Unità 1
Lettura 11
LE VARIETÀ DELL'ITALIANO
Il repertorio linguistico è l'insieme dei potenziali strumenti che una
comunità linguistica ha a disposizione per svolgere i suoi compiti
comunicativi. I parlanti scelgono l'una o l'altra delle varietà del
repertorio a seconda del contesto in cui avviene l'atto comunicativo e dello
scopo che sì vuole perseguire. La comunità linguistica è l'insieme degli
individui che non solo condividono il repertorio, ma anche le sue regole di
utilizzazione: non basta sapere la lingua (competenza linguistica), ma
bisogna sapere quale lingua usare, quando, dove e con chi (competenza
comunicativa). Sulla base di queste considerazioni, viene messo in
discussione il modello di un'unica possibilità espressiva: entra in crisi,
dunque, la norma. Un parlante italiano, infatti, comunica in maniera
differente a seconda del contesto, della sua collocazione sociale, della sua
cultura e delle sue origini geografiche.
All'interno della complessa situazione linguistica italiana, distinguiamo
cinque tipi principali di varietà:
- le varietà nel tempo (varietà diacroniche): l'italiano del presente e del
passato, i dialetti del presente e del passato. Il fattore che determina la
variazione è il tempo;
- le varietà nella società (varietà diastratiche): l'italiano popolare, i
gerghi. Il fattore che determina la variazione è la società;
- le varietà nel contesto comunicativo (varietà diafasiche): la lingua
utilizzata secondo differenti scopi funzionali e diversi contesti, i
registri formali e informali, le lingue speciali. Il fattore che determina
la variazione è il contesto;
- le varietà in base al canale comunicativo (varietà diamesiche): lo
scritto, il parlato, il trasmesso (radio, tv). Il fattore che determina la
variazione è il canale comunicativo;
- le varietà nello spazio geografico (varietà diatopiche): gli italiani
regionali, i dialetti, le lingue delle minoranze etnolinguistiche,
l'italiano fuori d'Italia. Il fattore che determina la variazione è lo
spazio.
In queste distinzioni c'è un riferimento a un modello standard (1) di
lingua: almeno nelle intenzioni, infatti, è questa la lingua che si insegna
nelle scuole, a
studenti italiani e stranieri, che si usa nelle comunicazioni pubbliche, nei
mass media, nei documenti ufficiali, ecc.: le varietà, quindi, nascono come
una divergenza rispetto al modello standard. È importante tenere sempre
presente che le varietà non sono nettamente distinte tra loro, ma si
intersecano continuamente. Per esempio, le varietà diastratiche sono
determinate dal gruppo sociale dei parlanti, ma sono quasi sempre più o meno
legate al fattore di variazione geografico; ciò significa che un testo
marcato dal punto di vista diastratico, cioè prodotto da parlanti che
appartengono a un basso livello sociale, conterrà inevitabilmente tratti
marcati dal punto di vista diatopico, cioè dialettalismi e regionalismi.
D'altra parte la variazione geografica può essere connessa non soltanto a
quella sociale, ma anche a quella situazionale: in alcuni casi, infatti, i
dialettalismi e i regionalismi sono interpretabili non come marca
d'inferiorità socioculturale, ma come segnale di familiarità, di
affettività, d'ironia.
(adattato da L. Coveri, A. Benucci, P. Diadori, Le varietà dell'italiano.
Manuale di sociolinguistica italiana, Bonacci, Roma, 2003)
Lettura 12
Aspetti delle varietà
diastratlche, diafasiche e diamesiche
All'interno delle varietà diastratiche riconosciamo: l'italiano colto, usato
da parlanti di livello socioculturale medio-alto e alto; i gerghi, che
caratterizzano l'appartenenza a un gruppo sociale specifico (girovaghi,
artigiani, militari, studenti, carcerati, tossicodipendenti, malavitosi,
emarginati); l'italiano popolare. Quest'ultimo può essere definito, in
maniera generale, come il modo di esprimersi di una persona non istruita che
per comunicare utilizza la lingua nazionale. È dunque un italiano che, a
causa del suo stretto contatto con il dialetto, si allontana molto
dall'italiano standard e che presenta alcuni tratti, soprattutto
morfosintattici e testuali, riconoscibili indipendentemente dalla
provenienza del parlante. Ecco alcuni elementi morfosintattici
caratteristici dell'italiano popolare:
- concordanza a senso: la gente dormivano;
- ridondanza pronominale: è proprio suo di loro;
- semplificazioni verbali: noi potiamo; voi dicete;
- semplificazioni nominali: moglia; camione;
- scambi di preposizione: vengo a pomeriggio; è brava di scrivere;
- estensione degli articoli un, il, i davanti a 2 e 5 preconsonantica: vuoi
il zucchero?; sono stato su i scogli.
