O

 

 

 

OBBLIGATORIETÀ O OBBLIGATORITÀ?

 

La forma corretta è obbligatorietà, perché il suffisso -ietà nei sostantivi derivati si usa quando l’aggettivo da cui derivano finisce in -io

obbligatorio > obbligatorietà.

 

VEDI ANCHE   

-ità, -ietà o -eità?

 

 

OBIETTIVO O OBBIETTIVO?

 

Sono corrette entrambe le forme: la forma obiettivo è più vicina all’etimo latino obiectivum, mentre obbiettivo è una forma di origine popolare che ha subito il raddoppiamento della b davanti a i con valore di >>>semiconsonante.

La forma di gran lunga più usata nell’italiano contemporaneo (sia come sostantivo, sia come aggettivo) è obiettivo, con una sola b

un obiettivo ambizioso / un obbiettivo ambizioso  

una persona obiettiva / una persona obbiettiva

Ma entrambe le forme possono vantare attestazioni letterarie, anche piuttosto recenti

si guardò a lungo, osservandosi con un distacco obbiettivo e privo di compiacimento (A. Moravia, Il conformista)

cambiavano in continuazione l’obiettivo alla macchina (E. Rea, La dismissione).

 

 

OCCASIONALISMO vedi NEOLOGISMI

 

 

OCCHIO / OCULARE

 

Spesso, nella formazione di aggettivi provenienti da nomi, si ricorre a una forma più vicina alla base latina o greca.

Nel caso di occhio, l’aggettivo corrispondente deriva direttamente dal latino ocularem

bulbo oculare, testimone oculare, patologia oculare.

 

 

OD vedi D (EUFONICA)

 

 

OFFRII O OFFERSI?

 

Entrambe le forme sono corrette, ma quella di gran lunga più comune nell’italiano contemporaneo è offrii (alla 3a persona singolare offrì, alla 3a persona plurale offrirono). 

Offersi (come offerse e offersero) è oggi di uso molto più raro e si avvia a diventare una forma antiquata. Lo stesso vale per le forme di >>>passato remoto cosiddette deboli presenti nei paradigmi dei verbi aprire, riaprire, coprire, ricoprire, scoprire, riscoprire.

 

 STORIA 

Nell’edizione definitiva dei Promessi sposi, la cui lingua è modellata sul parlato fiorentino colto del primo Ottocento, Manzoni corresse i vari aperse, coperse, scoperse, offerse sostituendoli rispettivamente con aprì, coprì, scoprì, offrì.

 

 

OGGETTIVE, PROPOSIZIONI

 

Nell’analisi del periodo, le proposizioni oggettive sono proposizioni >>>completive che svolgono, per così dire, la funzione del complemento >>>oggetto.

Le proposizioni oggettive possono essere introdotte da un verbo, un nome o un aggettivo

Capisco che vuoi giocare

La consapevolezza che tu voglia giocare non mi ha mai sfiorato

Sono cosciente che tu voglia giocare

Le proposizioni oggettive si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.

• In forma esplicita sono introdotte dalla congiunzione che e hanno il verbo all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale, seguendo le regole della concordanza tra i tempi dei verbi (>>>consecutio temporum)

Dico che sta bene

Pensavo che Francesco avesse studiato

Credevamo che sareste arrivati domani

• In forma implicita presentano il verbo all’infinito e sono introdotte dalla >>>preposizione semplice di, oppure richiedono una reggenza assoluta senza preposizione

Credevo di annegare

Vedo le cose ruotare intorno a me

La forma implicita si usa quando il soggetto dell’oggettiva è lo stesso della proposizione reggente

Penso di stare bene

Maria crede di riuscirci

oppure, se i soggetti sono diversi, con verbi transitivi come vedere, sentire, udire ecc. in cui il soggetto dell’oggettiva è contemporaneamente complemento oggetto della reggente

Vi sento protestare animatamente

L’uso dell’indicativo e del congiuntivo nelle oggettive non rispecchia solo una contrapposizione tra oggettività e soggettività, tipica di questi modi verbali, ma anche una tendenza a un uso più popolare e parlato rispetto a un uso più formale e letterario

Penso / che questa mia generazione è preparata (I Nomadi, Dio è morto

Credo che vada bene (A. De Carlo, Uccelli da gabbia e da voliera

Inoltre, la scelta del modo dipende in larga parte dal tipo di verbo reggente.

