S
S-
È un >>>prefisso derivato dal latino ex- che può avere due diversi significati.
• Si usa in combinazione con aggettivi e sostantivi per indicare mancanza, privazione
leale > sleale
fiducia> sfiducia
• Si usa per la formazione di verbi parasintetici a partire da un sostantivo o da un aggettivo, a cui può conferire un significato privativo o intensivo
barrare> sbarrare
confine > sconfinare
bianco > sbiancare.
VEDI ANCHE
a- (prefisso)
SALSICCIA O SALCICCIA?
La forma corretta è salsiccia, perché la parola deriva dal latino salsicia.
La forma salciccia, sconsigliabile, è molto diffusa nell’uso popolare ed è modellata sul sostantivo ciccia
Il fumo della salciccia arrosto formò un tale nuvolone (S. Benni, Il bar sotto il mare).
SALUBERRIMO vedi SALUBRE, SUPERLATIVO DI
SALÙBRE O SÀLUBRE?
La pronuncia corretta è salùbre, con la stessa accentazione >>>piana della parola latina da cui deriva (salùbrem). La pronuncia sàlubre è dovuta a una errata >>>ritrazione dell’accento sul modello degli aggettivi in -bre come celebre, funebre, lugubre ecc.
VEDI ANCHE
accento
SALUBRE, SUPERLATIVO DI
Salubre è uno degli aggettivi che formano il superlativo assoluto aggiungendo il suffisso >>>-errimo anziché -issimo
salubre > saluberrimo
La forma salubrissimo è diffusa solo nel parlato
Tutti lo consumano senza bollitura, è buonissimo, è salubrissimo (www.forum.pianetadonna.it).
USI
Nell’uso comune il valore di superlativo è molto attenuato, tanto che oggi si sentono e si leggono spesso frasi in cui saluberrimo è impropriamente usato per costruire un superlativo relativo o un comparativo
Figurano già inseriti i “più integerrimo, più miserrimo, più celeberrimo, più saluberrimo” («L’Espresso»).
SALUTO, FORMULE DI
Le formule di saluto sono >>>interiezioni secondarie usate all’inizio e alla fine di una conversazione per presentarsi e per congedarsi.
Le diverse formule rispondono a diversi gradi di formalità, a diversi contesti o a diversi momenti della giornata.
• Ciao è la formula più confidenziale, che può essere pronunciata sia in apertura, sia in chiusura di conversazione e in qualunque momento del giorno o della notte.
• Salve è un formula confidenziale, anch’essa valida sia in apertura sia in chiusura di conversazione e in qualunque momento del giorno o della notte. Negli ultimi anni, salve ha conosciuto una notevole estensione nei saluti a estranei, soprattutto da parte delle giovani generazioni; tuttavia è sconsigliabile in contesti che non siano spiccatamente informali.
• Buongiorno e buonasera sono saluti formali che possono essere usati sia in apertura, sia in chiusura di conversazione. Si usano rispettivamente nella prima e nella seconda parte della giornata, ma il confine temporale tra le due forme è molto incerto e cambia a seconda delle regioni d’Italia o semplicemente dell’uso individuale. Meno comune, con lo stesso valore, è buondì (da dì ‘giorno’ >>>di, di’ o dì?), mentre buonanotte è riservato al commiato in tarda serata.
• Arrivederci e arrivederla sono formule usate solo in chiusura di conversazione: la prima è mediamente formale, la seconda molto formale, ed entrambe sono valide in qualunque momento del giorno o della notte. Si possono usare anche a distanza (per telefono o per lettera), cioè anche quando non si vede propriamente la persona che si saluta.
• Nuovamente e di nuovo sono formule che si usano quando si incontra nuovamente qualcuno che si è appena salutato o semplicemente si replica il saluto di commiato.
• Addio si usa come formula di chiusura quando tra i parlanti si prevede un distacco definitivo (ad esempio per una partenza o per un litigio).
USI
Ancora oggi in Toscana si prosegue l’uso di addio con valore tradizionale, vivo fino all’Ottocento in tutta Italia, a indicare un congedo non definitivo, equivalente a un semplice arrivederci
Vo a letto, stanco, addio a domani (www.forumtriumphchepassione.com)
Addio, Carlino; io ti saluto e vado dabasso (I. Nievo, Le confessioni di un italiano)
Esistono le forme ridotte giorno, sera, notte – anche con l’apostrofo iniziale ’giorno, ’sera, ’notte –, usate per indicare un saluto appena accennato
«Giorno» salutò (www.efpfanfic.net).
SAMBA: IL O LA?
Entrambe le forme sono accettabili.
• La forma maschile deriva direttamente dal sostantivo maschile portoghese samba
La Germania balla il samba (www.goal.com)
• Quella femminile, più diffusa nell’italiano contemporaneo, sottintende danza ed è forse favorita dal fatto che il sostantivo termini in -a
Gran finale con la samba davanti al Duomo (www.ilgiornale.it).
VEDI ANCHE
genere dei nomi
SARCOFAGHI O SARCOFAGI?
Entrambe le forme si possono ritenere corrette, anche se il plurale sarcofaghi è quello nettamente più diffuso nell’italiano contemporaneo
Leggende, malfattori e sarcofaghi («La Repubblica»)
La regola generale prevede che i sostantivi con accentazione >>>sdrucciola in -go / -co formino il plurale in -gi / -ci (quindi sarcofago > sarcofagi); i nomi in -òfago ammettono tuttavia, a seconda dei casi, entrambe le forme del plurale e tendono a formare i plurali in -ghi quando indicano oggetti non animati.
VEDI ANCHE
-fago, -logo, plurale dei nomi in
SBANDARE: AVERE O ESSERE?
Il verbo sbandare può essere usato nei tempi composti sia con l’ausiliare >>>essere sia con l’ausiliare avere
L’auto è sbandata di colpo
La moto del nonno ha sbandato a destra
Quando si vuole mettere in rilievo la durata dell’azione, si preferisce l’ausiliare avere
La bicicletta ha sbandato ripetutamente
Naturalmente, in base alle norme della >>>concordanza, quando si usa l’ausiliare essere il participio passato deve essere accordato in genere e numero con il soggetto
All’improvviso l’auto è sbandata fuori strada.
SBARRETTA
La sbarretta (detta anche sbarretta obliqua, barra, barra separatrice) è un segno di >>>punteggiatura usato in alcuni casi particolari:
• per indicare un’alternanza tra due possibilità
I treni per Pavia / Milano subiranno dei ritardi
• nella forma specifica >>>e/o
Sono ammesse le squadre di calcio e/o calcetto
• per separare gruppi di cifre
Decreto legge 103/09
Luigi è nato il 15/03/1973
• per indicare la suddivisione tra i versi di una poesia o di una canzone
È giù, / nel cortile, / la povera / fontana (A. Palazzeschi, La fontana malata).
SCANCELLARE vedi CANCELLARE O SCANCELLARE?
SCAPITO O DISCAPITO?
Sono corrette entrambe le forme, derivate tutte e due dal verbo scapitare ‘subire un grave danno economico o morale’ e ugualmente diffuse nell’italiano contemporaneo.
Entrambe vengono usate soprattutto nella >>>locuzione a scapito di, a discapito di ovvero ‘con danno di, con svantaggio di’
Questo comportamento va a scapito della nostra credibilità
L’urbanizzazione della zona è andata a discapito del patrimonio ambientale
Mentre la forma discapito è oggi usata quasi soltanto in questa locuzione, scapito può essere usata anche da sola
L’intero partito ha ricevuto scapito dalle sue rivelazioni
ne ha avuto scapito tutto il lavoro della Commissione (www.camera.it).
SCATOLA O SCATOLO?
La forma corretta è il femminile scatola (dal latino càstulam).
Il maschile scatolo è una forma regionale ed è dunque da evitare. Invece si usa regolarmente la forma scatolone con il >>>suffisso accrescitivo.
SCE O SCIE? vedi CE O CIE, GE O GIE, SCE O SCIE?
-SCIA, PLURALE DEI NOMI IN vedi -CIA, -GIA, -SCIA, PLURALE DEI NOMI IN
-SCIENZA O -SCENZA?
