Gelsomino Gianni Rodari - Gelsomino nel paese dei bugiardi
Gianni
Rodari - Gelsomino nel paese dei bugiardi LE CANZONI DI GELSOMINO |
Ho trascritto alcune delle canzoni di Gelsomino: ce n'è di buffe, di
bislacche e di serie. Voi potete scegliere quelle piacevoli e
dimenticare le altre. LE BUGIE A re Giacomone A me piacciono le bugie… Non le tue, non le mie: quelle che il muto può dire al sordo e il sordo narrare a un topo morto, se il topo morto quando le ascolta fa un inchino e una giravolta. QUANTI PESCI CI SONO NEL MARE? A Zoppino, ghiotto di pesce Tre pescatori di Livorno disputarono un anno e un giorno per stabilire e sentenziare quanti pesci ci sono nel mare. Disse il primo: «Ce n'è più di sette, senza contare le acciughette!». Disse il secondo: «Ce n'è più di mille, senza contare scampi ed anguille!». Il terzo disse: «Più di un milione!» E tutti e tre avevano ragione. CENA E PRANZO A Bananito, quando fu ministro dei generi alimentari Pulcinella ed Arlecchino cenavano insieme in un piattino: e se nel piatto c'era qualcosa, chissà che cena appetitosa. Arlecchino e Pulcinella pranzavano insieme in una scodella: e se la scodella vuota non era, chissà che pranzo, quella sera. IL NOME A zia Pannocchia Vorrei chiamarmi Dante e scrivere un bel poema, vorrei chiamarmi Euclide e inventare un teorema, vorrei chiamarmi Giotto e far belle pitture, vorrei essere il più bravo in tutte le bravure. Vorrei chiamarmi… (Mettete il vostro nome al posto dei puntini!) come mi chiamo e sono, per diventare ogni giorno almeno un po' più buono. AN — GHIN — GO' A Romoletta, per fare la conta An — ghin — go' tre galline e tre cappo' dove andavano non so: forse andavano al mercato a comprare il pan pepato; forse andavano nell'orto a beccare un porro storto; forse andavano in città a studiare che cento bugie non fanno una verità. STORIA DI UN SOMARO A un somaro del paese dei bugiardi che ruggiva per parere un leone Una volta c'era un somaro che non sapeva di essere un somaro. «Forse, — pensava una sera, — sono un elefante: difatti, non ho la criniera. Non sono una pecora perché non belo, non sono un passero perché non volo in cielo, non sono un avvocato perché non vado in tribunale. Ma che sarò: un ministro? un generale? Tu, specchio, che ne dici? Un ciuco? Ah, questo no: ti insegnerò ad offendere gli amici!» E tosto castigò l'insolente specchietto mandandolo con un calcio in cento pezzi più un pozzetto. IL GIORNALE DEI GATTI A Zoppino, per consolario della lettura del «Perfetto bugiardo» I gatti hanno un giornale con tutte le novità e sull'ultima pagina la «Piccola pubblicità». «Cercasi casa comoda con poltrone fuori moda: non si accettano bambini perché tirano la coda». «Cerco vecchia signora a scopo compagnia. Precisare referenze e conto in macelleria». «Premiato cacciatore cerca impiego in granaio». «Vegetariano, scapolo, cerca ricco lattaio». I gatti senza casa la domenica dopopranzo leggono questi avvisi più belli d'un romanzo: per un'oretta o due sognano ad occhi aperti, poi vanno a prepararsi ai notturni concerti. L'ARCOBALENO Per un quadro di Bananito Va per la strada una bambina con un ombrello di sette colori, sotto la pioggia grigia cammina con quel piccolo arcobaleno: e nel suo cuore c'è sempre il sereno. SCHERZO A Bananito Ho pensato un quadro giallo che rappresenta un gallo, un timballo e un caciocavallo. Ho pensato un quadro blu che rappresenta un bambù, uno zulù e la coda di belzebù. Ho pensato un quadro verde, di un bel verde veronese: rappresenta le mie tasche verso la fine del mese. CAPELLI BIANCHI Dedicata a Benvenuto-Mai seduto Quanti capelli bianchi ha il vecchio muratore? Uno per ogni casa bagnata dal suo sudore. Ed il vecchio maestro, quanti capelli ha bianchi? Uno per ogni scolaro cresciuto nei suoi banchi. Quanti capelli bianchi stanno in testa al nonnino? Uno per ogni fiaba che incanta il nipotino. IL PANE Dedicata a Benvenuto-Mai seduto S'io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così verrebbero a mangiarlo dall'India e dal Chilì poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia. PROVERBI DI GELSOMINO Chi non ama le