• Reggono il >>>congiuntivo soprattutto i verbi che si riferiscono a un’opinione (credere, pensare, ritenere ecc.), un ordine, una richiesta, una volontà (pregare, chiedere, volere ecc.), un’aspettativa (desiderare, sperare, temere ecc.)

Ritengo che sia giusto così

Voglio che tu vada a New York

Spero che Carlo abbia ragione

• Reggono l’>>>indicativo i verbi che esprimono un giudizio, una sensazione, una percezione (accorgersi, affermare, dichiarare, dire, sentire, sostenere ecc.)

Dichiarò che il caso era chiuso

Mi accorsi che lei non stava bene

Sostengo che avete torto

• I verbi che usano regolarmente l’indicativo possono tuttavia ricorrere al congiuntivo in alcuni casi particolari:

- per evidenziare l’aspetto volitivo, esortativo (la proposizione oggettiva si avvicina in questo caso a una proposizione >>>finale)

Mi disse che ci sbrigassimo

- per sottolineare l’incertezza, l’eventualità dell’azione (soprattutto se il soggetto della reggente è indeterminato)

Si dice che il treno venga da Roma

- se la reggente è di significato negativo

Non dico che Chiara abbia torto

- se la reggente è un’interrogativa retorica

Chi ci garantisce che lui abbia ragione?

- quando la proposizione oggettiva è anteposta alla reggente

Che qua il mare fosse pulito, te l’ho sempre detto 

• Altri verbi, invece, hanno una sfumatura semantica diversa a seconda che siano all’indicativo o al congiuntivo

Ammettiamo (= riconosciamo) che tu hai torto / Ammettiamo (= supponiamo)che tu abbia torto

Considerate (= tenete conto) che il tempo è brutto / Considerate (= supponete) che il tempo sia brutto 

Pensate (= riflettete)che Luigi abita qua / Pensate (= immaginate) che Luigi abiti qui 

Quando le forme del congiuntivo presente sono uguali nelle tre persone singolari, è opportuno specificare il soggetto della 2a persona singolare per non creare ambiguità

Spero che tu venga (perché Spero che venga può essere inteso come Spero che lui venga)

Un’oggettiva può essere costruita anche con il >>>condizionale:

• nell’>>>apodosi di un periodo ipotetico

Credo che ti saresti trovato bene se fossi venuto a trovarci

• per esprimere il >>>futuro nel passato

Non pensavo che avresti risposto

• in tutti i casi nei quali si userebbe il condizionale in una frase enunciativa

Ritengo che dovresti intervenire

Esistono alcuni costrutti alternativi per esprimere un’oggettiva:

• soprattutto in subordinate di secondo grado, si può omettere la congiunzione che, per evitare l’accumulo di congiunzioni; i modi usati sono il congiuntivo o il condizionale

Volevo dire che penso tu abbia torto

Ti ripeto che pensavamo avreste avuto difficoltà

in questo caso l’uso dell’indicativo è possibile solo con il futuro

Spero tornerai da me

• si può usare la congiunzione come al posto di che, con il verbo preferibilmente al congiuntivo

Abbiamo constatato come tutti fossero d’accordo

Ho già mostrato come tutto ciò sia inutile

• con verbi che indicano un giudizio, un pensiero (dichiarare, credere, ritenere, proclamare ecc.), si può omettere l’ausiliare e usare soltanto il participio passato concordato con il soggetto della proposizione oggettiva

Dichiaro chiusa la votazione (= dichiaro che la votazione è chiusa)

Ritengo venuta l’ora delle conclusioni (= ritengo che sia venuta l’ora delle conclusioni).

