L
LABBRI O LABBRA?
La parola labbro ha due plurali.
• Il plurale maschile labbri si usa per indicare ‘i bordi di una ferita’ o, per estensione, ‘i confini di un perimetro’
Il medico suturò i labbri della ferita
I labbri di un recipiente di terracotta
• Il plurale femminile labbra indica, propriamente, ‘le labbra della bocca e di altre parti anatomiche’
Un casto bacio sulle labbra.
STORIA
Nell’italiano letterario, fino al XX secolo, labbri poteva essere usato anche al posto di labbra
Che dolci nomi ottenni, Cara, da’ labbri tuoi (P. Metastasio, Il sogno).
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plurali doppi
L’ALTR’ANNO O L’ALTRANNO?
La grafia corretta è l’altr’anno, con i due apostrofi a segnalare i due casi di >>>elisione
L’altr’anno ha furoreggiato negli Stati Uniti il manuale di una madre cinese-americana che prescriveva un’educazione autoritaria («La Repubblica»)
È scorretta, anche se molto diffusa, la grafia con >>>univerbazione l’altranno.
L’espressione, molto comune nel parlato, può essere sostituita nello scritto con una perifrasi come l’anno scorso o l’anno passato.
LA O LÀ?
Le due grafie corrispondono a diversi >>>omofoni.
• La senza accento grafico corrisponde a diversi >>>omografi:
- l’>>>articolo determinativo singolare femminile (dal latino illam)
la casa
«La Gazzetta dello sport»
- il >>>pronome personale atono singolare femminile usato in funzione di complemento oggetto (sempre dal latino illam)
la invidio molto
prendila al volo!
- la sesta nota della scala musicale fondamentale
un accordo di la maggiore
• Là con l’accento grafico (dal latino illac) è un avverbio di >>>luogo che identifica un punto lontano sia da chi parla, sia da chi ascolta
Guarda là tra i miei documenti
Mi trovavo per caso là in quella zona
Può essere usato insieme a >>>preposizioni, >>>avverbi o in alcune >>>locuzioni
là intorno
là sotto
essere più di là che di qua
farsi in là.
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monosillabi accentati e non accentati
LASCIARE IN vedi CAUSATIVI, VERBI
LATINISMI
I latinismi (o cultismi o parole dotte) sono vocaboli della lingua latina rimasti esclusi dall’uso parlato nel processo di formazione dell’italiano e delle altre lingue neolatine. Solo in un secondo momento queste parole sono state riprese da modelli scritti (ovvero per via colta, dotta) e via via immesse nella nuova lingua.
Nell’italiano contemporaneo queste parole o espressioni latine sono usate a volte nella loro forma originaria
Che ti è preso: un raptus?
un fondo [...] da 200 milioni di dollari ad hoc (= appositamente per questo scopo) per gli investimenti in agricoltura («Corriere della Sera»)
Sir Edmund Hillary scalò l’ Everest (assieme a Tenzing Norgay) soltanto nel 1953. Ergo (= quindi), il racconto era palesemente artefatto («Corriere della Sera»)
Altre volte sono state adattate almeno parzialmente ai suoni e alle desinenze della nostra lingua
esempio (dal latino exemplum)
esprimere (dal latino exprimere)
figlio (dal latino filium)
Sopravvivono nell’italiano contemporaneo anche alcuni latinismi di tipo sintattico, ovvero costrutti italiani favoriti dal modello latino. Tra questi:
• le proposizioni soggettive o oggettive implicite all’infinito con soggetto proprio (il modello è il costrutto latino dell’accusativo con l’infinito)
Ritengo essere questo il punto cruciale da affrontare
• costrutti ispirati all’ablativo assoluto latino
Le banche italiane – fiutata l’opportunità – hanno tenuto in allerta i loro gestori di patrimoni privati anche per questo agosto («La Repubblica»)
Altre volte il latinismo riguarda il significato di alcune parole, che recupera quello etimologico dando vita a un >>>calco semantico
attendere (= con il significato di ‘prestare attenzione’, come nel latino adtendere)
esigere (= con il significato di ‘riscuotere’, come nel latino exigere).
