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Il deserto dei tartari


Dino Buzzati
Il deserto dei tartari
28.
Passarono un giorno e una notte, il maggiore Giovanni Drogo giaceva nel letto, ogni tanto giungeva il ritmico tonfo della cisterna e nessun altro rumore, benché in tutta la Fortezza crescesse ad ogni minuto un ansioso fermento. Isolato da tutto, Drogo se ne stava steso ad ascoltare il proprio corpo, se mai le perdute forze cominciassero a tornare. Il dottor Rovina gli aveva detto che sarebbe stata questione di pochi giorni. Ma di quanti in realtà? Avrebbe potuto, al sopraggiungere dei nemici, alzarsi almeno in pie di, vestirsi, trascinarsi fino sul tetto del Forte? Di quando in quando si levava dal letto, ogni volta che gli pareva di sentirsi un po' meglio, camminava senza appoggiarsi fin dinanzi allo specchio ma qui l'immagine sinistra della sua faccia, sempre più terrea e scavata, spegneva le nuove speranze. Annebbiato dal capogiro ritornava barcollando al letto, malediceva il medico che non lo riusciva a guarire.
Già la striscia di sole sul pavimento aveva fatto ampio giro, dovevano essere almeno le undici, voci inconsuete si alzavano dal cortile e Drogo giaceva immobile, con gli sguardi al soffitto, quando entrò nella camera il tenente colonnello Simeoni, comandante della Fortezza.
"Come va?" chiese vivamente. "Un po' meglio? Ma sei ben pallido, sai?»
"Lo so" rispose Drogo, freddo. "E dal nord sono venuti avanti?»
"Altro che avanti" disse Simeoni. "Le artiglierie sono già in cima al gradone, e adesso le stanno postando... ma tu deve scusarmi se non sono venuto... è diventato un inferno qui. Questo pomeriggio arrivano i primi rinforzi, ho trovato solo adesso cinque minuti liberi...»
Drogo disse, e si stupì di sentir tremare la propria voce: "Domani spero di alzarmi, ti potrò aiutare un poco".
"Ah, no no, non pensarci, pensa a guarire adesso, e non credere che ti abbia dimenticato. Ho anzi una buona notizia: oggi verrà una magnifica carrozza a prenderti. Guerra o non guerra, gli amici prima di tutto..." osò dire.
"Una carrozza a prendermi? Perché a prendermi?»
"Ma sì, per venirti a prendere. Non vorrai stare sempre in questa stanzaccia, in città ti curerai meglio, entro un mese sarai rimesso in gamba. E non darti pensiero di qui, oramai il più è superato.»
Un'ira tremenda si ingorgò nel petto di Drogo. Lui, che aveva buttato via le cose migliori della vita per aspettare i nemici, che da più di trent'anni si era nutrito di quell'unica fede, lo cacciavano via proprio adesso, che finalmente la guerra arrivata?
"Dovevi chiedermelo, almeno" rispose con voce tre mante dall'ira. "Io non mi muovo, io voglio stare qui, sono meno malato di quanto tu creda, io domani mi alzo...»
"Non agitarti per carità, non ne faremo niente, se ti agiti starai ancora peggio" fece Simeoni con uno stentato sorriso di comprensione.
"Solo che mi pareva molto meglio, anche Rovina lo dice...»
"Che cosa Rovina? E' Rovina che ti ha detto di far venire la carrozza?»
"No, no. Della carrozza non si è parlato con Rovina. Ma lui dice che faresti bene a cambiar aria.»
Drogo allora pensò di parlare a Simeoni come a un amico vero, di aprire il suo animo, come avrebbe fatto con Ortiz; anche Simeoni dopo tutto era un uomo.
"Senti Simeoni" provò, cambiando tono. "Tu lo sai che qui alla Fortezza... si è rimasti tutti per la speranza... E' difficile dire, ma anche tu lo sai bene" (non riusciva proprio a spiegarsi: come far intendere certe cose a un uomo simile?) "se non fosse stato per questa possibilità...»
"Non capisco" disse Simeoni con evidente fastidio. (Diventava anche patetico Drogo? pensò. La malattia l'aveva così rammollito?) "Ma sì che devi capire" insistette Giovanni. "E' più di trent'anni che sono qui ad aspettare... ho lasciato andare molte occasioni.
Trent'anni sono qualcosa, tutto per aspettare questi nemici. Non puoi pretendere adesso... Non puoi pretendere adesso che me ne vada, non puoi pretendere, ho un certo diritto di rimanere, mi pare...»
"Bene" ribatté Simeoni irritato. "Credevo di farti un favore e tu mi rispondi in questo modo. Non valeva proprio la pena. Ho mandato due portaordini apposta, ho fatto ritardare apposta la marcia di una batteria per lasciar passare la carrozza.»