Dipende dai casi.
• Quando si tratta del suffisso -scenza, che spesso si unisce alle parole per formare un nome >>>astratto, la grafia corretta è quella senza i, perché prima di una e non è necessaria la lettera i per indicare la corretta pronuncia del gruppo sc (che si legge con lo stesso suono di scelta)
conoscenza, adolescenza, riconoscenza, escrescenza, fosforescenza, obsolescenza
• Quando si tratta di parole legate al sostantivo scienza, invece, si conserva la grafia -scienza per il prestigio dell’origine latina (scientiam)
coscienza, fantascienza, neuroscienza, pseudoscienza, prescienza, onniscienza, incoscienza, subcoscienza, autocoscienza.
VEDI ANCHE
ce o cie, ge o gie, sce o scie?
SCISSA, FRASE
La frase scissa (detta anche frase spezzata) è il risultato della divisione di una frase semplice, ed è formata da una proposizione reggente (>>>principali, proposizioni), con il verbo essere in funzione di >>>copula che mette in rilievo il dato nuovo, e da una proposizione subordinata introdotta da che con la funzione di pronome relativo o di congiunzione, per fornire il dato già noto.
Ha la funzione di mettere in maggiore evidenza il dato nuovo
È il Barcellona che vincerà la coppa (= il Barcellona vincerà la coppa)
È nel tuo interesse che ti telefono (= ti telefono nel tuo interesse)
Il verbo essere della reggente concorda con la persona e il numero del soggetto della subordinata
Sono Claudia e Francesca che verranno premiate
Con il pronome personale di 1a e 2a persona la concordanza avviene solo se il pronome ha la funzione di soggetto
Sei tu che avrai ragione
Quando invece il pronome ha la funzione di complemento oggetto, non c’è la concordanza e il verbo è alla terza 3a persona singolare
È me che cercano
La proposizione subordinata può avere la forma implicita solo quando il soggetto è lo stesso della reggente
Sono io ad aver torto stavolta
È Francesco ad aver vinto
Esistono alcune forme particolari di frasi scisse, dette frasi pseudoscisse:
• la reggente è formata dalla sequenza di un pronome e una copula
Chi non lo ha mai abbandonato è stato suo fratello (= suo fratello non lo ha mai abbandonato)
Quello che mi sfugge è come tu riesca a farcela (= mi sfugge come tu riesca a farcela)
• la reggente presenta la sequenza c’è + soggetto
C’è un premio che ti aspetta (= ti aspetta un premio).
SCIVOLARE: AVERE O ESSERE?
Il verbo scivolare può essere usato, nei tempi composti, sia con l’ausiliare >>>essere sia con l’ausiliare avere
Il piatto gli è scivolato addosso
Il campione russo ha scivolato sul ghiaccio con mille piroette
Quando si vuole mettere in rilievo la durata dell’azione, si preferisce l’ausiliare avere
La moto ha scivolato per una ventina di metri (www.motoclub-tingavert.it)
Naturalmente, in base alle norme della >>>concordanza, quando si usa l’ausiliare essere il participio passato deve essere accordato in genere e in numero con il soggetto
Giulia è scivolata sulla classica buccia di banana.
SCLÈROSI O SCLERÒSI? vedi ARTERIOSCLÈROSI O ARTERIOSCLERÒSI?
SCOPO, COMPLEMENTO DI vedi FINE O SCOPO, COMPLEMENTO DI
SCOPRII O SCOPERSI?
Entrambe le forme sono corrette, ma quella di gran lunga più comune è scoprii (e scoprì, scoprirono).
Scopersi (come scoperse e scopersero) è oggi di uso molto più raro e si avvia a diventare una forma antiquata. Lo stesso vale per le forme di >>>passato remoto cosiddette “deboli” presenti nei paradigmi dei verbi aprire, riaprire, coprire, ricoprire, offrire, riscoprire.
STORIA
Nell’edizione definitiva dei Promessi sposi, la cui lingua è esemplata sul parlato fiorentino colto del primo Ottocento, Manzoni corresse i vari aperse, coperse, scoperse, offerse sostituendoli rispettivamente con aprì, coprì, scoprì, offrì.
SCORRAZZARE O SCORAZZARE?
La forma corretta è scorrazzare con due r, come il verbo correre da cui deriva.
La forma scorazzare, con una sola r, è scorretta, anche se si tratta di un errore abbastanza comune e diffuso da tempo, dovuto a una probabile influenza della parola corazza.
SDRUCCIOLA, ACCENTAZIONE
L’accentazione sdrucciola (detta anche proparossitona) si ha quando l’>>>accento cade sulla terz’ultima sillaba della parola
lìrica, àmido, pèntola, lògico
Di solito l’accento grafico è facoltativo, ma è consigliabile usarlo quando esistono parole scritte nello stesso modo, ma pronunciate diversamente (>>>omografi):
>>>àmbito (= sostantivo) o ambìto (= participio passato del verbo ambire)
>>>prìncipi (= plurale di principe) o princìpi (= plurale di principio)
>>>séguito (= sostantivo) o seguìto (= participio passato del verbo seguire).
VEDI ANCHE
piana, accentazione
bisdrucciola, accentazione
trisdrucciola, accentazione
tronca, accentazione
SEBBENE vedi CONCESSIVE, CONGIUNZIONI
SECONDA CONIUGAZIONE
La seconda coniugazione comprende tutti i verbi il cui infinito termina in -ere.
Appartiene a questo gruppo la maggior parte dei verbi della seconda e della terza coniugazione latina.
• I verbi che terminano in -cere e -gere modificano la pronuncia della c e della g davanti a desinenze che cominciano per a o per o
vincere (con c di cena) > vinca (con c di cane)
stringere (con g di gelato) > stringo (con g di gatto)
• Nel verbo cuocere si conserva sempre la stessa pronuncia della c; per rendere questo suono, nella grafia si aggiunge una i >>>diacritica
cuocere> cuocio, che io cuocia
• I verbi in -cere mantengono la stessa pronuncia della c nel participio passato in -uto, aggiungendo una i diacritica
tacere> taciuto
crescere> cresciuto
• I verbi che terminano in -gnere conservano di regola la i delle desinenze – anche se superflua ai fini della pronuncia – nella 1a persona plurale dell’indicativo e del congiuntivo presente, e nella 2a persona plurale del congiuntivo presente
spegnere> spegn-iamo
• È diffusa anche la grafia senza i, che – pur giustificata dal punto di vista della pronuncia – è sconsigliabile, perché altera la forma della desinenza
Intanto spegnamo la luce (www.ilrespiro.eu)
• I verbi che nelle forme accentate sulla >>>radice hanno un dittongo, tendono a perderlo nelle forme accentate sulla desinenza (>>>dittongo mobile)
io mi siedo> noi ci sediamo
lui tiene> voi tenete
• Al passato remoto i verbi della seconda coniugazione possono uscire sia in -ei, -è, -erono, sia in -etti, -ette, -ettero.
- Spesso le due forme convivono e sono entrambe comuni
temei, temè, temerono; temetti, temette, temettero
- Quando il verbo ha una t nella radice la forma più comune è quella in -ei
battere > battei (non *battetti)
sfottere > sfottei (non *sfottetti)
- Nei verbi con la radice che termina per consonante diversa da t è più comune la forma in -etti
credere> credetti (meno comune credei)
dovere> dovetti (meno comune dovei, >>> dovette o dové?)
Per sapere se un verbo ha il passato remoto in -ei o in -etti è necessario consultare il dizionario.
VEDI ANCHE
coniugazioni dei verbi
SECONDARIE, INTERIEZIONI vedi INTERIEZIONI SECONDARIE
SECONDARIE, PROPOSIZIONI vedi SUBORDINATE, PROPOSIZIONI
SECONDO O A SECONDA DI?
Entrambe le forme sono corrette per introdurre un complemento di >>>limitazione, ma sono soggette a restrizioni di significato.