 

 STORIA 

Nella lingua letteraria dei secoli scorsi era frequente il costrutto, esemplato sul latino, con il verbo all’infinito e l’omissione della congiunzione che

Sapeva niuna altra cosa le minacce essere che arme del minacciato (G. Boccaccio, Decameron).

 

 

OGGETTO, COMPLEMENTO

 

Nell’analisi logica, il complemento oggetto (chiamato anche complemento oggetto diretto o complemento diretto) è il complemento che indica l’oggetto (persona, essere animato o inanimato) dell’azione indicata dal verbo transitivo attivo della frase. 

Il complemento oggetto è collegato al verbo direttamente, senza preposizioni

Luca guarda la partita

Anna ama i fiori

Abbiamo scelto te

Esistono alcuni casi particolari:

• se il complemento presenta la stessa >>>radice del verbo, si parla di complemento dell’oggetto interno

Vivere una vita piena

Sognare un bel sogno

E prendine dottrina / dal publican che dolse i suoi dolori (G. Orlandi, Rime)

• se il nome è preceduto dalle forme articolate della preposizione di, per indicare una quantità generica, si parla di complemento oggetto >>>partitivo

Avere delle possibilità

Bere del buon vino.

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi, il complemento oggetto poteva dipendere direttamente da un participio passato o da un aggettivo. Si tratta del cosiddetto accusativo di relazione o accusativo alla greca (perché nel greco antico questo costrutto era piuttosto frequente)

Di doppia pietate ornata il ciglio (F. Petrarca, Canzoniere)

Questa sorella […] mansueta il viso (N. Tommaseo, Fede e bellezza).

 

 

OGNUNO vedi INDEFINITI, PRONOMI

 

 

OLIMPICO O OLIMPIONICO?

 

Entrambe le forme sono corrette, ma i due aggettivi si differenziano per alcune sfumature di significato.

Olimpico indica sia ciò che riguarda il monte greco Olimpo, sede degli antichi dei greci

divinità olimpiche, calma olimpica, dio olimpico

• sia ciò che riguarda la città di Olimpia, sede delle antiche olimpiadi greche e dunque, per estensione, ciò che riguarda le olimpiadi moderne

gare olimpiche, agonismo olimpico, record olimpici

Olimpionico, invece, indica tutto ciò che riguarda le gare sportive note come Olimpiadi (sia quelle antiche, sia quelle moderne)

campionessa olimpionica, primato olimpionico, premiazioni olimpioniche

Olimpionico è usato spesso anche come sostantivo 

Tra le persone coinvolte, anche un olimpionico di boxe del Kenya (www.repubblica.it).

 

 

OLOFRASTICI, AVVERBI

 

Si dice olofrastico un avverbio che da solo costituisce un’intera frase. Gli avverbi olofrastici più comuni sono e no, che – quando sono usati per dare una risposta a un’interrogativa totale – sostituiscono a tutti gli effetti una frase di senso compiuto

«Vuoi uscire oggi?» «»

«Pensi che sia possibile?» «No»

Possono assumere valore olofrastico anche altri avverbi, come certo, mai, esatto o >>>assolutamente (gli ultimi due di recente diffusione e di uso non consigliabile)

«Sei d’accordo?» «Certo»

«Mi tradiresti?» «Mai»

«Questa è piazza Cavour?» «Esatto»

«Ti è piaciuto il film? «Assolutamente».

 

VEDI ANCHE   

interrogative dirette, proposizioni

 

 

OMISSIONE DELL’ARTICOLO

 

L’articolo (insieme alle varie >>>preposizioni articolate) viene omesso in determinati casi.