STORIA
Nei testi italiani antichi (specie in quelli quattro-cinquecenteschi) i latinismi sono molto abbondanti, come in questo esempio
Ivi era Adovardo e Lionardo Alberti, uomini umanissimi e molto discreti, a’ quali Lorenzo quasi in simili parole disse:
– Non vi potrei con parole monstrare quanto io desideri vedere Ricciardo Alberto nostro fratello, sí per compor seco alcune utilitati alla famiglia nostra, sí ancora per raccomandargli questi due miei figliuoli costí Battista e Carlo, e’ quali pur mi sono all’animo non piccolissimo incarco, non perch’io dubiti però in niuno loro bene, quanto gli fia possibile, Ricciardo non vi sia desto e diligente, ma pure e’ mi pesava non assettar prima questa a noi padri adiudicata soma, e spiacevami lasciare adrieto simile alcuna giusta e piatosa mia faccenda (L. B. Alberti, I libri della famiglia)
Già al primo sguardo, nel testo dell’Alberti colpiscono in particolar modo i latinismi che riguardano la veste grafica delle parole, come ad esempio monstrare per mostrare, seco (dal latino secum) per con sé, niuno (dal latino ne unum) per nessuno. Oltre alla grafia, si notano alcuni calchi semantici dal latino, come adiudicata (dal latino adiudicare) per assegnata o utilitati (dal latino utilitatem) nel significato di ‘interesse’. Ricalcano il latino anche l’uso di ivi (dal latino ibi) per lì e l’uso del verbo fieri in fia possibile. Il respiro stesso della complessa sintassi dell’autore ricalca quello dei classici latini assunti a modello della sua prosa.
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prestiti
LECCORNÌA O LECCÒRNIA?
La pronuncia corretta è leccornìa. La parola significa ‘cibo squisito e raffinato’ e deriva da lecconerìa, cioè cibo da leccone, che anticamente significava ‘goloso’.
La pronuncia scorretta leccòrnia, molto diffusa, è probabilmente dovuta all’influsso di parole come sbòrnia.
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accento
LEGNO O LEGNA?
Si tratta di due parole che hanno la stessa origine, ma sono di genere diverso.
• Il maschile legno (dal latino lignum) indica genericamente la materia prima fornita dagli alberi per impieghi diversi
Un tavolo di legno di noce
Piallare il legno
Il plurale è legni
Mobili fatti con legni pregiati
• Il femminile legna (dal latino ligna, originariamente plurale di lignum) indica esclusivamente l’insieme di pezzi di legno da ardere
Una stufa a legna
Spaccare la legna
Il plurale sarebbe legne, vivo nella tradizione letteraria, ma oggi limitato all’uso regionale toscano (e dunque da evitarsi nell’uso scritto di qualunque livello)
Mandato spesso a piè nudi a far legne in una selva piena di pungenti spine (G. P. Maffei, Vite di diciassette confessori di Cristo).
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genere dei nomi
LEI, USO DEL
L’italiano contemporaneo prevede due forme di uso dei pronomi >>>allocutivi nei rapporti interpersonali:
• il tu reciproco, riservato in genere ai rapporti informali (amicizie, famiglia, lavoro, con colleghi che si frequentano abitualmente);
• il lei reciproco, nei rapporti formali (ambito di lavoro e istituzionale fra persone che non si conoscono, rapporti gerarchici).
L’uso del voi come alternativa al lei nelle situazioni formali è quasi del tutto scomparso e sopravvive in alcuni italiani regionali meridionali.
Negli ultimi decenni il tu ha gradualmente ampliato la sua sfera d’uso, estendendosi a situazioni in cui prima non era previsto, come il rapporto tra insegnanti e studenti in certi settori della scuola. Anche gli usi non reciproci degli allocutivi sono negli ultimi decenni in forte diminuzione (ad esempio, è del 1975 una circolare che elimina nell’esercito l’uso del lei da inferiore a superiore e del tu da superiore a inferiore).
Di fronte a una diversa sensibilità dei parlanti, è consigliabile non abusare del tu in situazioni formali e mantenere il lei, specie con persone che non si conoscono.