• Con il valore di ‘in base a, in rapporto a’, si può usare sia secondo sia a seconda di
Privilegi attribuiti non secondo il merito (www.ilpost.it)
Paghiamoli a seconda del merito (www.ragionpolitica.it)
• Con il valore di ‘in conformità al modo di vedere di’, si può usare solo secondo
Secondo me pioverà
Secondo Francesco è inutile tentare di nuovo
Scorretta, invece, è la variante popolare a secondo di, che nasce da un’indebita confusione tra le due forme.
SECONDO TERMINE DI PARAGONE vedi PARAGONE, COMPLEMENTO DI
SÉGUITO O SEGUÌTO?
Si tratta di due >>>omografi.
• Séguito, con accentazione >>>sdrucciola può essere:
- la 1a persona singolare del presente indicativo del verbo seguitare
Séguito sulla mia strada
- un sostantivo maschile, derivato dal verbo seguitare, che significa ‘insieme di cose o persone che seguono’
È passato il medico con il suo séguito
• Seguìto, con accentazione >>>piana, invece è il participio passato del verbo seguire
Sono stato seguìto da un’auto sospetta.
VEDI ANCHE
accento
SEMI-
È un >>>prefissoide derivato dal latino semi-, che significa ‘a metà, parzialmente’ o ‘quasi’.
Si trova in parole composte derivate direttamente dal latino (semiacerbo, semicircolo) o formate modernamente da sostantivi e aggettivi
asse > semiasse
serio > semiserio
freddo > semifreddo
Lo stesso valore ha anche il prefissoide emi-, dal greco hèmi-, usato soprattutto nel linguaggio tecnico e scientifico
emiciclo (‘spazio semicircolare’), emiembrione (‘embrione parziale’), emisfero (‘mezza sfera’).
SEMICONSONANTI
Le semiconsonanti sono rappresentate da i e u quando sono atone e sono seguite da un’altra vocale.
Si chiamano così perché hanno una durata più breve di una normale vocale e un suono intermedio tra la vocale e la consonante.
Danno origine ai >>>dittonghi ascendenti: ià (piano), uà (guarda), iè (piede), uè (guerra), iò (piove), uò (tuono), iù (fiume), uì (guida).
SEMIVOCALI
Le semivocali sono rappresentate da i e u quando sono atone e sono precedute da un’altra vocale.
Si chiamano così perché hanno una durata più breve di una normale vocale e un suono intermedio tra la vocale e la consonante.
Danno origine ai >>>dittonghi discendenti: ài (mai), àu (auto), èi (sei), èu (neuro), òi (poi), ùi (fui).
SEMMAI O SE MAI?
Entrambe le grafie sono corrette.
Sia semmai, con >>>univerbazione e >>>raddoppiamento sintattico, sia se mai, con grafia separata, possono essere usate nei due valori della parola:
• con valore di avverbio, con il significato di ‘caso mai, tutt’al più’. In questo caso, però, è molto più comune la grafia univerbata semmai
E non dire alla nostra età. Alla tua, semmai (G. Pontiggia, La grande sera)
Ho deciso che sarai tu a chiedermelo, se mai (F. Sanvitale, Madre e figlia)
• con valore di congiunzione, con il significato di ‘qualora’. Introduce la protasi di un >>>periodo ipotetico, sia con il congiuntivo, sia con l’indicativo. In questo caso è molto più comune la grafia separata se mai
tre cose forse colpirebbero un visitatore d’oggi, se mai una simile visita potesse compiersi (S. Vassalli, La chimera)
Il mondo che ha in testa Mucchetti, se mai è esistito non esiste più («Corriere della Sera»)
Gli sarebbe facile far saltare la candidatura Tronchetti, semmai fosse proposta («La Repubblica»).
VEDI ANCHE
congiuntivo
indicativo
SEMPLICI, CONGIUNZIONI vedi CONGIUNZIONI
SEMPLICI, PREPOSIZIONI vedi PREPOSIZIONI
SEMPRE CHE O SEMPRECHÉ?
Sono corrette entrambe le grafie anche se oggi, per introdurre una proposizione >>>condizionale, la forma separata sempre che è nettamente più diffusa della forma sempreché, con >>>univerbazione e >>>accento grafico
le operazioni diventerebbero complesse sempre che l’affondamento non avesse nel frattempo provocato lo sversamento di gasolio («La Repubblica»)
E sempreché un governo Monti veda la luce, Renzi dovrà farsi spazio a colpi di proposte piuttosto che di proclami («La Repubblica»).
SENNONCHÉ, SENONCHÉ O SE NON CHE?
Sono da considerarsi corrette tutte e tre le grafie: sennonché (con >>>univerbazione e >>>raddoppiamento sintattico), senonché (con univerbazione, ma senza raddoppiamento), se non che (con grafia separata)
Sennonché vi sono le seguenti criticità (www.reteprofessionisti.it)
Senonché in tutto questo non s’è più visto un motivo di condanna (M. Calvesi, Caravaggio)
Se non che, in Italia ormai non importa (www.restodelmondo.blogspot.com).
SE NO O SENNÒ?
Sono corrette entrambe le grafie di questo avverbio, che significa ‘altrimenti, in caso contrario’.
Oggi, la forma separata se no è più diffusa di quella con >>>univerbazione e >>>raddoppiamento sintattico sennò
Sennò, perché l’avrebbe fatta venire? (M. Mazzucco, Vita)
Levati la maglietta, se no te la levo io (D. Maraini, Buio).
SENZ’ALTRO O SENZALTRO?
La grafia corretta è senz’altro, con la >>>preposizione impropria senza soggetta a >>>elisione prima del pronome >>>indefinito altro.
La grafia senzaltro, risultato di una indebita >>>univerbazione, è da considerarsi errata.
SE O SÉ?
Si tratta di due >>>omonimi.
• Se, senza accento (dal latino si), è una congiunzione con valore ipotetico
Se avessi un po’ di pazienza, lo capiresti
Se fossi venuto ieri, mi avresti trovato
• Sé, con l’accento acuto (dal latino se), è il pronome personale riflessivo di terza persona
Pensa solo a sé
Di per sé sarebbe una buona idea.
DUBBI
Una diffusa consuetudine vuole che il pronome personale sé perda l’accento davanti all’aggettivo dimostrativo stesso, perché verrebbe meno la possibilità di confonderlo con la congiunzione se.
Tuttavia, non c’è ragione per cui una medesima forma debba essere scritta in un caso con l’accento e in un altro senza; inoltre, il problema della confusione potrebbe sorgere al plurale (se stessi e se stesse sono sequenze nelle quali se può essere congiunzione, in frasi come: se stessi male, ti chiamerei; se stesse a casa, risponderebbe).
È dunque consigliabile, perché più logica ed economica, la forma sé stesso.
SEPARAZIONE, COMPLEMENTO DI vedi ALLONTANAMENTO O SEPARAZIONE, COMPLEMENTO DI
SEPPURE O SE PURE?
Sono corrette entrambe le grafie di questa congiunzione usata per introdurre una proposizione >>>concessiva o >>>condizionale, anche se oggi la forma seppure con >>>univerbazione e >>>raddoppiamento sintattico è nettamente la più diffusa.
SERÒTINO O SEROTÌNO?
La pronuncia corretta di questo aggettivo che significa ‘relativo alla sera, serale’ è seròtino, con la stessa accentazione >>>sdrucciola della parola latina da cui deriva (seròtinum).
La pronuncia serotìno, diffusa ma sconsigliabile, è dovuta a un avanzamento dell’accento sul modello degli aggettivi in -ino come cristallino, salino, saturnino ecc.
SERVILI, VERBI
I verbi servili (detti anche modali) sono verbi che si combinano con un altro verbo di modo infinito per definire una particolare modalità dell’azione, che può essere:
• la possibilità, con il verbo potere
Finalmente posso sedermi a tavola
• la volontà, con il verbo volere
Vuole andare a Roma
• la necessità, con il verbo dovere o, meno frequentemente, avere da
Dobbiamo stare più attenti
Non ho da rimproverarmi niente.