• Con i nomi >>>propri di persona e di città

Ho chiamato Claudio

Sono andato a Torino

• Con i nomi di parentela, quando è usato insieme a un aggettivo possessivo

Ti saluta mia madre

Nostro cugino fa il barbiere

• Con i nomi dei mesi e dei giorni della settimana

Finirà ad aprile

Partiamo lunedì prossimo

ma si usa l’articolo quando il costrutto ha valore distributivo o quando il nome è accompagnato da un aggettivo che lo determina

Viene sempre il martedì (= ogni martedì) 

Un libro sul maggio francese

• Con il complemento di >>>materia

un tubo di gomma 

un muro di mattoni

• In molte espressioni dei complementi di luogo (soprattutto se introdotti dalla preposizione in)

vado in montagna, dormiamo in camera, tornate in ufficio, stiamo a casa

• Con molte locuzioni >>>avverbiali

di corsa, in giro, a caldo, in fretta

• Con il complemento di >>>modo o maniera espresso da con e senza

senza rancore, con gioia, senza motivo, con rabbia

• Con locuzioni >>>verbali che hanno il significato di un unico verbo

avere fame, perdere tempo, trovare lavoro, mettere su famiglia

• Con la preposizione semplice da con valore finale, modale, temporale

occhiali da vista, fare da padre, da bambino ero biondo

• Nelle frasi proverbiali

Uomo avvisato mezzo salvato, Gioco di mano gioco da villano

• Nei titoli di libri, giornali, opere d’arte, opere musicali, canzoni, film

Decameron, Gioconda, Requiem, Vangelo secondo Matteo, C’eravamo tanto amati

• Nelle didascalie e nelle insegne

Veduta di Trieste, Sali e Tabacchi

• Nelle espressioni parlare italiano, francese, tedesco ecc., anche se si usa l’articolo indeterminativo se il nome della lingua è accompagnato da un aggettivo

Giulio si esprime in un ottimo italiano

• Per evidenziare una parola della quale si vuole dire qualcosa

I molti significati della parola amore.

 

 USI 

In alcuni linguaggi settoriali (linguaggio giornalistico, medico, pubblicitario ecc.) l’omissione dell’articolo è piuttosto frequente 

Iran, arrestato sospetto agente CIA (www.ansa.it)

Paziente con dolore addominale e perforazione di ulcera

Vendo casa zona centro.

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi, soprattutto in poesia, l’omissione si applicava anche ai nomi astratti

Secol si rinova; torna giustizia (D. Alighieri, Purgatorio)

o per indicare una categoria generale di persone

Poiché mi han tratto uomini e dei / in lungo esilio (U. Foscolo, Sonetti).

 

VEDI ANCHE   

articoli

 

 

OMOFONI

 

Gli omofoni (dal greco omòphonos ‘dal suono uguale’) sono parole che hanno la stessa pronuncia, ma differiscono nella grafia

anno (sostantivo) / hanno (3a persona plurale dell’indicativo presente del verbo avere)

a (preposizione semplice) / ha (3a persona singolare dell’indicativo presente del verbo avere)

o (congiunzione disgiuntiva) / ho (1a persona singolare dell’indicativo presente del verbo avere)

Può esserci omofonia anche tra sequenze di parole

la quale (articolo + pronome relativo) / lacuale (= relativo al lago).

 

 

OMOGRAFI

 

Gli omografi (dal greco omògraphos ‘dalla grafia uguale’) sono parole che hanno la stessa grafia, ma differiscono nella pronuncia.

La diversa pronuncia può dipendere:

• dalla diversa posizione dell’>>>accento

àmbito (sostantivo) / ambìto (participio passato del verbo ambire)

viòla (sostantivo) / vìola (3a persona singolare dell’indicativo presente del verbo violare)

• oppure dal diverso grado di apertura della vocale accentata  

pèsca (= il frutto) / pésca (= azione del pescare)

pòrci (= maiali) / pórci (= porre noi stessi).