STORIA
Fino al Trecento il sistema degli allocutivi era costituito solo dal tu e dal voi come forma di rispetto. Le prime attestazioni del lei risalgono al Quattrocento, e tra Cinquecento e Seicento questo uso si diffonde gradualmente fino a diventare preponderante, probabilmente per l’influsso dello spagnolo usted.
Tra Settecento e Ottocento il lei, percepito come frutto di un influsso straniero, viene osteggiato e fino ai primi del Novecento lei / ella e voi vengono usati indistintamente. Nel 1938 il regime fascista proibisce ufficialmente l’uso del lei a favore del voi. È forse proprio questa arbitraria imposizione a sancire l’abbandono del voi nel secondo dopoguerra.
LENZUOLI O LENZUOLA?
La parola lenzuolo ha due plurali.
• Il plurale maschile lenzuoli indica più lenzuoli considerati singolarmente
due lenzuoli con angoli per letto matrimoniale
un mucchio di lenzuoli da stendere
• Il plurale femminile lenzuola (dal plurale latino lintèola) indica la coppia di lenzuola che si stende per preparare il letto
stare tra le lenzuola
Per la culla di Giulia ho preso un paio di lenzuola rosa.
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plurali doppi
LESSICALIZZATI, ALTERATI vedi FALSI ALTERATI
LIMITATIVE, CONGIUNZIONI
Le congiunzioni limitative sono congiunzioni subordinative che introducono le proposizioni >>>limitative.
Le più frequenti sono le congiunzioni che, quanto e le locuzioni >>>congiuntive per quanto, per quel(lo) che, quanto a
Quanto a voi, rimanete in attesa
Per quello che ne sappiamo, va tutto bene.
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congiunzioni
LIMITATIVE, PROPOSIZIONI
Nell’analisi del periodo, le proposizioni limitative sono proposizioni >>>subordinate che specificano l’ambito ristretto entro il quale è valido ciò che si dice nella proposizione >>>principale.
Le proposizioni limitative (si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o in implicite.
• Le limitative esplicite sono introdotte da a quanto, per quanto, per quel(lo) che, secondo quanto, secondo che.
Possono presentare il verbo:
- all’>>>indicativo
Le informazioni saranno trattate secondo quanto è stabilito dal Decreto Legislativo n. 196/2003
- al >>>congiuntivo
Per quanto avesse lavorato non era soddisfatto
- al >>>condizionale
Secondo quanto sarebbe emerso dalla prima ispezione («La Repubblica»)
• Le limitative implicite sono introdotte da per e in quanto a e presentano il verbo all’infinito
Per discutere di arte, Luciano è la persona più indicata
In quanto a lavorare, Marco non si stanca mai.
LIMITAZIONE, COMPLEMENTO DI
Nell’analisi logica, il complemento di limitazione indica entro quali limiti o in quale ambito è valido ciò che la frase afferma.
È introdotto dalle preposizioni di, in, per, a
Alberto è molto alto di statura
Enrica è bravissima in matematica
Come sei messo a soldi?
Il complemento di limitazione può essere introdotto anche da locuzioni >>>preposizionali come rispetto a, in quanto a, relativamente a, in fatto di ecc.
Rc auto alle stelle: a Pistoia rincari doppi rispetto alla media («Il Tirreno»)
In fatto di cibi, mia sorella ed io abbiamo gli stessi gusti
Sono da considerare complementi di limitazione anche costruzioni come a mio avviso, a tuo parere, secondo lui, a parere di, a giudizio di, secondo l’opinione di
A nostro avviso quel film è troppo lungo
A suo parere, Mario non meritava un trattamento simile.
LI O LÌ?
Si tratta di due >>>omografi.
• Li senza accento grafico (dal latino illi) è il pronome atono maschile plurale usato in funzione di complemento oggetto
Li vedi spesso quei tuoi amici?
I biglietti del concerto andrà a comprarli Valeria
• Lì con l’accento grafico (dal latino illic) è un avverbio di >>>luogo che identifica un punto non molto lontano da chi parla e da chi ascolta
Cerca lì fra quei libri
Visto che passi di lì, compra il giornale
Si può trovare anche abbinato a >>>preposizioni e >>>avverbi o in alcune >>>locuzioni
lì intorno
quel quaderno lì
fin lì
essere lì lì per.