DUBBI
Di solito l’ausiliare è lo stesso del verbo all’infinito
Ho potuto mangiare molto (= ho mangiato)
Sono dovuto tornare (= sono tornato)
Se però l’infinito è un verbo intransitivo, l’ausiliare può anche essere avere
Era potuto andare / Aveva potuto andare (= ero andato)
Se l’infinito è essere, l’ausiliare è avere
Hai dovuto essere bravo
Se l’infinito è passivo, l’ausiliare è avere
Avete voluto essere segnalati
Con i pronomi >>>personali atoni mi, ti, si, ci, vi l’ausiliare è essere se il pronome atono si trova davanti al verbo
Ci siamo potuti sentire
l’ausiliare è avere, se il pronome atono si trova dopo il verbo
Non abbiamo potuto sentirci
I pronomi personali atoni possono essere collocati sia davanti al verbo servile, sia uniti al verbo infinito
lo posso tenere / posso tenerlo
Però se si tratta di un gruppo pronominale, non può essere separato
glieli posso tenere e non gli posso tenerli o li posso tenergli
Se il verbo servile regge due infiniti, si può collocare il pronome davanti al verbo servile
lo devo poter dire
unito al primo verbo infinito
devo poterlo dire
oppure, meno frequentemente, unito al secondo verbo infinito
devo potere dirlo.
USI
Alcune grammatiche considerano verbi servili anche solere (‘essere solito’), sapere (nel significato di ‘essere capace di’), desiderare, osare
Soleva rispondere di no
So risolvere ogni problema.
VEDI ANCHE
avere o essere?
transitivi e intransitivi, verbi
forma attiva, passiva e riflessiva
SETTIMANA PROSSIMA
Negli ultimi anni, si sta diffondendo sempre di più l’espressione settimana prossima, senza articolo
D’accordo, allora ci sentiamo settimana prossima
Originario del Nord Italia, quest’uso – sconsigliabile nello scritto e nel parlato di una certa formalità – nasce probabilmente sul modello di domenica prossima, giovedì scorso, locuzioni >>>avverbiali di tempo che non richiedono l’uso dell’articolo.
SHOCK O CHOC?
Entrambe le grafie di questo >>>prestito dalla lingua inglese sono accettabili.
• Shock mantiene la grafia originaria inglese, ed è la variante più diffusa in italiano
Invece ci si deve lavorare insieme, e lo shock è grande (S. Veronesi, Caos calmo)
• Choc è fedele alla grafia francese (in cui la parola è giunta dall’inglese)
Ho fatto dire dal medico che ero ancora sotto choc (A. Moravia, Boh)
Nello scritto informale, sono diffuse numerose altre varianti, come scioc, shoc o chock, che però sono sconsigliabili
Servizio scioc sugli emo (www.solobari.it).
USI
Mentre per il sostantivo è possibile mantenere le grafie originarie, per i suoi derivati è consigliabile adottare soltanto la grafia adattata al sistema italiano: scioccare, scioccante, scioccato ecc.
Da scioccante denuncia delle mode a sua volta in una moda non più scioccante (R. Ceserani, Raccontare il postmoderno).
VEDI ANCHE
calco
SIA… SIA O SIA… CHE? vedi CORRELATIVE, CONGIUNZIONI
SICCHÉ O SÌ CHE?
La grafia corretta di questa congiunzione è sicché, con >>>univerbazione e >>>raddoppiamento sintattico
Andò verso le librerie e la vastità delle vetrine lo trattenne un momento sicché poté recuperare per decidere qualcosa (P. Volponi, La strada per Roma)
La grafia separata sì che è da considerarsi di uso antiquato, con un’ampia presenza nella tradizione letteraria dei secoli scorsi
Tu ci hai dotati del funesto istinto della vita sì che il mortale non cada (U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Sì che con grafia separata può corrispondere anche all’unione dell’avverbio sì e della congiunzione che, con il valore di ‘è certo che’
E lì sì che l’ho riconosciuta (S. Veronesi, Caos calmo).
SICCOME O SICCOME CHE?
La forma corretta di questa congiunzione subordinativa >>>causale è siccome
Siccome ho il raffreddore, resto a casa
La forma siccome che, di uso regionale e popolare, ma sconsigliabile nei testi scritti e nel parlato sorvegliato, è modellata su forme come visto che, dato che, considerato che.
SIGLE vedi ACRONIMI
SIGMATICO, PASSATO REMOTO vedi PASSATO REMOTO, INDICATIVO
SILLABA
La sillaba è l’unità fonica minima, autonoma e distinta sotto l’aspetto dell’articolazione e dell’emissione, in cui si possono dividere le parole. La sillaba è formata da un elemento vocalico, che può essere una vocale singola, un >>>dittongo o un >>>trittongo, a cui possono essere associate una o più consonanti, precedenti e/o seguenti.
Le sillabe che terminano in vocale si chiamano aperte o libere
pa-ga-re, a-mo-re, te-ne-ro
quelle che terminano in consonante si chiamano chiuse o implicate
con-trat-to, af-fit-to, per-ples-so
Le parole formate da una sola sillaba si chiamano monosillabi; le parole formate da due o più sillabe si chiamano polisillabi; a loro volta i polisillabi si dividono in bisillabi (parole di due sillabe), trisillabi (parole di tre sillabe) e quadrisillabi (parole di quattro sillabe).
SILLABE, DIVISIONE IN
La divisione in sillabe (detta anche sillabazione) segue diverse regole:
• una vocale iniziale seguita da consonante semplice forma una sillaba
U-di-ne, a-mi-do
• le vocali che formano >>>iato vanno divise, mentre i >>>dittonghi e i >>>trit-tonghi formano un’unica sillaba
mi-a, le-o-ne, ma pia-nu-ra, a-iuo-la
• una consonante semplice forma una sillaba con la vocale che segue (anche x, che foneticamente è consonante doppia, è considerata semplice)
di-to, te-xa-no
• le consonanti finali apostrofate fanno sillaba con la parola seguente
nes-su-n’a-mi-ca, sul-l’al-be-ro
• i gruppi solo grafici (formati con i segni >>>diacritici) costituiscono una sillaba con la vocale che segue
chia-ro, lu-glio, schia-vo
• i gruppi consonantici b, c, d, f, g, p, t, v + l / r formano una sillaba con la vocale che segue
bru-ma, clo-ro, pru-gna
• i gruppi formati da s seguita da una o più consonanti formano una sillaba con la vocale che segue
sto-ri-co, stra-da, mo-struo-so
• i gruppi di due consonanti uguali (e il gruppo cq) si dividono
col-lo, bloc-co, ac-qua-ti-co
• i gruppi formati da due altre consonanti qualsiasi si dividono, secondo la norma che un gruppo non usato all’inizio di una parola del linguaggio corrente va diviso
stan-co, er-ba, al-to
• nei gruppi di tre o più consonanti, di solito la prima consonante appartiene alla sillaba precedente, le altre alla sillaba seguente
sor-pre-sa, ol-tran-zi-sta, sop-pres-sa-ta
se, però, l’unione della seconda e terza (a volte anche quarta) consonante, crea un nesso inesistente, allora la divisione cade tra seconda e terza consonante
feld-spa-to, tung-ste-no
Le parole composte seguono le regole valide per le parole semplici
tran-sa-tlan-ti-co, su-pe-rat-ti-co
tuttavia, si può avere una sillabazione etimologica soprattutto nei composti con dis-, sub-, trans-, iper-, post-, super- la divisione può avvenire tra il prefisso e la base (laddove il prefisso sia nettamente avvertito)
trans-a-tlan-ti-co, su-per-at-ti-co, dis-u-gua-le.
USI
Per ragioni espressive la divisione può essere evidenziata graficamente nel testo anche quando non ci si trova in fine di rigo
«Hai-ca-pi-to?». Silenzio. Dopo qualche secondo aveva esclamato: «Ah! Ho capito» (G. Marconi, Io non scordo)
Quando c’è un apostrofo in fine di rigo, sono permesse diverse soluzioni
del-l’a- // more-re, dell’ // a-mo-re, del- // l’a-mo-re
da evitare invece la soluzione dello // amore con la reintegrazione della vocale elisa che darebbe vita a una sequenza (dello + parola che comincia per vocale) oggi inaccettabile.