Le varietà diafasiche, invece, dipendono dalla situazione, dall'argomento e
dalle funzioni della comunicazione. La situazione comunicativa, infatti, può
essere più o meno formale: il grado di conoscenza fra i partecipanti e le
norme sociali che regolano l'interazione determinano differenti modi di
esprimersi. Queste modalità di utilizzazione delle diverse possibilità
espressive offerte dal sistema linguistico in rapporto a una data situazione
comunicativa si chiamano registri: il registro può essere aulico, formale,
informale, colloquiale, familiare, ecc. Un altro fattore importante è
l'argomento della conversazione, che può essere relativo alla vita
quotidiana o a un tema specialistico. Infine, lo scopo della conversazione,
cioè la funzione per cui si ha la comunicazione, influenza il messaggio a
seconda che si abbia il fine di informare, convincere, descrivere.
Le varietà diamesiche riguardano il cambiamento della lingua in base al
mezzo che viene utilizzato per la comunicazione e cioè la tradizionale
distinzione fra uso scritto (grafico) e uso parlato (orale), a cui negli
ultimi decenni è stato aggiunto un terzo tipo, il "trasmesso" (con i mezzi
tecnici). La variazione diamesica, tuttavia, non dipende soltanto dal mezzo,
ma è determinata anche da altri fattori: fattori sociali (ad esempio il
livello di istruzione dei parlanti), situazionali (ad esempio il contesto
specifico in cui si comunica), ambientali e temporali. All'interno della
distinzione tra scritto e parlato, che ha agli estremi testi formali scritti
e testi informali orali, si collocano testi con differenti gradi di
formalità/informalità, cosicché si trovano da una parte scritti più o meno
informali (come diari, lettere private, scritti in genere non destinati alla
pubblicazione), dall'altra testi parlati più o meno formali (interviste
rilasciate ai giornali, dichiarazioni, ecc.). La comunicazione nello
scritto, in genere, è molto più ricca e articolata; vediamo alcuni fenomeni
linguistici che ricorrono con maggiore frequenza nello scritto:
- forme verbali complesse (permanenza del passato remoto, del congiuntivo,
del condizionale);
- uso della subordinazione;
- soggetto sottinteso;
- impiego normativo di pronomi relativi;
- articoli e preposizioni usati secondo le regole;
- maggiore variazione e precisione nella scelta delle parole.
Tra le caratteristiche di un testo orale, quella più evidente è la
frammentarietà sintattica e semantica, che si realizza attraverso frasi
brevi, incomplete e attraverso l'uso di segnali discorsivi (diciamo, cioè,
ecco, insomma, sì, bene, eh, per esempio) che bilanciano la struttura
disorganica e scarsamente coesa del parlato. Inoltre, si riscontra il
ripetuto cambiamento della progettazione, le continue esitazioni, le false
partenze, le ripetizioni, le parole generiche (cosa, coso), i segnali
conclusivi e riepilogativi (insomma introduce e conclude riformulazioni).
Non mancano nei testi orali forme verbali come guardi, senti, ascolta,
che consentono di avviare la comunicazione, di regolare l'alternanza dei
turni, di controllare il procedere della comunicazione. Sono particolarmente
frequenti:
- i diminutivi: pensierino, attimino, cosina;
- i superlativi enfatici: sono calma calmissima;
- le espressioni intensificate da: un sacco, bello, forte;
- le esclamazioni: accidenti, perbacco, caspita, cavolo.
(adattato da A.A. Sobrero, A. Miglietta, Introduzione alla linguistica
italiana,
Laterza, Roma-Bari, 2006)
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Lettura 15
LE VARIETÀ DIATOPICHE
L'italiano, specialmente l'italiano parlato, si articola in più varietà
regionali: le varietà regionali sono individuabili principalmente per i
tratti fonetici e intonativi (ricalcati sul dialetto dell'area), per quelli
sintattici e, infine, per quelli lessicali e morfologici.
Lessico e morfologia, infatti, risentono in misura minore dell'interferenza
dialettale soprattutto perché sono soggetti a una consapevole autocensura da
parte del parlante: chi vuole parlare un italiano standard cerca di
eliminare, per esempio, le forme lessicali e le forme verbali dialettali,
perché a questi livelli si percepisce maggiormente una netta differenza fra
lingua e dialetto.
Ogni varietà regionale è caratterizzata, quindi, da alcuni tratti, ma non
tutti sono presenti nelle produzioni linguistiche della stessa area: il
grado di "regionalità" di una produzione in lingua italiana è legato,
infatti, ad alcuni fattori extralinguistici, al grado di formalità della
situazione comunicativa e al livello di scolarizzazione del parlante.
Le varietà regionali di italiano possono essere classificate in tre gruppi
"maggiori", all'interno dei quali sono presenti altre sottovarietà
importanti:
- settentrionale (piemontese, ligure, lombarda, veneta-friulana,
emiliano-romagnola);
- centrale (toscana, mediana: laziale, umbra, marchigiana);
- meridionale (abruzzese, molisana, campana, pugliese, lucana, calabrese,
siciliana).
L'importanza di una varietà d'italiano è legata al prestigio di cui gode. In
generale, la varietà più accettata sembra oggi quella settentrionale, di
base milanese, perché viene giudicata da alcuni come la più vicina a un
ipotetico italiano standard. Questa considerazione è legata, soprattutto,
all'importanza fondamentale che ha la produzione economica dell'Italia
settentrionale.