"Ma non dico mica niente a te" fece Drogo. "Ti sono anzi riconoscente, tu l'hai fatto a fin di bene, lo capisco" (oh che pena, pensava, doversi tener buona quella carogna) "del resto la carrozza può fermarsi qua, adesso non sono neanche in condizioni di far un viaggio simile" aggiunse incautamente.
"Poco fa dicevi che domani ti alzi, adesso dici di non poter neanche montare in carrozza, scusami ma non sai neanche tu cosa ti vuoi...»
Drogo cercò di aggiustare: "Oh, no, è ben diverso, una cosa è fare un viaggio simile e un'altra andare fin sul cammino di ronda, posso anche portarmi una panchetta e sedermi se mi sento debole" (aveva pensato di dire una "sedia" ma la cosa poteva sembrare ridicola) "di là posso controllare il servizio, posso almeno vedere".
"Resta, resta allora!" fece come per concludere Simeoni "ma non so dove metterò a dormire gli ufficiali che arrivano, non posso mica metterli nei corridoi, non posso mica metterli in cantina! In questa stanza tre letti ci potevano stare...»
Drogo lo guardò agghiacciato. A tanto arrivava dunque Simeoni? Voleva spedir via lui Drogo per avere una stanza libera? Unicamente per questo? Altro che premura e amicizia. Doveva capirlo fin da principio, pensò Drogo, doveva bene aspettarselo da una canaglia simile.
Siccome Drogo taceva, Simeoni, incoraggiato, insistette: "Tre letti qui ci possono stare benissimo. Due lungo quella parete e il terzo in quell'angolo. Vedi?, Drogo, se tu mi ascolti" specificò senza più il minimo riguardo umano "se tu mi ascolti in fondo mi faciliti il compito, mentre a star qui, scusa sai se te lo dico, non vedo che cosa tu possa fare di utile, nelle condizioni che sei.»
"Bene" lo interruppe Giovanni. "Ho capito, adesso basta, ti prego, ho anche mal di testa.»
"Scusami" disse l'altro "scusami se insisto, ma vorrei sistemarla subito questa faccenda. Oramai la carrozza è in viaggio, Rovina è favorevole alla partenza, qui resterebbe libera una stanza, tu guarisci più presto e in fondo anch'io a tenerti qui malato, mi prendo una bella responsabilità, se poi succedesse una disgrazia. Mi obblighi ad assumere una bella responsabilità, te lo dico sinceramente.»
"Senti" rispose Drogo, ma capiva come fosse assurdo lottare; intanto fissava la striscia di sole che stava salendo lungo la parete di legno allungandosi di sghembo. "Scusami se ti dico di no, ma preferisco restare. Tu non avrai nessuna grana, te lo garantisco, se vuoi ti faccio una dichiarazione scritta. Va là, Simeoni, lasciami tranquillo, forse ho poco tempo da vivere, lascia che io stia qui, sono più di trent'anni che dormo in questa stanza...»
L'altro tacque un momento, fissò con disprezzo il collega ammalato, ebbe un cattivo sorriso, poi chiese con voce alterata: "E se io te lo chiedessi come superiore? Se il mio fosse un ordine, tu cosa potresti dire?" e qui fece una pausa assaporando l'impressione prodotta.
"Questa volta, caro Drogo, non dimostri il tuo solito spirito militare, mi dispiace di dovertelo dire, ma in fin dei conti te ne vai al sicuro, chissà quanti farebbero il cambio con te. Ammetto anche che ti dispiaccia, ma non si può mica avere tutto in questa vita, bisogna pur farsi una ragione... Adesso ti mando il tuo attendente, che ti prepari le cose, per le due la carrozza dovrebbe essere qui. Ci vediamo più tardi, allora...»
Così disse e se n'andò in fretta, deliberatamente, per non lasciare a Drogo il tempo per nuove obiezioni. Chiuse la porta con grande precipitazione, si allontanò per il corridoio a passi svelti, da persona soddisfatta di sé, che domina perfettamente la situazione.
Rimase un greve silenzio. Ploc! fece dietro al muro l'acqua della cisterna. Poi non si udì nella camera che l'ansimare di Drogo, alquanto simile a un singhiozzo. E fuori la giornata era al suo più grande splendore, perfino le pietre cominciavano a intiepidirsi, lontano ed uguale si sentiva il suono dell'acqua sulle precipitose pareti, i nemici si ammassavano sotto l'ultimo gradone al cospetto della Fortezza, per la strada della pianura scendevano ancora truppe e carriaggi. Sugli spalti del Forte tutto è pronto, le munizioni in regola, i soldati ben disposti, le armi verificate. Tutti gli sguardi sono al nord, anche se non si vede niente per via delle montagne davanti (solo dalla Ridotta Nuova si può osservare bene tutto quanto).
Così come in quei giorni lontani quando erano giunti gli stranieri per delimitare i confini, come allora c'è una sospensione di animi, fra alterni soffi di paura e di gioia. Comunque nessuno ha il tempo per ricordarsi di Drogo, il quale sta vestendosi, aiutato da Luca, e si prepara a partire.
 

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