SIMBOLI
I simboli sono segni convenzionali usati per indicare in modo sintetico e visivo un oggetto, un concetto, una funzione, un’idea; tra i più diffusi nell’italiano contemporaneo c’è il simbolo >>>@ (detto anche a commerciale o chiocciola), usata nelle nuove scritture informatiche.
Altri simboli sono legati a usi più specifici e tecnici; tra i più comuni si possono citare:
• €, che indica l’euro
Questo libro costa 15 €
• ©, che indica il copyright (il diritto d’autore) di un prodotto
© Mario Rossi
• ®, che indica un marchio registrato e si pone in apice; l’equivalente internazionale è ™ (trade mark)
Coca Cola®
• $, che indica il dollaro statunitense, ma anche altre valute internazionali
Vale 40 $.
USI
Nell’ambito delle nuove scritture informatiche (e-mail, SMS, chat, blog e social network), sono molto diffusi i cosiddetti emoticon (dall’inglese emotion ‘emozione’ e icon ‘icona’), simboli ottenuti soprattutto con i segni di >>>punteggiatura che riproducono in maniera stilizzata le espressioni facciali e servono a comunicare sinteticamente uno stato d’animo
Oggi sono proprio felice :-)
Che tristezza… :-(
Ehi, come butta?!? ;-)
Frequentissimi nelle scritture telematiche, sono assolutamente da evitare in qualsiasi altro tipo di testo.
VEDI ANCHE
simboli matematici
SIMBOLI MATEMATICI
I simboli matematici più comunemente usati nell’italiano scritto sono, oltre alle cifre numeriche, quelli delle principali operazioni aritmetiche: – (meno), + (più), x (per), ÷ (diviso), = (uguale), % (simbolo della percentuale).
Si usano soltanto in contesti tecnici e scientifici
Risolviamo l’equazione 2b(3x – 1) + x = 4bx – 3(a – 2x) (A. Caputi, R. Manni, S. Spirito, Algebra e geometria)
In tutti gli altri casi si usa la parola corrispondente.
Solo per le percentuali sono possibili tre alternative
il 70% / il 70 percento / il 70 per cento.
USI
I simboli matematici sono molto diffusi come >>>abbreviazioni, tradizionalmente negli appunti e in altri tipi di scrittura privata o confidenziale; oggi sono comuni nelle nuove scritture informatiche (e-mail, SMS, chat, blog e social network), ma sono decisamente sconsigliabili in qualsiasi altro tipo di testo
Arriverò + o – verso le 11
xché non t fai sentire?
SINGOLARE, NOMI PRIVI DEL vedi DIFETTIVI, NOMI
-SIONE O -ZIONE?
I nomi che derivano da parole latine in -sionem terminano in -sione
astensione (dal latino abstensionem)
estensione (dal latino extensionem)
collusione (dal latino collusionem)
Quelli che derivano da parole latine in -tionem finiscono in -zione
contrazione (dal latino contractionem)
intuizione (dal latino intuitionem)
invenzione (dal latino inventionem)
L’unico modo per essere certi della forma corretta di una di queste parole è controllare su un dizionario. Un primo orientamento può venire però da una sorta di regola empirica:
• si ha di solito la forma in -zione quando il sostantivo ha un participio, un aggettivo o un altro nome corrispondenti in t
ammirazione (ammirato), correzione (corretto), elezione (eletto), menzione (mente)
• si ha invece la foma in -sione, quando il sostantivo ha un participio, un aggettivo o un altro nome corrispondenti in s
confusione (confuso), immersione (immerso), fusione (fuso), illusione (illuso)
Non seguono, però, questa regola astensione, contorsione, estorsione e tutti i nomi derivati dal verbo torcere.
VEDI ANCHE
z o zz?
SI O SÌ?
Si tratta di due >>>omonimi.
• Si, senza accento (dal latino se), è il pronome riflessivo atono di 3a persona
Si è messo in malattia
• Sì, con l’accento grave (dal latino sic), è l’avverbio di affermazione
Hai risposto di sì.
SODDISFARE vedi DISFARE, SODDISFARE
SOGGETTIVE, PROPOSIZIONI
Nell’analisi del periodo, le proposizioni soggettive sono proposizioni subordinate >>>completive che svolgono, per così dire, la funzione di soggetto della proposizione reggente (>>>principali, proposizioni).
Le proposizioni soggettive si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.
• In forma esplicita sono introdotte dalla congiunzione che, e hanno il verbo all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale
Risulta che Marco è arrivato primo
Sembra che sia tutto a posto
Si sapeva che sarebbe andata così
• In forma implicita, invece, presentano il verbo all’infinito e possono essere introdotte dalla preposizione di oppure non essere precedute da nessuna preposizione
Succede di star male
Bisogna aiutarsi tra fratelli.
USI
Come nelle proposizioni >>>oggettive, l’uso dell’indicativo e del congiuntivo non rispecchia solo una contrapposizione tra oggettività e soggettività, tra certezza e mera opinione personale
Si dice che è inglese (= è un fatto certo)
Si dice che sia inglese (= non è un fatto certo, è un’opinione)
ma anche una tendenza a un uso più popolare e parlato rispetto a un uso più formale e letterario
Si dice che è puro moralismo (www.forumalfemminile.com)
In ogni caso, si costruiscono con il congiuntivo soprattutto i verbi che indicano un’apparenza (sembrare, parere, apparire ecc.), una necessità, un bisogno (bisognare, occorrere ecc.), uno stato d’animo (piacere, dispiacere, stupire ecc.)
Sembra che il sole sia più luminoso del solito
Occorreva che tu facessi attenzione
Mi dispiace che Giuseppe non sia venuto
Si costruiscono di solito con l’indicativo i verbi che indicano un fatto certo, una constatazione (risultare, constare ecc.), le espressioni impersonali si sa, si dice, si vede ecc., le costruzioni con il verbo essere + aggettivo o sostantivo
Ci risulta che è assente
Si vedeva che stava male
È chiaro che questa squadra vincerà lo scudetto
In un registro più vicino al parlato, con il verbo al congiuntivo o al condizionale, si può omettere la congiunzione che
Risulta stia meglio
Si pensava sareste arrivati subito.
SOGGETTO
Nell’analisi logica, il soggetto (dal latino subiectum ‘che sta sotto, che è alla base’) è l’elemento della frase a cui si riferisce il predicato, con il quale concorda nel numero, nella persona e nel genere. Può indicare:
• la persona o la cosa che compie l’azione nelle frasi con verbo attivo
Renzo ama Lucia
Il martello colpì il chiodo
• la persona o la cosa che subisce l’azione nelle frasi con verbo passivo o riflessivo
Luca si fa la barba
La casa è stata arredata molto bene da Anna
• la persona o la cosa a cui è riferita una qualità, una condizione nelle frasi con predicato nominale
I tuoi colleghi sono molto gentili
Quell’auto è elettrica
Qualsiasi categoria grammaticale può svolgere la funzione di soggetto; quelle più usate sono il nome e il pronome
Chiara si sveglia presto
Lui lava sempre i piatti
ma anche l’aggettivo sostantivato, l’infinito sostantivato e la proposizione >>> soggettiva
Il bello regnava nel Rinascimento
Scrivere è la mia attività preferita
È giusto che studi
Perfino l’articolo, la preposizione, la congiunzione, l’avverbio e l’interiezione possono fare da soggetto, in frasi in cui si parla della loro funzione grammaticale (allora per maggiore chiarezza vengono messi tra virgolette o in corsivo)
«La» è l’articolo femminile
«Per» è usato nel complemento di mezzo
E si può usare anche a inizio di frase
Troppo è un avverbio molto diffuso
Oh può esprimere sorpresa
Il soggetto grammaticale è il soggetto della frase dal punto di vista della grammatica e dell’analisi logica
Maradona calciò il pallone (Maradona = soggetto; calciò = predicato verbale; il pallone = complemento oggetto)
Il soggetto logico è invece il soggetto che di fatto compie l’azione (e può anche non coincidere con il soggetto grammaticale)
Giulio ama la musica (= il soggetto grammaticale e il soggetto logico coincidono: Giulio)
a Giulio piace la musica (= il soggetto logico è Giulio, quello grammaticale è la musica)
Il soggetto può essere sottinteso in diversi casi:
• quando è un pronome personale
Resto a casa
Andate a riposarvi
• quando emerge dal contesto complessivo
Luca era felice. Il sole stava per tramontare sulla città e chiamò un taxi
• in una sequenza di proposizioni con lo stesso soggetto
Carlo si presentò in orario, controllò la situazione, telefonò a Luigi e infine prese la decisione.