querce al bosco non deve andare. A pascolar le bisce un pazzo non mandare. Non ha due cervelli chi non ha due teste. Non accendere i lampi se non vuoi le tempeste. Chi ride tutti i mesi sta allegro tutto l'anno. Non rifiutare la luna se te la danno. LE TASCHE DI GELSOMINO Prima tasca il fazzoletto, seconda tasca il portafortuna, terza tasca il portamonete, ma di monete non ce n'è una. STORIA DEL PESCE-MARTELLO Il pesce-martello è disperato: un pesce incudine non ha trovato; non ha trovato in alcun modo ne un pesce-muro ne un pesce-chiodo; non una volta gli succede di schiacciare un pesce-piede e nemmeno si è mai sentito che abbia ammaccato un pesce-dito. Perciò si lamenta: «Che ci sto a fare se non ho niente da martellare? Avevo una scarpa, proprio una sola mi divertivo a batter la suola. Uri pescatore me la pescò. Che dovrei dirgli? Buon pranzo, buon prò». CANZONCINA INGLESE — Dove sei stata, micia micina? — A Londra a vedere la regina. — Cos'hai trovato a Londra di buono? — Un topo che stava sotto il trono! UN'ALTRA CANZONCINA INGLESE Tre dottori di Salamanca si misero in mare su una panca, e se non andavano subito a fondo facevano certo il giro del mondo. Tre dottori di Saragozza si misero in mare in una tinozza, e se la tinozza a galla restava qui la storiella non terminava. TERZA CANZONCINA INGLESE Una volta c'era un vecchietto che andava nel Canadà. E questa è la metà. Portava un cartoccetto di pane col prosciutto. E questo è tutto. IL GIOCO DEI «SE» Se comandasse Arlecchino il cielo sai come lo vuole? A toppe di cento colori cucite con un raggio di sole. Se Gianduia diventasse ministro dello Stato, farebbe le case di zucchero con le porte di cioccolato. Se comandasse Pulcinella la legge sarebbe questa: a chi ha brutti pensieri sia data una nuova testa. CANZONETTA DI NATALE Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale, sai che cosa direbbe il giorno di Natale? «Voglio che in ogni casa spunti dal pavimento un albero fiorito di stelle d'oro e d'argento!» Se comandasse il passero che sulla neve zampetta, sai che cosa direbbe con la voce che cinguetta? «Voglio che i bimbi trovino, quando il lume sarà acceso, tutti i doni sognati più uno, per buon peso!» Se comandasse il pastore del presepe di cartone sai che legge farebbe firmandola col lungo bastone? «Voglio che oggi non pianga nel mondo un solo bambino, che abbiano lo stesso sorriso il bianco, il moro, il giallino!» Sapete che cosa vi dico io che non comando niente? Tutte queste belle cose accadranno facilmente: se ci diamo la mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l'anno! I VIAGGI DI GIOVANNINO PERDIGIORNO GLI UOMINI DI ZUCCHERO Giovannino Perdigiorno, viaggiando in elicottero, arrivò nel paese degli uomini di zucchero. Dolcissimo paese! E che uomini carini! Sono bianchi, sono dolci, si misurano a cucchiaini. Portano nomi soavi: Zolletta, Dolcecuore, e il loro rè si chiama Glucosio il Dolcificatore. Anche la geografia laggiù è una dolce cosa: c'è il monte San Dolcino, la città di Vanigliosa. Ci si mangia pan di miele, si beve acqua caramellata, si mette la saccarina perfino nell'insalata. — Ma almeno ce l'avete un po' di sale in zucca? No? Allora me la batto: questo paese mi stucca. IL PIANETA DI CIOCCOLATO Giovannino Perdigiorno, viaggiando in accelerato, capitò senza sospetto sul pianeta di cioccolato. Di cioccolato le strade, le case, le vetture, le piante, foglia per foglia, e i fiori, invece, pure. Di cioccolato i monti: gli alpinisti li scalavano, ma non fin sulla cima, perché se la mangiavano. Di cioccolato i banchi della scuola e s'intende che i ragazzi ci studiavano magnifiche merende. Insomma, per farla corta, in quel paese raro era dolce perfino il cioccolato amaro. Giovannino, dopo un mese di fondente sopraffino, pensò: «Se resto ancora divento un cioccolatino… Magari divento un uovo con dentro la sorpresa… Signori, me ne vado, vi saluto, senza offesa». GLI UOMINI DI SAPONE Giovannino Perdigiorno, viaggiando in carrozzone, capitò nel paese degli uomini di sapone. Gli uomini di sapone e le loro signore sono sempre puliti e mandano buon odore. Sono