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Donato Carrisi
Il maestro delle ombre
IL TRAMONTO
2

Erano turbati.
Nessuno dei due, però, disse una parola sul motivo per cui
entrambi sapevano di trovare l’altro lì. Sandra approfittò del buio
per rivestirsi. «Speravo che venissi.»
Data la scarsa dimestichezza con le relazioni umane, Marcus
non era in grado di interpretare la natura di quella speranza. Era
in pena per lui oppure aveva voglia di vederlo?
«Dobbiamo andare via al più presto» disse lei. «Temo che
qualcuno mi stia seguendo.»
«Chi?»
«Nella migliore delle ipotesi, un poliziotto rompipalle. Hai
notato qualcuno di strano venendo qui?»
«Descrivimelo.»
«Alto, magro, naso aquilino. Stamattina indossava un
completo grigio chiaro, mocassini marroni e una cravatta blu, ma
potrebbe essersi cambiato d’abito.»
«No, non l’ho visto.»
«Si chiama Vitali. È pericoloso.»
Nessuno dei due fece cenno alla particolare circostanza che li
aveva fatti incontrare. Sembrava impossibile che, fino a poco
prima, Sandra fosse nuda e distesa sul letto. Lei non gli chiese
nemmeno come facesse a sapere che era in quell’albergo. Lui non
nominò le volte precedenti in cui era stato lì. Era una situazione
imbarazzante per entrambi.
«Sei sicura che questo Vitali ti stia seguendo?»
«Mi ha messo appresso due agenti. Poi sono spariti» disse lei
mentre si rinfilava le calze autoreggenti. «Perciò credo che sia
subentrato lui.»
«Con tutto quello che sta accadendo in città, potrebbe aver
cambiato programma.»
«Non credo. Sono io il suo piano, al momento. Mi sembra un
tipo che difficilmente molla qualcosa, anche perché la sua materia
d’indagine è molto particolare. Crimini esoterici.»
Marcus registrò l’informazione. «Su cosa sta indagando
questo Vitali?»
Sandra accese una candela che era sul comodino. Finalmente
riuscirono a guardarsi negli occhi. Provò una sensazione strana, e
immaginò che per lui fosse la stessa cosa. «La sua indagine sei
tu» disse. Poi infilò una mano sotto il materasso e recuperò la
pistola che aveva nascosto per precauzione. Controllò sicura e
caricatore.
«Non penserai di sparare a un poliziotto, vero?»
«Non lo so più cosa penso. Mentre venivo qui ho visto del
fumo levarsi nella zona di via del Corso. Perciò adesso non mi
fido di nessuno.»
Marcus le fece cenno di tacere. Aveva colto qualcosa, un lieve
rumore. Proveniva dal corridoio. Istintivamente, si allungò verso
la candela e la spense. Il suono si ripeté. Sembrava proprio il
crepitio prodotto dalle assi di un pavimento sotto il peso dei
passi di qualcuno.
Nei corridoi dell’hotel erano state predisposte lanterne a
batteria per agevolare gli ospiti nella ricerca delle stanze. Una
luce ambrata filtrava da sotto la porta. Marcus e Sandra erano
concentrati sulla fessura, in attesa di ricevere una smentita ai loro
timori. Videro un’ombra di scarpe avanzare lentamente e superare
la stanza. Ma poi tornare indietro e fermarsi.
C’era qualcuno dietro la porta.
Trascorsero alcuni istanti di immobilità. «La seconda chiave»
sussurrò Sandra. «Dove l’hai messa?»
«Non sono entrato con una chiave» ammise lui.
«Mio Dio» le scappò detto. L’intruso avrebbe aperto la porta
da un momento all’altro, lo sapeva. E non avevano scampo. Ma
non accadde nulla, non ancora. L’ombra era sempre ferma, come
in attesa di qualcosa. «Perché non entra?»
«Non lo so.»
«La finestra» disse lei, pensando che forse c’era il tempo per
scappare. «C’è la scala antincendio, potremmo usarla per
andarcene.»
«No.»
La determinazione di Marcus la sorprese. «Come no?»
Il penitenziere continuava a fissare la porta. «Usciremo da lì.»
Prima che lei potesse dire qualcosa, si sentì prendere la mano.
Raccolse dal pavimento la borsa e le décolleté e lo seguì senza
sapere esattamente cosa stessero facendo.
Il penitenziere spalancò la porta e scavalcò le scarpe che
Vitali aveva lasciato sull’uscio per disorientarli. Percorsero il
corridoio in fretta, perché la minaccia poteva nascondersi in
ognuna delle altre stanze. Alle loro spalle si avvertì un rumore di
vetri infranti. È entrato dalla finestra, pensò Sandra. Ci aspettava
proprio sulla scala antincendio. Marcus accelerò il passo. Lei si
rese conto che non avevano un posto per nascondersi e nelle
strade deserte sarebbe stato semplice per Vitali individuarli.
«Dove stiamo andando?» domandò.
Lui avvertì la nota timorosa nella sua voce. «In un posto
sicuro, fidati di me.»
Vitali si maledisse quando non trovò nessuno nella camera. Il
trucco delle scarpe non aveva funzionato. D’altronde, non aveva
scelta. Per quel che ne sapeva, la Vega poteva essere armata. E lui
non ci stava a fare da bersaglio sulla soglia. La puttanella era
molto più furba di quanto avesse immaginato.
Non è la prossima vittima, pensò. È coinvolta. Forse anche lei
fa parte della Chiesa dell’eclissi.
L’ispettore superò d’un balzo i vetri rotti per non ferirsi i
piedi scalzi e si precipitò verso la porta aperta. Arrivato sulla
soglia, puntò prima la pistola, poi guardò fuori. Vide la poliziotta
che si allontanava di corsa. Un uomo la teneva per mano. Chi era?
Ebbe la tentazione di fare fuoco, ma si trattenne. Invece, si infilò
in fretta i mocassini che aveva abbandonato in corridoio e si
lanciò all’inseguimento dei fuggiaschi.
Li scorse sparire dietro un angolo. Avevano un discreto
vantaggio, ma ce la poteva fare. Gli si parò davanti un’altra
coppia. Per scansarla, inciampò e fu sul punto di cadere.
Mantenne l’equilibrio appoggiandosi alla parete. Riprese a
correre. Quando svoltò nel corridoio alla sua sinistra, la Vega e
l’altro uomo erano svaniti.
Merda. Due file di porte chiuse. Potevano essere entrati
ovunque. Merda.
Inspirò ed espirò più volte, per calmarsi. Poi rimise l’arma
nella fondina. La caccia adesso si faceva difficile.
Tornò nella stanza presa dalla Vega, sperando di trovare
qualche indizio. Accese la torcia. Si sentiva lo stesso un idiota a
perlustrare in giro con quell’accidenti in mano. Come facevano
gli sbirri quando non era stata ancora scoperta l’elettricità?
Doveva essere un inferno. Adesso avevano la scientifica, il DNA,
i computer che confrontavano migliaia di indizi. Quei progressi
facevano apparire banale l’apporto di una semplice lampadina ai
fini dell’indagine. Fino a qualche ora prima, Vitali aveva dato
quella e molte altre cose per scontate. Ora non poteva più
permetterselo. Nessuno poteva.
Mentre faceva tali considerazioni, individuò una traccia. Se
avesse avuto a disposizione la tecnologia per esaminarla, avrebbe
esultato. Ma anche così poteva accontentarsi.
Sul copriletto c’era una macchia rossa, appena essiccata.
Sangue, si disse. Bene. L’uomo che era con Sandra Vega poteva
essere il tizio con l’epistassi.

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