USI
Di solito il soggetto si trova prima del verbo, ma in alcuni casi può anche essere messo dopo:
• per evidenziare il soggetto
È stato Carlo
• nelle frasi ottative e volitive
Ti sia leggera la terra
• nelle frasi esclamative
Com’è bello Brad Pitt!
• nella frasi interrogative, soprattutto dirette
Ti è piaciuto il regalo?
• dopo la fine della battuta del discorso diretto
«Fa’ attenzione» diceva spesso mio padre.
STORIA
Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi era molto frequente posporre il soggetto al verbo
Movesi il vecchierel canuto e bianco (F. Petrarca, Canzoniere).
VEDI ANCHE
forma attiva, passiva e riflessiva
predicato nominale
predicato verbale
SOGNIAMO O SOGNAMO? vedi -GNARE, VERBI IN
SOLERE vedi DIFETTIVI, VERBI
SOPRA O SOPRA A?
Quando l’avverbio sopra è usato in funzione preposizionale, è preferibile usare la forma sopra senza la preposizione a
Sopra il tavolo c’è un vassoio
Il cielo sopra Berlino
La forma sopra a non è da considerarsi scorretta, ma piuttosto colloquiale e informale
Sopra al mio tavolo della cucina (www.facebook.com)
Prima di un pronome >>>personale tonico, si preferisce usare la forma sopra di
E godersi il cielo sopra di noi (P. Turci, Il cielo sopra di noi).
VEDI ANCHE
preposizioni
SOPRA-, SOVRA-
È un >>>prefisso derivato dal latino supra e indica superiorità, eccesso, ma anche – in senso proprio – una ‘posizione superiore, in alto’.
Si trova in parole composte derivate dal latino (sopravvivere, sovrabbondanza) o formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi
popolamento> sovrappopolamento
naturale> soprannaturale
eccitare> sovreccitare
Il prefisso può conferire valore di superlativo all’aggettivo a cui si combina
fino> sopraffino (= molto fino).
USI
Di norma dopo sopra- e sovra- si ha il >>>raddoppiamento sintattico della consonante con cui inizia la parola seguente
sovra + porre> sovrapporre
sopra + naturale> soprannaturale
sopra + tutto> soprattutto
Questa regola, che è pressoché assoluta per le parole più diffuse e più antiche, non è sempre seguita per composti moderni e per molti termini tecnici
sopracomposto, sopracornice, soprarenale, sovratensione
A volte sono accettate entrambe le grafie
sopralluogo / sopraluogo
soprattassa / sopratassa
sopravvalutare / sopravalutare
Davanti a una parola che comincia con vocale, si ha spesso l’elisione della -a finale di sopra- o sovra-
sovreccitare, sovrumano
Tuttavia, per alcuni composti sono adoperate anche le forme intere
sopraelevare, sovraesposto
Quanto all’uso dell’una o dell’altra delle due varianti sopra- e sovra-, non esiste una norma assoluta, tranne quella basata sull’uso, verificabile attraverso la consultazione del vocabolario. Ci sono parole in cui oggi è obbligatorio l’uso di sopra-
soprammobile, soprannome, soprattutto
e altre in cui oggi è obbligatorio l’uso di sovra-
sovrumano, sovrapporre, sovrabbondanza
Ciò non toglie che in passato fossero diffuse forme come soprumano, soprapporre, soprabbondanza, oggi sentite come irrimediabilmente antiquate.
In altri casi, invece, sono possibili entrambe le forme, magari con una preferenza determinata dall’uso
sovraccarico (più frequente) / sopraccarico (meno frequente)
sovrastare (più frequente) / soprastare (meno frequente)
soprannaturale (più frequente) / sovrannaturale (meno frequente)
Infine in altri casi sono accettate più forme
soprintendere / sopraintendere / sovrintendere / sovraintendere.
SOPRATTUTTO O SOPRATUTTO?
La forma corretta è soprattutto, con il >>>raddoppiamento sintattico, come previsto dalla norma generale.
La forma sopratutto, abbastanza diffusa, è da considerarsi scorretta, ed è dovuta all’influenza di forme come dopotutto, oltretutto ecc.
SOSTANTIVATI, AGGETTIVI
Gli aggettivi sostantivati (detti anche nominalizzati) sono aggettivi che assumono la funzione di nome.
Sono preceduti dall’articolo >>>determinativo o >>>indeterminativo, o da un altro elemento come un aggettivo >>>numerale, >>>dimostrativo, >>>indefinito
Il buono, il brutto, il cattivo
Un ricco va a Montecarlo
Questi giovani sono incorreggibili
Certi studiosi sono antipatici
L’aggettivo sostantivato maschile può sostituire un nome astratto
il giusto (= ciò che è giusto, la giustizia)
il buono (= ciò che è buono, la bontà)
il bello (= ciò che è bello, la bellezza)
In molti casi l’aggettivo sostantivato si ottiene con l’omissione del nome
la destra (= la mano destra)
il sinistro (= il piede sinistro)
il Neolitico (= il periodo neolitico)
il Pavese (= il territorio pavese)
una retta (= una linea retta)
la mobile (= la squadra mobile)
Naturalmente si può combinare con un aggettivo qualificativo, che segue o precede
Quel simpatico povero sta all’angolo della via
Un ricco generoso non è così frequente.
STORIA
In numerosi casi il valore originario di aggettivo si è perso con l’uso e non viene più avvertito
il giornale (= il foglio giornale, cioè ‘quotidiano’)
la capitale (= la città capitale, cioè ‘più importante’)
il mobile (= l’arredo mobile, cioè ‘che può essere spostato’)
il sonnifero (= il medicinale sonnifero, cioè ‘che aiuta a prendere sonno’).
SOSTANTIVATO, INFINITO vedi INFINITO
SOSTANTIVI vedi NOMI
SOTTO-
È un >>>prefisso derivato dal latino subtus. Indica una posizione inferiore, in senso sia proprio, sia figurato.
Si trova in parole >>>composte formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi
suolo > sottosuolo
cutaneo > sottocutaneo
mettere > sottomettere
La vocale finale -o del prefisso può cadere davanti alla vocale iniziale del secondo elemento
aceto > sottaceto
intendere> sottintendere
oppure si può conservare
ascella > sottoascella
alimentare > sottoalimentare.
SOTTO O SOTTO A?
Sono corrette entrambe le forme
Il gatto si era nascosto sotto il tavolo
La valigia è sotto al letto
Prima di un pronome >>>personale tonico, la sequenza preferibile è sotto di
Con la terra sotto di me / l’aereo sembra fermo (Nek, Con la terra sotto di me).
SOTTO TERRA O SOTTOTERRA?
Sono corrette entrambe le grafie, sia quella separata sotto terra sia quella con >>>univerbazione sottoterra
Vecchie leggende che tornavano con la tenebrosa insistenza di ciò che sta sottoterra (S. Nievo, Le isole del paradiso)
faceva un fracasso strano, come un tuono ma sotto terra (P. Levi, La chiave a stella)
Come in altre espressioni simili (sotto voce / sottovoce, sotto vuoto / sottovuoto e così via), la grafia è dovuta alla diversa funzione grammaticale di sotto: preposizione in sotto terra (che è un complemento di stato in luogo); prefisso in sottoterra (che è un avverbio).
SPECIE O SPECI?
Il plurale del sostantivo femminile specie è specie, perché si tratta di un nome invariabile (>>>invariabili, nomi e aggettivi) proveniente dal latino speciem (al plurale species)
L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci (www.wwf.it)
Vi sono molte specie di narcisismi (P. Citati, Tolstoj)
La forma speci, scorretta, è formata sul modello dei nomi femminili in -e (la tigre > le tigri) ed è molto frequente nell’uso
è possibile visitare il parco naturale Ucka che è costituito da molte speci animali e vegetali protette (www.adria24.it).