 

 

OMONIMI

 

Gli omonimi (dal greco omònymos ‘dal nome uguale’) sono parole che hanno la stessa grafia e la stessa pronuncia, ma hanno etimo e significato diversi

sale (sostantivo) / sale (3a persona singolare dell’indicativo presente del verbo salire)

riso (‘dimostrazione di ilarità’) / riso (‘tipo di cereale’)

folle (aggettivo) / folle (sostantivo femminile, plurale di folla).

 

 

ONNI-

 

Onni- è un >>>prefissoide derivato dal latino omnis ‘tutto’, ed è usato in parole derivate direttamente dal latino (onnisciente, onnipotente) o formate modernamente

onnicomprensivo (‘che comprende tutto’)

onnipresente (‘presente ovunque’).

 

 USI 

La variante omni-, più fedele alla grafia latina originaria, è attestata nella tradizione letteraria dei secoli scorsi

Sì come omnipotente segnore de l’universo (G. Villani, Nuova cronica)

ed è presente ancora oggi in parole come omnidirezionale e in varianti meno diffuse come omnicomprensivo e omniscienza.

 

 

ONOMATOPEE

 

Le onomatopee (chiamate anche fonosimboli) sono parole o gruppi di parole invariabili che riproducono o evocano un suono particolare, come il verso di un animale o il rumore prodotto da un oggetto o da un’azione. 

Tra le onomatopee più comuni relative ad animali ci sono quelle, molto diffuse nella lingua dei e per i bambini

bau, miao, grrr, chicchirichì 

Tra le onomatopee più comuni di oggetti e azioni ci sono

tic tac, crac, plin, din don, eccì, brr 

Spesso si usano in serie ripetute

bau bau, plin plin, crac crac

o in un’unica sillaba

patapum, taratatà, patatrac

Le onomatopee possono essere usate anche come sostantivi

il tic tac della sveglia, i chicchirichì dei galli, un patatrac

o dare origine a sostantivi e verbi

miao> miagolio / miagolare

tic tac > ticchettio / ticchettare.

 

 USI 

Dovendo riprodurre un suono, spesso le grafie sono oscillanti

Una sveglia che con il tik tak ricorda il battito del cuore (www.it.answers.yahoo.com)

Al sesto kikiriki vide Nancy rizzarsi a sedere nel letto (A. Vivanti, I divoratori).

 

 STORIA 

L’inventiva dei poeti e degli scrittori ha trovato da sempre un terreno fertile nelle onomatopee

Chio chio chio chio (G. Pascoli, Canti di Castelvecchio)

Tottalì, tottalì, lì, lì (A. Giacomini, Andar per uccelli

Onomatopee come gulp, bang, sigh, splash, sob, che derivano da verbi inglesi (to gulp ‘inghiottire’, to bang ‘esplodere’, to sigh ‘sospirare’), nate nella lingua dei fumetti, oggi si trovano usate in diversi contesti, anche se sempre con valore scherzoso

Gulp per il prezzo e doppio gulp per il fermo (www.saxforum.it).

 

 

O NO, O NON, O MENO?

 

Per esprimere la negazione dopo la congiunzione >>>disgiuntiva o esistono tre diverse soluzioni, tutte corrette, ma con vari gradi di accettabilità.

• La soluzione preferibile è o no, in cui no svolge la funzione di avverbio >>>olofrastico, cioè costituisce da solo un’intera frase di senso compiuto

Professionisti seri o no (= o non seri)

Accetto o no? (= o non accetto)

• La forma o non, meno diffusa, si usa soprattutto in presenza di un sostantivo, un aggettivo, un participio

Sono calciatori o non 

Hanno preso impegni precisi o non?

• La forma o meno è tipica soprattutto del parlato e dunque sconsigliabile nello scritto

Non capisco se scherzi o meno.

