sera…» Si bloccò. «Oddio, sembra passata un’eternità…
Comunque, ieri sera un tassista ha trovato un telefonino
abbandonato sul suo taxi. All’interno c’era una mia foto. Ma
anche un video amatoriale in cui un tizio ammazzava un
tossicodipendente facendogli ingerire soda caustica. Che dici:
assomiglia a qualcosa che conosci?»
Una tortura, pensò subito Marcus.
Sandra proseguì: «L’assassino ha fatto ingoiare alla vittima
un’ostia nera e il tossico si è messo a parlare in aramaico antico,
invocando un certo ’Signore delle ombre’. E aveva uno strano
tatuaggio sull’avambraccio».
«Un cerchio blu» la anticipò Marcus senza accorgersene.
Sandra lo fissò. «L’hai trovato anche sulle tue vittime, vero?»
Marcus notò che era delusa per il fatto che glielo avesse
tenuto nascosto. «Non capiresti» provò a difendersi lui.
«Cosa non dovrei capire? La storia di papa Leone X? I
membri della Chiesa dell’eclissi che nelle notti in cui la luna era
coperta dalla propria ombra compivano misteriosi rituali?»
A quanto pareva, Sandra Vega ne sapeva addirittura più di lui.
«Come hai scoperto queste cose?»
«Me le ha dette in via confidenziale un amico commissario.»
Crespi aveva cercato di proteggerla, gliene sarebbe stata sempre
grata. «Mi ha detto anche che Vitali cerca riscontri a questa roba
esoterica, è una specie di ossessione per lui.»
Marcus non sapeva cosa dire. «In hotel mi hai rivelato che
sono in pericolo. Perché?»
«Perché sul maledetto telefono del taxi, oltre alla mia foto e
al video, c’era il tuo sangue. Sangue da epistassi.»
Marcus prese una delle due bottigliette d’acqua e si alzò.
Cominciò ad andare in giro per la stanza. Le ombre delle fiamme
del camino sembravano seguirlo, infilandosi dispettose fra le sue
gambe. «Qualcuno sta cercando di incastrarci» disse dopo un po’.
«Chi?»
«Lo stesso uomo che ha torturato fino alla morte il tuo
drogato, e poi il vescovo e il Giocattolaio.»
«E che ha cercato di eliminare te al Tullianum» gli rammentò
Sandra.
«Credo che si sia procurato il mio sangue dopo avermi
tramortito, poi l’ha piazzato sul cellulare come una specie di
’assicurazione’: la polizia avrebbe avuto un indizio per dare la
caccia a me invece che a lui.»
Sandra si era fermata ad ascoltarlo. «Allora è sicuro. C’è
qualcuno dietro questa storia.»
«Credo di sì e ne sono convinto dall’inizio. Non so a cosa
miri, ma ha ucciso in modo volutamente brutale tre membri della
Chiesa dell’eclissi. Sono sempre più persuaso che mi abbia
lasciato una possibilità di sopravvivere, ma non so il motivo.
Altrimenti perché farmi ingoiare la chiave delle manette? Gli
servivo a depistare Vitali.»
La teoria filava. «Il telefonino nel taxi serviva proprio a
questo. Forse l’indagine che non ricordi è la stessa dell’ispettore:
davate la caccia a lui. Ha avuto l’occasione di farvi fuori con una
mossa sola e l’ha sfruttata: sviare Vitali e fare di te una preda.»
«E ha coinvolto te perché tu portassi il poliziotto fino a me.»
Sandra si rabbuiò. Ora era chiaro. Rammentò le parole usate
la prima volta dall’ispettore per descriverlo: «Non si tratta di un
delinquente abituale» aveva detto. «Abbiamo a che fare con una
figura criminale totalmente nuova, diversa da quelle che
conosciamo. Molto più perversa e pericolosa.» Molto più
perversa e pericolosa, si ripeté Sandra. Poi si rivolse nuovamente
a Marcus: «Ha un compito da svolgere e non vuole essere fermato».
«Sì, ma quale?»
La poliziotta prese la borsa e iniziò a frugarci dentro in cerca
di qualcosa. «Ecco cosa faremo: annoteremo gli elementi che
abbiamo e li analizzeremo uno per uno.»
«Non è prudente scriversi le cose.»
Gli riservò uno sguardo divertito. «Non essere assurdo: con
tutto quello che sta succedendo là fuori stanotte, dovremmo
preoccuparci di qualche appunto su un assassino senza scrupoli?»
Il penitenziere era ancora convinto che non fosse la cosa più
saggia da fare, però cedette.
Sandra trovò carta e penna. Ricapitolò: «Tre vittime: il
vescovo, il Giocattolaio e un drogato di cui ignoriamo l’identità».
Poi scrisse un elenco degli indizi.
Metodo di uccisione: antiche pratiche di tortura.
Scarpe di tela bianche (Marcus e vescovo Gorda).
Ostia nera (drogato).
Tatuaggio del cerchio azzurro: Chiesa dell’eclissi.
Sacrifici di vittime innocenti.
Blackout – Leone X.
Taccuino misterioso.
Tobia Frai.
Quando ebbe finito, porse l’elenco a Marcus perché
controllasse che non mancava nulla.
«La mia amnesia» disse subito.
«L’ho considerata un elemento accidentale. Non credo rientri
nel piano dell’omicida, non poteva causartela. Di certo, però, è
stato un colpo di fortuna per lui il fatto che tu non riesca a
ricordare quale pista stavi seguendo prima di stamattina.»
«Vorrei che l’aggiungessi comunque. Non so ancora perché
ho scritto i foglietti con il tuo nome e quello del bambino
scomparso. Non rientra nel mio metodo.»
«È un’anomalia» convenne Sandra. Rammentava in cosa
consisteva il metodo di Marcus perché l’aveva visto all’opera in
passato e ne era rimasta sconvolta. In calce alla lista aggiunse:
Elemento accidentale: amnesia transitoria Marcus.
«Bene, da dove ripartiamo?» domandò poi.
«Il bambino» rispose il penitenziere. «La sua scomparsa è la
sola cosa che abbiamo. Dobbiamo capire il collegamento con la
Chiesa dell’eclissi.»
Trova Tobia Frai.
«Si tratta di un caso irrisolto, ormai la pista è fredda. Gli
indizi saranno evaporati, le testimonianze inquinate da falsi
ricordi.»
«All’epoca, però, fu chiesto a chi si trovava nella zona del
Colosseo al momento della sparizione d’inviare foto e filmati al
sito della questura.» Marcus stava riportando ciò che aveva letto
sul vecchio giornale. «Trattandosi di un luogo molto frequentato
e di un pomeriggio di primavera, la speranza degli investigatori
era ricostruire cosa fosse successo al bambino attraverso
immagini colte in maniera del tutto casuale da passanti e turisti.»
La poliziotta ci rifletté un momento. «Non sarà facile, ma
forse so da dove cominciare una ricerca: esiste un archivio
speciale per casi del genere… Però come facciamo ad arrivarci
con il caos che ha invaso le strade di Roma?»
Marcus lo sapeva.

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