USI
Li senza accento grafico (sempre da illi) è anche una variante antica dell’articolo >>>determinativo maschile plurale gli
Tutti li amici vi salutano (Lettera di G. Mamiani a T. Mamiani)
Ormai scomparsa dall’uso, questa forma sopravvive soltanto nelle date riportate in calce a testi di uso burocratico (documenti, contratti ecc.)
Pavia, li 17 ottobre 2011
Qui l’articolo si riferisce, com’era normale nei secoli scorsi, al numerale: sarebbe come dire “i 17 di ottobre”. Si deve a una confusione con l’avverbio di luogo l’errata grafia con l’accento, che pure ogni tanto si trova in alcuni moduli e documenti ufficiali
Pavia, *lì 17 ottobre 2011
Certo, la cosa migliore sarebbe evitare del tutto questa forma arcaica estranea all’italiano contemporaneo e scrivere semplicemente
Pavia, 17 ottobre 2011.
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monosillabi accentati e non accentati
LOCUZIONI
Le locuzioni sono gruppi di parole che, in relazione grammaticale tra loro, esprimono un determinato concetto e formano un’unità lessicale. A seconda della funzione che svolgono, si distinguono in
LOCUZIONI AVVERBIALI a momenti, di proposito
LOCUZIONI VERBALI andar su, mettere insieme
LOCUZIONI AGGETTIVALI stanco morto, amici per la pelle
LOCUZIONI POLIREMATICHE (POLIREMATICHE, ESPRESSIONI) pesce pagliaccio, biglietto da visita
LOCUZIONI CONGIUNTIVE nel caso in cui, per quanto
LOCUZIONI PREPOSIZIONALI invece di, non distante da
LOCUZIONI INTERIETTIVE al ladro!, Dio ci salvi!
-LOGÌA
-logìa è un >>>suffissoide che deriva dal greco logos ‘discorso’. Si trova in molte parole composte derivate dal greco o formate modernamente in cui significa ‘discorso, espressione’ o ‘studio, teoria, scienza’
tautologia (‘discorso che ripete la stessa cosa’)
psicologia (‘studio della psiche’)
zoologia (‘studio degli animali’)
ufologia (‘studio degli ufo’)
In alcune parole, però, il suffissoide -logìa assume un significato diverso, quello di ‘raccolta, scelta’, che deriva dal verbo greco lèghein
antologia (‘scelta delle parti migliori’)
carfologia (‘movimento automatico e continuo delle mani come per afferrare invisibili oggetti vaganti, osservabile nei malati deliranti o in stato di angoscia’).
LOGICA, ANALISI vedi ANALISI LOGICA
-LOGO, PLURALE DEI NOMI IN vedi -FAGO, -LOGO, PLURALE DEI NOMI IN
LÙBRICO O LUBRÌCO?
La pronuncia corretta di questo aggettivo che significa ‘sdrucciolevole’, ma anche ‘osceno, indecente’ sarebbe lùbrico, con accentazione >>>sdrucciola (come nell’etimo latino lùbricum ‘scivoloso’)
Il ciottolato era lùbrico, in forte pendio (C. E. Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana)
Tuttavia, la pronuncia non etimologica lubrìco (modellata su >>>rubrìca e, per contrasto, su quelle errate come *pùdico) è ormai talmente diffusa da essere diventata legittima per le orecchie della maggioranza dei parlanti
in preda a pensieri lubrìchi / andò sotto a un camion di fichi (F. Guccini, I Fichi)
Il plurale è lùbrici (femminile lùbriche).
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accento
LUOGO, AVVERBI DI
Gli avverbi di luogo servono a specificare il luogo di un’azione, la collocazione di una persona o di un oggetto nello spazio e la distanza di una persona o di un oggetto rispetto a chi parla o ascolta.
Rispetto a un luogo, conosciuto o sconosciuto, i principali avverbi di luogo sono i seguenti.