 

VEDI ANCHE   

negazione, avverbi di

 

 

OO- 

 

Oo- è un >>>prefissoide derivato dal greco oon ‘uovo’, ed è usato in parole formate modernamente e appartenenti soprattutto al linguaggio scientifico e tecnico

oolite (‘agglomerato roccioso a forma sferica’) 

oogamia (‘fecondazione di un gamete femminile da parte di un gamete maschile’).

 

 USI 

Esiste anche la variante latina ovo- dal latino ovum ‘ovo’. Sono accettate entrambe le forme

oocita / ovocita (‘cellula germinale femminile’)

oogenesi / ovogenesi (‘processo di formazione e maturazione delle cellule uovo’)

Esiste anche un terzo prefissoide ovi-, sempre dal latino ovum

oviparo (‘che si riproduce deponendo uova’)

oviforme (‘a forma di uovo’).

 

 

ORDINALI, AGGETTIVI NUMERALI

 

Gli aggettivi numerali ordinali sono >>>aggettivi che indicano il posto di una cosa o di una persona in una serie ordinata.

Sono variabili in genere e numero

il decimo posto, la decima puntata

il secondo tavolo, i secondi classificati

la prima volta, i primi freddi

I primi dieci ordinali presentano una forma propria derivata dal latino: primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo.

Da undicesimo in poi, invece, si formano con il suffisso -esimo aggiunto all’aggettivo numerale >>>cardinale senza la vocale finale

sedici> sedicesimo

ventiquattro> ventiquattresimo

trentotto> trentottesimo

Nei composti con tre la -e finale si conserva

ventitré> ventitreesimo

trentatré> trentatreesimo

Nei composti con sei la -i finale si conserva

ventisei> ventiseiesimo

I numerali ordinali possono anche essere sostantivati

frequentare la quinta (= classe scolastica), viaggiare in prima (= classe ferroviaria), suonare la sesta (= sinfonia), elevare alla terza (= potenza), inserire la quarta (= marcia), due primi (= piatti)

Di solito gli ordinali si antepongono al sostantivo

Viviamo al terzo piano

È la quinta volta che succede

Sono posposti solo in alcuni casi:

• con i nomi di re, papi, principi

Carlo quinto, Benedetto sedicesimo, Alberto primo

• per indicare la posizione in una successione (soprattutto nel caso di capitoli, canti, atti teatrali)

capitolo terzo, canto ventesimo, atto primo

In alcuni casi si usano in alternativa ai cardinali:

• con i secoli

il secolo tredicesimo / il Duecento

il nome secolo può essere sia posposto, sia anteposto 

il secolo quindicesimo / il quindicesimo secolo

• con il giorno iniziale del mese

il primo marzo / l’uno marzo 

• per indicare capitoli, parti di un’opera, o una successione

capitolo secondo / capitolo due

terzo binario / binario tre

Come per i numerali cardinali, gli ordinali andrebbero scritti in cifre solo in contesti tecnici o scientifici; in qualunque altro tipo di testo sarebbe preferibile scriverli in lettere, tranne nel caso in cui si tratti di un numero molto alto 

Si è classificato 3118o

In cifre, gli ordinali si scrivono usando i >>>numeri romani

II, IX, X, XV

o i numeri arabi seguiti in esponente da o per il maschile e da a per il femminile

2o, 9a, 10o, 15a

L’esponente non si usa mai con i numeri romani.

Nelle scritture informali si possono trovare anche grafie miste (cifre e lettere)

Che mi dite della 14ma?? (www.it.answers.yahoo.com)

Un aggettivo numerale ordinale a sé è ennesimo, che – ricavato dal linguaggio matematico – indica un nuovo elemento in una serie ed è molto usato nel linguaggio informale e in quello giornalistico

Ennesimo incidente sulla pista di via Zanon («Messaggero veneto»).