bolle di sapone le loro parole, escono dalla bocca e danzano al sole. Fa le bolle il papà quando sgrida il bambino, fa le bolle il professore mentre spiega il latino. Nelle case, per le strade, dappertutto, in ogni momento, milioni di bolle volano via col vento. Il vento le fa scoppiare silenziosamente… e di tante belle parole non rimane più niente. GLI UOMINI DI GHIACCIO Giovannino Perdigiorno, viaggiando a casaccio, capitò nel paese degli uomini di ghiaccio. Vivevano in frigorifero con l'acqua minerale, con il latte, la carne e il brodo vegetale. Se qualcuno per sbaglio apriva lo sportello gridavano: — Chiudete! Ci si disfa il cervello! Mangiavano soltanto gelati e cremini, coi cubetti di ghiaccio si facevano i cuscini. — Al sole ci state mai? — Giovannino domandò. — Al sole? Tu sei matto… Ci scioglierebbe. Ohibò! — E il cuore ce l'avete in quel petto ghiacciato? — Il cuore? Scaldava troppo, lo abbiamo eliminato. «Che popolo sottozero, — si disse Giovannino, — mi si gelano le orecchie solo a stargli vicino». GLI UOMINI DI GOMMA Giovannino Perdigiorno, viaggiando in cavallo a dondolo, capitò nel paese più elastico del mondo. Era un paese instabile, acrobatico, insomma era giusto il paese degli uomini di gomma. Per le strade vedevi simpatiche persone che saltavano e rotolavano anche meglio di un pallone. Se cadevano si rialzavano senza una sbucciatura: di picchiare il capo nel muro non avevano paura. Avevano di gomma le mani, i piedi, il naso, ma il nostro Giovannino era poco persuaso… — In testa, che ci avete? — Aria, naturalmente. — E come fate a pensare? — Non pensiamo per niente. — Ecco, volevo ben dire… Il paese pareva bello, ma la testa qui serve solo per tenerci il cappello. IL PIANETA NUVOLOSO Giovannino Perdigiorno, con tempo piovoso, sbarcò da un'astronave sul Pianeta Nuvoloso. Su quel mondo tutto grigio non ci sono che nuvole: sono nuvole i monti, sono nuvole gli alberi. Ci sono città di nuvole e uomini-nuvoloni, che fanno la faccia scura e mandano lampi e tuoni. Corrono per le strade nuvolette nere che mai: sono nuvole-automobili e nuvole-tramvai. Ci sono nuvole-gatti sui tetti di nuvolaglia e cacciano topi-nuvole schizzando tra la fanghiglia. Giovannino non resiste a tanta nuvolosità e fugge in cerca di sole tre Galassie più in là. IL PIANETA MALINCONICO Giovannino Perdigiorno, viaggiando in supersonico, capitò nella capitale del Pianeta Malinconico. Era un giorno di sole, l'aria calda e turchina, ma la gente per la strada camminava a testa china e diceva: — Che peccato, questo tempo non durerà, chi sa che nubifragio domani scoppierà! Al ristorante il cibo era buono, a buon mercato, ma i clienti borbottavano: — Che peccato, che peccato, dopo il bello viene il brutto, dunque purtroppo è chiaro che domani si mangerà male e si pagherà caro… Chi prendeva dieci a scuola diventava d'umor nero e piangeva: — Sarà triste, domani, prendere zero! Cielo, che pessimisti, — Giovannino rifletté, — questo mondo senza speranza proprio non fa per me. IL PIANETA FANCIULLO Giovannino Perdigiorno, viaggiando per trastullo capitò con sorpresa sul Pianeta Fanciullo. Ma chiamarlo pianeta è quasi un'esagerazione: si tratta di un minimondo, in una minicostellazione. Tutto è mini, lassù: minimonti, mari mini… nelle città in miniatura ci stanno mini-cittadini… Ma guardali un po' meglio e il mistero scoprirai: sono tutti bambini che non crescono mai. Di diventare grandi non ne vogliono sapere: così sono felici, così vogliono rimanere… I grandi non hanno giocattoli, ai giardini non ci vanno, hanno solo brutti pensieri tutti i giorni dell'anno… Noi stiamo bene così, senza preoccupazioni… — E Giovannino disse: Arrivederci, fifoni! GLI UOMINI PIÙ Giovannino Perdigiorno, viaggiando in su e in giù, capitò nel paese degli uomini Più. Ciascuno degli abitanti di quella strana città è campione del mondo in qualche specialità. Il sindaco, per esempio, è il più magro del mondo: poi c'è l'uomo più forte, il più debole, il più rotondo. C'è il più ricco, naturalmente, ed ha come vicino il più povero, con suo figlio, che è il più poverino. C'è l'uomo più duro, fatto tutto di