VEDI ANCHE
genere dei nomi
SPECIFICAZIONE, COMPLEMENTO DI
Nell’analisi logica, il complemento di specificazione indica una persona, un oggetto o un fatto che servono a specificare, precisare meglio il significato della parola da cui dipende. Può istituire numerosi tipi di rapporti: i più comuni sono quello attributivo (la luce del giorno), di possesso (la casa di Franco), di parentela (la madre di Giulio), di pertinenza (questo è compito della polizia) ecc. È introdotto dalla preposizione di
Il computer di Luigi non funziona più
Il frutto della mela è sano
Il complemento di specificazione può avere una funzione soggettiva, quando indica il >>>soggetto logico della frase
L’amore di Carlo è eccezionale (= Carlo ama)
oppure una funzione oggettiva, quando indica l’oggetto che subisce l’azione
Lo facciamo per paura di Carlo (= noi temiamo Carlo).
VEDI ANCHE
genere dei nomi
SPEGNERE O SPENGERE?
Entrambe le forme, derivanti dal latino expingere, sono corrette.
Tuttavia, spegnere è ampiamente diffusa in tutta Italia, mentre spengere è usata soltanto in Toscana.
È significativo che anche uno scrittore molto attento al modello toscano come Alessandro Manzoni abbia preferito la forma spegnere
Non che spegnesse nell’animo quella molesta pietà (A. Manzoni, I promessi sposi).
SPEZZATA, FRASE vedi SCISSA, FRASE
SPREGIATIVI, SUFFISSI vedi PEGGIORATIVI, SUFFISSI
STA, STA’ O STÀ?
Sta e sta’ sono >>>omonimi.
• Sta, senza apostrofo né accento, è la 3a persona dell’indicativo presente del verbo stare
Carlo sta proprio bene
• In qualche caso sta può essere anche la forma ridotta dell’aggettivo >>>dimostrativo questa (scritta molto più spesso con l’apostrofo iniziale: ’sta)
Sta squadra non mi convince…
• Sta’, con l’apostrofo finale, è la 2a persona dell’imperativo del verbo stare (>>>troncamento di stai)
Sta’ più attento!
Invece la grafia stà, con l’accento, che talvolta si incontra sia per l’indicativo, sia per l’imperativo, è in entrambi i casi una grafia errata (come fà o dò): non c’è bisogno dell’accento, perché non c’è possibilità di confonderla con nessun’altra forma.
Uno -stà accentato si usa soltanto come desinenza in alcuni composti di stare, secondo la regola per cui l’accento grafico è obbligatorio nelle parole composte accentate sull’ultima sillaba, anche se l’ultima parola – da sola – andrebbe scritta senza accento
ristà (voce del verbo ristare), sottostà (voce del verbo sottostare).
USI
Per la 2a persona dell’imperativo è possibile usare, accanto alla forma sta’, anche la forma piena stai
Stai attento, Luccio! (M. Soldati, La busta arancione).
STORIA
Come nel caso di da’, fa’ e va’, l’imperativo sta’ con l’apostrofo ha sostituito la forma sta (dal latino classico sta) in uso ancora nel secolo scorso. Inizialmente, si è usata la forma dell’indicativo stai; poi, secondo la tendenza toscana a ridurre il >>>dittongo ai, si è giunti a sta’.
VEDI ANCHE
accento
apostrofo
do o dò?
fa, fa’ o fà?
STATO IN LUOGO, COMPLEMENTO DI
Nell’analisi logica, il complemento di stato in luogo indica il luogo in cui avviene un’azione, accade un fatto, o si trova una persona o un oggetto.
Di solito è introdotto da verbi che indicano quiete e permanenza (essere, trovarsi, rimanere, restare) e dalle preposizioni in, a, da, su, per, tra, sopra, sotto, fuori, dentro e dalle locuzioni preposizionali nei dintorni di, nei pressi di, vicino a, accanto a e così via
Mi trovavo a Roma
Restiamo in camera
L’appuntamento è da Cesare.
VEDI ANCHE
luogo, complemento di
STIMA, COMPLEMENTO DI vedi PREZZO O STIMA, COMPLEMENTO DI
STRA-
È un >>>prefisso derivato dal latino extra. Indica perlopiù una condizione eccezionale, ma anche una posizione esterna.
Si trova in parole composte derivate dal latino (straordinario, stravagante) o formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi
vizio > stravizio
ricco > straricco
fare > strafare.
USI
Nell’uso parlato e informale, il prefisso conferisce valore di superlativo all’aggettivo a cui si combina
Stramitico Catania (www.frasidamore.net)
Spesso nell’uso comune il valore di superlativo è molto attenuato, tanto che oggi si sentono e si leggono spesso frasi in cui il composto con stra- è impropriamente usato per costruire un superlativo relativo o un comparativo
Setter strabellissimo cerca casa a Trento (www.annunci.ebay.it).
VEDI ANCHE
grado degli aggettivi
STRANIERI, NOMI vedi PRESTITI
STRATEGO O STRATEGA?
Entrambe le forme sono corrette, ma rispondono a diverse sfumature di significato.
• Stratego, sostantivo maschile derivato dal latino strategum (a sua volta dal greco strategòs), è un termine storico usato per indicare un comandante militare dell’antica Grecia o un funzionario imperiale bizantino.
Anche Callia, lo stratego ucciso in combattimento a Potidea, aveva appreso la dialettica alla scuola di Zenone di Elea (M. A. Levi, Pericle e la democrazia ateniese)
• Stratega, sostantivo maschile derivato dal latino strategum (a sua volta dal greco strategòs) e terminante in -a per influenza di parole di origine greca come atleta, esegeta, maratoneta, indica un esperto di strategia militare o, per estensione, chi è abile nel trovare soluzioni astute
A dispetto di quanto si crede, [il polpo] ha un’intelligenza sopraffina, è attento, si muove con cautela, è un vero stratega (www.ischiacity.it).
STRUMENTO, COMPLEMENTO DI vedi MEZZO O STRUMENTO, COMPLEMENTO DI
SU
La preposizione semplice su può presentarsi in diverse forme.
Quando si trova prima di un articolo determinativo, si fonde con l’articolo, dando origine alle preposizioni articolate sul, sullo, sulla, sui, sugli, sulle
La preposizione su può svolgere diverse funzioni:
• collegare due elementi della stessa frase, introducendo diversi tipi di complementi indiretti
Il libro si trova sul tavolo (= complemento di >>>stato in luogo)
Si lanciò sull’albero (= complemento di >>>moto a luogo)
Passò sul confine (= complemento di >>>moto per luogo)
Torte fatte su ordinazione (= complemento di >>>modo o maniera)
La lezione sarà sui numeri primi (= complemento di >>>argomento)
Uno su mille ce la fa (= complemento >>>distributivo)
Arrivò sul tardi (= complemento di >>>tempo determinato)
Ci impiegherò sui tre giorni (= complemento di >>>tempo continuato)
Un pranzo sui 30 euro (= complemento di >>>prezzo o stima)
Peserò sui settanta chili (= complemento di >>>peso o misura)
Un attore sulla quarantina (= complemento di >>>età)
• collegare due frasi distinte, introducendo delle proposizioni implicite
Domani arriverà sul far della sera (= proposizione >>>temporale implicita).
DUBBI
La grafia sù con accento, anche se abbastanza diffusa, è scorretta e ingiustificata, perché non c’è possibilità di confusione con >>>omografi.
La grafia nasce probabilmente dall’influsso dell’avverbio giù, che invece si scrive correttamente con l’accento.
SUB-
È un >>>prefisso derivato dal latino sub, che indica una posizione inferiore, sia in senso proprio, sia figurato.
Si trova in parole composte derivate dal latino (subentrare, subordinare, subalterno) o formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi
strato> substrato
acqueo > subacqueo
delegare > subdelegare.