 

 USI 

In riferimento ai secoli o al nome di sovrani e pontefici, talvolta si usa ancora (per i numeri superiori al decimo) il sistema di conteggio comune fino all’Ottocento, che consiste nel tenere separato l’aggettivo indicante la prima cifra da quello indicante la seconda (decimoprimo invece di undicesimo; ventesimoquinto invece di venticinquesimo)

La reale figliuola di Luigi decimosesto (C. Botta, Storia d’Italia)

L’Italia del secolo decimoterzo

È sconsigliabile invece la sostituzione del numerale ordinale al numerale cardinale per i nomi dei sovrani, che è usata in particolare a proposito degli oggetti di antiquariato: stile Luigi quattordici, Luigi quindici, Luigi sedici ecc. Si tratta di un’abitudine che si è diffusa sul modello della lingua francese, nella quale si usano di norma i numeri cardinali nei nomi di sovrani e papi. 

 

 

ORECCHIO O ORECCHIA?

 

In italiano esistono due forme provenienti dal latino auriculam: il sostantivo maschile orecchio e il sostantivo femminile orecchia.

• Il maschile singolare orecchio è la forma più diffusa per indicare l’organo dell’udito, anche in senso figurato

Mi fa male l’orecchio destro

Ha molto orecchio per le lingue

Ha due plurali:

• il maschile orecchi è meno comune e si usa soprattutto per indicare gli organi considerati singolarmente

Le emissioni risultarono assenti in 17 sugli 80 orecchi esaminati (F. Grandori, A. Martini, Potenziali evocati uditivi)

oppure si usa in alcune locuzioni

essere tutt’orecchi, anche i muri hanno orecchi, essere duri d’orecchi 

• il femminile orecchie si usa per indicare la coppia di orecchie di un individuo

Maria ha le orecchie a sventola

• Il femminile singolare orecchia è poco usato per indicare l’organo dell’udito, mentre è molto comune per indicare una sporgenza simile a quella delle orecchie  

Ho fatto un’orecchia alla pagina che mi interessa

Il plurale è orecchie.

La forma femminile, diffusa anche in molti dialetti, è comune nei nomi di cibi

orecchia di elefante (= tipo di cotoletta alla milanese)

orecchiette alle cime di rapa (= tipo di pasta di origine pugliese).

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi era presente anche il plurale le orecchia sul modello di forme come le dita, le ginocchia

Ecco i Fanesi, che le membra / si veston, come vedi, con le orecchia (F. degli Uberti, Dittamondo).

 

 

ORIGINE O PROVENIENZA, COMPLEMENTO DI

 

Nell’analisi logica, il complemento di origine o provenienza è il complemento indiretto che indica la provenienza di una persona o di un essere inanimato, in senso sia proprio, sia figurato.

Il complemento di origine o provenienza può essere introdotto dalle preposizioni di e da

Siamo di Napoli

Quel sentimento proveniva dalla delusione.

 

 

ORTO-

 

Orto- è un >>>prefissoide derivato dal greco orthòs ‘retto, diritto’, ed è usato in parole derivate direttamente dal greco (ortodossia, ortografia) o formate modernamente e appartenenti soprattutto al linguaggio scientifico e tecnico

ortodonzia (‘settore della medicina che cura le malformazioni dentarie’)

ortopedia (‘settore della medicina che si occupa dell’apparato locomotore’).

 

 DUBBI 

Questo prefissoide non è da confondere con orto- primo elemento di parole composte come ortofrutta, ortofrutticoltura, ortofrutticoltore, ortofrutticolo: in questi casi si tratta della parola orto, dal latino hortum ‘piccolo appezzamento di terra’.

 

 

-OSI

 

-osi è un >>>suffisso derivato dal greco -osis, ed è usato in parole derivate direttamente dal greco (anchilosi, necrosi) o formate modernamente e appartenenti soprattutto al linguaggio scientifico e tecnico

ipnosi (‘particolare stato della coscienza simile al sonno’)

fibrosi (‘degenerazione del tessuto fibroso’).