sasso, e poi c'è il più veloce, il più alto, il più basso. Ma il più buono non c'era. E chi mai lo troverà? È tanto buono che di esserlo non sa. GLI UOMINI DI CARTA Giovannino Perdigiorno, viaggiando sempre in quarta, capitò nel paese degli uomini di carta. C'erano gli uomini a righe e gli uomini a quadretti, perché li avevano fatti con la carta dei quadernetti. Il più forte del paese era un uomo di cartone e portava una medaglia con su scritto: Campione. Poi c'era una ragazza di carta velina, leggera come una piuma: faceva la ballerina. Le case erano piccole, di carta colorata e avevano per tetto una cartolina illustrata. Sospirò Giovannino: — La carta costa poco… Dare una casa a tutti, da queste parti, è un gioco… GLI UOMINI DI TABACCO Giovannino Perdigiorno, viaggiando col suo sacco, capitò nel paese degli uomini di tabacco. Questi uomini in generale sono fatti cosi: per naso hanno una pipa e fumano di lì. Al posto dei capelli hanno tante sigarette che mandano tutto il giorno azzurre nuvolette. Mangiano fumo a pranzo, mangiano fumo a cena: l'aria di quel paese di fumo è sempre piena. Fumano le montagne senza essere vulcani: nei giardini niente fiori, solo sigari toscani. Giovannino tossiva: — Diavolo d'un posto! Qui c'è soltanto fumo e nemmeno un po' d'arrosto. GLI UOMINI A VENTO Giovannino Perdigiorno, viaggiando in bastimento, capitò nel paese degli uomini a vento. La gente, a prima vista, pareva tanto normale: chi col cappello, chi senza, e niente di speciale. Ad un tratto però il vento si levò: quel che vide Giovannino adesso vi dirò. Vide la gente voltarsi come per un comando e correre con il vento, correre, fino a quando il vento cambiò verso, soffiò in un'altra direzione e con lui si voltarono migliala di persone. Soltanto Giovannino controvento camminava: ma si accorse che un passante con sospetto lo guardava. «Presto, — pensò tra sé, — fuggi col vento in poppa: di gente fatta così ne ho già veduta anche troppa…» IL PAESE DEL «NI» Giovannino Perdigiorno, viaggiando da qui a lì, capitò per combinazione nel paese del «ni». In quel paese la gente era timida un bel po' e non diceva mai chiaro né di sì né di no. Volete il pesce? — Ni. Volete la carne? — Ni. A tutte le domande rispondevano così. Ma che razza di indecisi, Giovannino si stupì. Volete la pace? — Ni. Volete la guerra? — Ni. Ditemi per lo meno se vi piace vivere qui… — E quelli abbassano gli occhi e sospirano: — Ni. Giovannino Perdigiorno ben presto si stancò: A questo insulso paese io dico tre volte no. IL PAESE SENZA SONNO Giovannino Perdigiorno, tra Salamanca e Saranno, capitò dormicchiando nel paese senza sonno. In quello strano paese che sia il letto non sanno: non gli serve, perché a dormire non ci vanno. Di giorno come di notte sempre in piedi, sempre in moto, in tutta la loro vita non c'è un minuto vuoto. Lavorano, si divertono, parlano, vanno a spasso, piuttosto che far niente suonano il contrabbasso. Le mamme ai loro bambini non cantano la ninna-nanna, ma cantano: — Sveglia! Sveglia, tesoro della mamma! D'accordo, bravi, benissimo, — commentò Giovannino, — ora però scusatemi, debbo fare un pisolino… GIOVANNINO PERDIGIORNO Giovannino Perdigiorno ha perso il tram di mezzogiorno, ha perso la voce, l'appetito, ha perso la voglia di alzare un dito, ha perso il turno, ha perso la quota, ha perso la testa (ma era vuota), ha perso le staffe, ha perso l'ombrello, ha perso la chiave del cancello, ha perso la foglia, ha perso la via: tutto è perduto fuorché l'allegria. IL PAESE SENZA ERRORE Giovannino Perdigiorno, viaggiando in micromotore, una volta capitò nel paese senza errore. Là tutto era perfetto, tutto bello, tutto rosa: ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa… Gli scolari, tutti bravi, i maestri, tutti pazienti, perfino i cani da guardia eran sempre sorridenti. Non c'era una casa brutta, non un giornale bugiardo: mai una sedia scomoda o un orologio in ritardo. Giovannino era felice in quei mondo senza difetto. Ma a un tratto, con sorpresa, si ritrovò nel suo letto. Aveva dunque sognato? Forse… però… chi sa… I sogni, quando si vuole, diventano realtà. |