Italiano
index_italian_m Gelsomino Ïåñíè Treccani
Òåêñòû Il conformista Pinocchio


Giovanni Verga
Novelle
1887
LE STORIE
DEL CASTELLO DI TREZZA.
XI.

La notte s’era fatta tempestosa, il vento sembrava assumere voci e gemiti umani, e le onde flagellavano la rôcca con un rumore come di un tonfo che soffocasse un gemito d’agonia. Il barone dormiva.

Ella lo vedeva dormire, immobile, sfinita, moribonda d’angoscia, sentiva la tempesta dentro di sè, e non osava muoversi per timor di destarlo. Avea gli occhi foschi, le labbra semiaperte, il cuore le si rompeva nel petto, e sembravale che il sangue le si travolgesse nelle vene. Provava bagliori, sfinimenti, impeti inesplicabili, vertigini che la soffocavano, tentazioni furibonde, grida che le salivano alla gola, fascini che l’agghiacciavano, terrori che la spingevano alla follìa. Sembravale di momento in momento che la vôlta dell’alcova si abbassasse a soffocarla, o che l’onda salisse e traboccasse dalla finestra, o che le imposte fossero scosse con impeto disperato da una mano che si afferrasse a qualcosa, o che il muggito del mare soverchiasse un urlo delirante d’agonia: il gemito del vento le penetrava sin nelle ossa, con parole arcane ch’ella intendeva, che le dicevano arcane cose, e le facevano dirizzare i capelli sul capo — e teneva sempre gli occhi intenti e affascinati nelle orbite incavate ed oscure di quel marito dormente, il quale sembrava la guardasse attraverso la palpebre chiuse, e leggesse chiaramente tutti i terrori che sconvolgevano la sua ragione. — Di tanto in tanto si asciugava il freddo sudore che le bagnava la fronte, e ravviava macchinalmente i capelli che sentiva formicolarsi sul capo, come fossero divenuti cose animate anch’essi. Quando l’uragano taceva, provava un terrore più arcano, e con un movimento macchinale nascondeva il capo sotto le coltri, per non udire qualcosa di terribile. Ad un tratto quel suono che parevale avere udito in mezzo agli urli della tempesta, quel gemito d’agonia, visione o realtà, s’udì più chiaro e distinto. Allora mise uno strido che non aveva più nulla d’umano, e si slanciò fuori del letto.

Il barone, svegliato di soprassalto, la scorse come un bianco fantasma fuggire dalla finestra, si precipitò ad inseguirla, saltò sul ballatoio e non vide più nulla. La tempesta ruggiva come prima.

Sul precipizio fu trovato il fazzoletto che avea asciugato quel sudore d’angoscia sovrumana.

Le storie del castello di Trezza

Italiano  Giovanni Verga
Novelle

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