 

 DUBBI 

Le parole con il suffisso -osi si possono pronunciare sia con accentazione >>>piana, seguendo la pronuncia della parola in latino (la lingua attraverso la quale è giunta in italiano)

necròsi (dal latino tardo necròsis)

sia con accentazione >>>sdrucciola, fedele alla pronuncia della parola greca originaria 

anchìlosi (dal greco ankỳlosis).

 

 

OSSEQUENTE O OSSEQUIENTE?

 

La grafia corretta è ossequente, con il nesso -que- come nella parola latina da cui deriva: il participio obsequentem 

si professava con tutto il cuore ossequente alle credenze religiose del collega (C. Levi, L’orologio)

La forma ossequiente è sconsigliabile, anche se molto diffusa, ed è dovuta all’influenza del sostantivo ossequio

una cerimoniosità premurosa e ossequiente (A. Moravia, Il conformista).

 

 

OSSÌMORO O OSSIMÒRO?

 

Per questa parola, che indica una figura retorica basata sull’accostamento di termini contraddittori, sono corrette entrambe le pronunce. 

Ossìmoro, con accentazione >>>sdrucciola, segue la pronuncia dell’etimo greco oxỳmoron ed è la soluzione leggermente più diffusa.

Ossimòro, con accentazione >>>piana, continua la pronuncia della parola in latino (la lingua attraverso la quale è giunta in italiano) ed è la soluzione leggermente meno diffusa.

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

OSSI O OSSA?

 

La parola osso ha due plurali, che rispondono a sfumature di significato diverse.

• Il plurale maschile ossi, formato regolarmente dal singolare osso, si riferisce ai singoli elementi considerati separatamente, oppure a quelli animali

gli ossi del femore, ossi di seppia

• Il plurale femminile ossa, proveniente dal >>>neutro plurale latino ossa, è usato per indicare l’insieme dell’ossatura umana

le ossa del corpo, essere pelle e ossa.

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

OSSITONA, ACCENTAZIONE vedi TRONCA, ACCENTAZIONE

 

 

OSTERIA O OSTARIA?

 

La forma corretta di questa parola, che deriva dal sostantivo oste (a sua volta dal latino hospitem), è osteria, perché in italiano i nomi che indicano un esercizio commerciale si formano con il suffisso -eria, come macelleria, drogheria, libreria, pasticceria.

La forma ostaria è una variante dialettale comune a tutte le regioni d’Italia tranne la Toscana. 

È diffusa anche la variante antica hostaria, con la riproduzione dell’h etimologica della base latina.  

 

 USI 

Molti gestori scelgono la forma in -aria per dare una caratterizzazione particolare al proprio locale: per sottolineare il legame con il territorio o, nel caso di hostaria, per suggerire il richiamo alla tradizione.

 

 

OTTA-

 

Otta- è un >>>prefissoide derivato dal greco octa- ‘otto’ e indica il numero otto in parole composte appartenenti soprattutto al linguaggio scientifico e tecnico

ottaedro (‘poliedro con otto facce’)

ottagono (‘poligono con otto vertici’)

ottametro (‘verso classico di otto piedi’).

 

 

OTTATIVE, PROPOSIZIONI vedi DESIDERATIVE, PROPOSIZIONI

 

 

OVVERO

 

La congiunzione ovvero (anche nella forma ovverosia) svolge oggi soprattutto la funzione di congiunzione >>>dichiarativa, coordinativa o subordinativa

CIA, ovvero Central Intelligence Agency

Questo non capisco: ovvero come sei arrivato fin qua

Meno diffusa, e presente soprattutto negli scritti formali o burocratici, è la funzione di congiunzione >>>disgiuntiva coordinativa o subordinativa

Qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo (Nuovo codice della strada

La vecchia signora Garac, per ingenuità ovvero per arte, aveva l’aria d’avermi nominato suo cavalier servente (P. Chiara, L’uovo al cianuro).