SUBORDINATE, PROPOSIZIONI
Le proposizioni subordinate (dette anche secondarie) sono frasi dipendenti logicamente e grammaticalmente da un’altra, che può essere autonoma (ed è chiamata allora proposizione >>>principale) o a sua volta subordinata (ed è chiamata allora proposizione reggente o sovraordinata).
Questo rapporto di dipendenza può essere introdotto:
• tramite >>>congiunzioni subordinative e preposizioni di vario genere
Se pioverà, sarò molto contento per l’orto
La sonda volò sulla zona per studiare la situazione
• tramite pronomi e avverbi subordinanti di vario tipo
Si chiese cosa stesse facendo
Sto così bene da voler nuotare un po’
Questa dipendenza può essere espressa in due modi:
• in forma esplicita con un verbo di modo finito all’indicativo, congiuntivo o condizionale
So che ha ragione
Se fossi a casa, saresti meglio
Speravamo che sareste venuti
• in forma implicita con un verbo di modo indefinito all’infinito, participio o gerundio
Pensava di studiare
Giunto al sicuro, telefonò
Proseguì facendo finta di niente
A seconda della funzione, le proposizioni subordinate sono di vari modi:
SUBORDINATIVE, CONGIUNZIONI vedi CONGIUNZIONI
SUBORDINAZIONE vedi IPOTASSI
SUCCEDUTO O SUCCESSO?
Entrambe le forme sono corrette per il >>>participio passato del verbo succedere.
• Succeduto, forma debole del participio in -uto, è usato di solito con il significato di ‘subentrato’
Gli è succeduto sul trono il figlio
• Successo, forma forte del participio, è usato di solito con il significato di ‘accaduto’
Cos’era successo di tanto grave?
ma può essere usato, più raramente, anche con il significato di ‘subentrato’
Il procuratore imperiale era successo al re tribale dei Taurisci (S. Mazzarino, L’impero romano)
Sancho II il Forte era successo al padre Ferdinando I sul trono di Castiglia (it.wikipedia.org).
SUCCUBO O SUCCUBE?
Entrambe le forme sono accettabili e possono essere usate con il valore originario di ‘spirito demoniaco’, oggi raro, o con quello più comune di aggettivo indicante ‘che è sottomesso al volere di un altro’ (o sostantivo indicante ‘persona sottomessa, schiavo’).
• Succubo risulta più vicino all’etimo latino (il femminile sùccubam ‘concubina’) ma oggi è meno diffuso e può essere percepito come letterario e formale
Ero il suo succubo, il suo esecutore (A. Moravia, Io e lui)
• Succube è modellato sul francese succube, ed è la forma nettamente più diffusa nell’italiano contemporaneo
Ne è sempre stato succube (S. Veronesi, Caos calmo).
SUFFICIENTE O SUFFICENTE?
La grafia corretta è sufficiente, con la i.
La i, che non si pronuncia, in questo caso non ha neanche la funzione di indicare la corretta pronuncia di c (che davanti a e si leggerebbe comunque con lo stesso suono di cena): la sua conservazione si deve solo al prestigio del modello latino (sufficientem).
VEDI ANCHE
ce o cie, ge o gie, sce o scie?
SUFFISSI
I suffissi sono elementi che si combinano alla base delle parole per crearne di nuove. La suffissazione è una delle principali risorse per l’arricchimento del lessico, ed è operante a partire da diverse basi. Si possono avere:
• sostantivi derivanti da sostantivi, aggettivi, avverbi e verbi, attraverso suffissi detti nominali denominali (-aio, -iato, -ista), nominali deaggettivali (-izia, -ezza) e deavverbiali (-ismo), nominali deverbali (-aggio, -mento, -enza, -azione)
birra > birraio
scienza > scienziato
opinione > opinionista
duro> durezza
pressappoco > pressappochismo
fissare > fissaggio
cambiare > cambiamento
conoscere > conoscenza
• aggettivi derivanti da sostantivi e verbi attraverso suffissi detti aggettivali denominali (-are, -esco, -oso, -ale), aggettivali deverbali (-evole, -ibile, -abile)
luna> lunare
Boccaccio > boccaccesco
noia> noioso
lodare> lodevole
udire > udibile
lavorare > lavorabile
• verbi derivanti da sostantivi, aggettivi e avverbi attraverso suffissi detti verbali denominali (-ificare, -izzare), verbali deaggettivali (-eggiare), verbali deavverbiali (-eggiare)
persona > personificare
réclame > reclamizzare
rosso > rosseggiare
indietro > indietreggiare
• avverbi derivanti da sostantivi e aggettivi attraverso suffissi detti avverbiali (-mente, -oni)
chimica > chimicamente
folle > follemente
gatto > gattoni
Inoltre, i suffissi concorrono nella formazione di verbi parasintetici a partire da un sostantivo o da un aggettivo
occhio > adocchiare
bianco > sbiancare
I suffissi sono usati anche in un particolare tipo di derivazione di nomi, aggettivi e verbi: la creazione di parole alterate.
VEDI ANCHE
alterazione
causativi, suffissi
derivate, parole
diminutivi, suffissi
peggiorativi, suffissi
vezzeggiativi, suffissi
SUFFISSI ALTERATIVI DEI VERBI
Nella formazione di parole alterate, i suffissi alterativi dei verbi sono suffissi specifici, diversi da quelli che si usano per l’alterazione dei nomi e degli aggettivi, che modificano il significato fondamentale di un verbo, conferendo una serie di sfumature.
• I suffissi -ettare, -ottare indicano attenuazione
fischiare > fischiettare
parlare > parlottare
• I suffissi -icchiare, -acchiare, -ucchiare indicano intermittenza, mancanza di continuità o intensità, con possibili sfumature negative
cantare > canticchiare
vivere > vivacchiare
leggere > leggiucchiare
• I suffissi -ellare, -erellare, -arellare indicano intermittenza, mancanza di continuità o intensità
giocare> giocherellare
saltare > saltellare, saltarellare.
VEDI ANCHE
alterazione
verbi alterati
SUFFISSI ZERO, DERIVATI A
I derivati a suffisso zero (detti anche a derivazione immediata) sono parole >>>derivate formate senza il ricorso ad alcun suffisso; si tratta soprattutto di nomi astratti che derivano da un verbo
abbandonare > abbandono
rettificare > rettifica
scorporare> scorporo.
SUFFISSOIDI
I suffissoidi sono il secondo elemento di parole >>>composte. Si tratta di elementi di provenienza greca e latina, che in origine erano delle parole autonome. Tra i più usati ci sono:
SUPER-
È un >>>prefisso derivato dal latino super e indica una condizione di superiorità, eccezionalità, eccesso. Si trova in parole composte derivate dal latino (superficie, superfluo) o formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi
eroe > supereroe
sonico > supersonico
valutare > supervalutare.
USI
Nell’uso parlato e informale, il prefisso conferisce valore di superlativo all’aggettivo a cui si combina
Le tifose e il bomber superbello («Corriere della Sera»)
Spesso nell’uso comune il valore di superlativo è molto attenuato, tanto che oggi si sentono e si leggono spesso frasi in cui il composto con super- è impropriamente usato per costruire un superlativo relativo o un comparativo
Lo trovate anche voi superbellissimo (www.it.answers.yahoo.com)
Nello scritto, tra super- e il secondo elemento composto di solito non si usa il >>>trattino, però lo si può trovare soprattutto in neologismi
Amalfi punta al super-bonus (www.ilsole24ore.com)
È possibile anche la grafia separata
Un super ricchissimo spettacolo (www.piroweb.it)
L’uso è oscillante, soprattutto nel linguaggio giornalistico e parlato.
Inoltre, nel linguaggio giornalistico e parlato si può usare anche autonomamente come aggettivo
Mazzarri: Il City è super ma possiamo fargli male (www.repubblica.it)
oppure come sostantivo per indicare la benzina
La super sfiora 1.70 (www.ilrestodelcarlino.it).
SUPERLATIVI, AGGETTIVI vedi GRADO DEGLI AGGETTIVI
SVANTAGGIO, COMPLEMENTO DI vedi VANTAGGIO E SVANTAGGIO, COMPLEMENTI DI