• Dentro, fuori, sopra, sotto, dietro, davanti, vicino, accanto, lontano, intorno, su, giù
È abbastanza alto per passarci sotto
Maria e Franco abitano vicino
Ieri gli sei passata davanti senza salutarlo
Stammi accanto!
• Via e altrove esprimono l’allontanamento da un luogo in modo generico
Paolo e Lucia sono già andati via
Pazienza: cercherò altrove
• Qui, qua, quassù, qua sotto ecc. indicano un luogo vicino a chi parla e meno vicino o lontano da chi ascolta. Qui e i suoi composti si usano per indicare un luogo ben definito, qua e i suoi composti si usano per indicare un’area senza una determinazione precisa, anche se i due avverbi sono spesso usati come sinonimi perfetti
Domani partiamo tutti da qui
Vieni qua!
Le chiavi devono essere qua sotto
• Lì, là, laggiù, là sopra ecc. indicano un luogo lontano sia da chi parla, sia da chi ascolta. Lì e i suoi composti si usano per indicare un luogo ben definito, là e i suoi composti si usano per indicare un’area senza una determinazione precisa, anche se spesso i due avverbi sono usati come sinonimi perfetti
Antonella è già lì che ci aspetta
Mi dispiace, là sopra non ci arrivo
Dovete continuare fino a laggiù
• In alcuni contesti, svolgono la funzione di avverbi di luogo anche i >>>pronomi personali atoni ci, vi e ne
Nell’astuccio non ci sono più penne (complemento di >>>stato in luogo)
Ho deciso, da Maria ci vengo anch’io (complemento di >>>moto a luogo)
Hanno ristrutturato la stazione? Non ci metto piede da anni (complemento di >>>moto per luogo)
Basta così: me ne vado (complemento di >>>moto da luogo).
USI
Gli avverbi costì e costà (con i composti costaggiù e costassù), tradizionalmente usati per indicare un luogo lontano da chi parla ma vicino a chi ascolta, sopravvivono oggi solo nell’uso parlato di Toscana
Rimani costì dove ti trovi.
STORIA
In italiano antico esistevano altri avverbi di luogo, oggi scomparsi o di uso rarissimo:
• indi ‘di là’
Fortuna, che sì spesso indi mi svia (P. Bembo, Rime)
• quinci e quindi ‘di qui’
Quinci l’invida dea gl’inseminati / campi mira (U. Foscolo, Le Grazie)
• quivi ‘qui, in riferimento a un luogo già nominato’
Uscimmo da una porta che mettea sulla laguna; e quivi era una gondola (S. Pellico, Le mie prigioni)
• lungi ‘lontano’
Ecco non lungi un bel cespuglio vede (L. Ariosto, Orlando furioso).
LUOGO, COMPLEMENTO DI
Nell’analisi logica, il complemento di luogo indica la disposizione nello spazio di un oggetto, di un essere animato o di un’azione.
È introdotto da varie >>>preposizioni proprie (come a, da, in, su, per, tra, fra), proposizioni improprie (come sopra, sotto, davanti, dietro ecc.) o da locuzioni >>>preposizionali (come in cima a, in mezzo a, nel mezzo di ecc.).
Tradizionalmente si distinguono quattro diversi complementi.
LUOGO, ESPRESSIONI DI
Sono espressioni di luogo alcune locuzioni>>>avverbiali costruite con varie >>>preposizioni, come ad esempio di qua e di là, di su e di giù
Quello dev’essere ubriaco: guarda come va di qua e di là!
Per indicare un luogo indeterminato si può usare anche in giro
A presto allora, ci vediamo in giro
Un tipo particolare di locuzione avverbiale di luogo è quella formata da un nome ripetuto due volte dopo un verbo di moto (andare, camminare). L’espressione assume il valore di moto: ‘vicino a, rasente a’
camminare muro muro
navigare riva riva
farcela pelo pelo
Vengono usate come espressioni di luogo anche numerose preposizioni improprie: contro, davanti, dietro, dentro, fuori, lungo, oltre, sotto, sopra, verso, vicino, presso
L’autobus ferma proprio davanti alla scuola
Passeggiava lungo il fiume
Cominciamo ad andare verso casa
È successo vicino a Bari.