La varietà toscana, di base fiorentina, ha perso in parte il suo prestigio
ed è associata all'uso dell'italiano normativo insegnato nelle scuole. Le
sue caratteristiche, soprattutto fonetiche, oggi sono spesso valutate come
dialettali. Le varietà toscana e mediana, comunque, hanno un'importanza
particolare, perché hanno come centri irradiatori Firenze e Roma, due città
fondamentali per la storia linguistica italiana.
La varietà romana ha attraversato un periodo di grande prestigio dagli anni
Venti del secolo scorso fino all'affermazione della TV; poi, dagli anni
Sessanta-Settanta, la forza espansiva dell'italiano di Roma si è attenuata,
perché, fra l'altro, la produzione cinematografica non si è identificata più
solo con Cinecittà e, inoltre, la presenza di personaggi che parlano
l'italiano di Roma in TV è diventata meno rilevante.
La varietà sarda, infine, ha una diffusione limitata, ma è fortemente
caratterizzata sul piano fonetico e morfosintattico e non è facilmente
assimilabile alle varietà meridionali.
L'italiano regionale settentrionale
Bergamo
Alcune caratteristiche fonetiche sono:
- le consonanti doppie tendono a diventare scempie: pacco > /'pako/;
- la s intervocalica è sempre sonora: casa > /'kaza/ (nello standard /'kasa/);
- l'opposizione fra la e chiusa /e/ e la e aperta /ε/ e fra la
ο chiusa /o/
e la ο aperta /ວ/ è realizzata in modo diverso rispetto allo standard; si
verificano, quindi, delle inversioni di pronuncia rispetto all'italiano
normativo: parole con e chiusa, come bicicletta /bi-tʃi'kletta/ ο
perché /per'ke/, sono pronunciate con e aperta /bitʃi'k-letta/, /per'kε/; parole
con e aperta, come bene /'bεne/ ο stupendo /stu'-pεndo/, sono pronunciate
con e chiusa /'bene/, /stu'pendo/;
- non c'è il raddoppiamento fonosintattico: a casa > /a'kaza/ (nello
standard /ak'kasa/).
Alcune caratteristiche morfosintattiche sono:
- l'uso diffuso del passato prossimo al posto del passato remoto;
- l'uso dell'articolo determinativo davano ai nomi di persona: la Giovanna,
il Marco;
- l'uso particolare di costrutti (ricalcati sul dialetto) per rendere la
negazione: non fa mica caldo;
- l'uso dei pronomi personali complemento me, te anche come soggetto (tratto
comune alla varietà toscana): te vai al cinema?
Esempi di parole settentrionali di larga circolazione in Italia sono:
anguria (cocomero), sberla (schiaffo).
Hanno più forte connotazione
regionale vocaboli come:
ghisa (vigile urbano), malmostoso (scontroso, scorbutico), michetta
(panino), ravanare (rovistare), pirla (persona sciocca).
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L'italiano regionale centrale: la varietà toscana
Lucca
In Toscana il repertorio linguistico è sostanzialmente monolingue: il
parlante dispone di una varietà "alta" e di una "bassa" di italiano e quindi
percepisce la parlata della propria zona di origine come una variante locale
della lingua. Nonostante il prestigio letterario, storico e culturale
dell'italiano di base toscana, oggi i suoi tratti caratteristici sono
sentiti come regionali oppure, dato il loro impiego nel passato nelle opere
letterarie, come letterari, aulici ο arcaici.
Alcune caratteristiche fonetiche sono:
- il vocalismo tonico a sette vocali (tratto dell'italiano standard);
- la gorgia, ovvero la pronuncia aspirata delle occlusive sorde
intervocaliche, in particolare della velare /k/: Luca > /'luha/ (nello
standard /'luka/);
- l'aggiunta di una vocale in parole che finiscono in consonante: tram > /'tramme/;
- la pronuncia fricativa delle affricate palatali: bacio > /'ba-ʃo/
(nello standard /'bafʃo/).
Alcune caratteristiche morfosintattiche sono:
- l'uso di tre forme di dimostrativi: questo, codesto, quello.
Codesto indica un oggetto vicino all'ascoltatore ed è scomparso
dall'italiano comune (oltre che in Toscana, sopravvive solo nel linguaggio
burocratico);
- l'uso dei pronomi personali complemento me e te in funzione
di soggetto (tratto comune alla varietà settentrionale): te sei bravo; lo
dici te;
- l'uso della costruzione noi si + il verbo alla terza persona
singolare, invece della prima persona plurale: noi si esce (noi
usciamo); noi si va (noi andiamo);
- l'uso di alcune forme verbali non corrette come il congiuntivo imperfetto
stassi (al posto di stessi) ο il passato remoto dasti
(al posto di desti).
Esempi di parole regionali toscane sono:
balocco (giocattolo), cencio (straccio), grullo (ingenuo), sciocco (poco
salato).
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