I

 

 

 

-IARE, VERBI IN

 

I verbi che terminano in -iare si comportano in due modi.

• Se l’accento cade sulla i (la 1a persona singolare dell’indicativo ha la i di -iare accentata), la i si conserva

io invìo> io invii, loro inviino

io scìo> io scii, loro sciino

io avvìo > io avvii, loro avviino

• Se l’accento non cade sulla i (la 1a persona singolare dell’indicativo ha la i di -iare non accentata), la i scompare

io inìzio> io inizi, loro inizino

io stùdio > io studi, loro studino

io òdio > io odi, loro odino.

 

 USI 

Per il verbo odiare, anche se l’accento non cade sulla vocale tematica, è possibile usare alla 2ª persona singolare la forma tu odii, per distinguerla da tu odi, voce del verbo udire

mi odio più di quanto tu mi odii (P. Valduga, Cento quartine e altre storie d’amore).

 

 

IATO

 

Lo iato (dal latino hiatum ‘apertura’) è un gruppo di due vocali consecutive pronunciate in modo distinto e appartenenti a due sillabe diverse. Possiamo dunque considerarlo come il contrario del dittongo.

Lo iato si ha:

- quando nessuna delle due vocali è i o u

meandro, teologo, boa

- quando una delle due vocali è i o u accentata e l’altra vocale è a, e, o

mormorìo, tùa, caffna

- nelle parole composte, quando è evidente la distinzione tra prefisso e base

riecco (prefisso ri)

triennio (prefisso tri)

antiacido (prefisso anti).

 

VEDI ANCHE   

sillabe, divisione in

 

 

IBERISMI vedi PRESTITI

 

 

-IFICARE

 

Il suffisso verbale -ificare, derivato dal latino -ficare (a sua volta da facere ‘fare’), si usa con il significato di ‘compiere un’azione, fare, rendere’ sia in verbi derivati direttamente dal latino (edificare, fruttificare, santificare), sia in verbi formati modernamente

deserto > desertificare

dolce > dolcificare

tono > tonificare

Molte delle parole di coniazione moderna sono prestiti dal francese (così ad esempio codificare, mistificare, mummificare). 

In alcuni casi i verbi derivati partono da una base più vicina all’etimo latino

ampio> amplificare (dal latino amplus)

esempio > esemplificare (dal latino exemplum).

 

VEDI ANCHE   

derivate, parole

 

 

-IGLIA- O -ILIA-?

 

Alcuni aggettivi presentano una doppia forma

familiare / famigliare, filiale / figliale, consiliare / consigliare

Le due varianti, assolutamente equivalenti dal punto di vista del significato, sono entrambe pienamente accettabili, ma quelle in -ilia- risultano oggi molto più usate. 

 

 STORIA 

C’è una precisa motivazione storica per l’esistenza di coppie di questo genere. Le basi nominali come famiglia, figlio e consiglio sono di origine popolare e quindi hanno subito alcune trasformazioni fonetiche rispetto alle parole latine da cui hanno origine (familiam, filium, consilium); invece i derivati come familiare, filiale e consiliare sono parole ricalcate direttamente sul modello del latino (familiaris, filialis, consiliaris). In seguito, l’influsso delle basi nominali ha portato alla nascita delle forme parallele famigliare, figliale e consigliare

 

 

ÌLARE O ILÀRE?

 

La pronuncia corretta è ìlare, con la stessa accentazione sdrucciola della parola latina da cui deriva (hìlaris). La pronuncia ilàre è dovuta a un avanzamento dell’accento sul modello degli aggettivi in -are come regolare, familiare, popolare ecc.

 

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accento

 

 

ÌMPARI O IMPÀRI?

 

Si tratta di due omografi.

• L’aggettivo ìmpari ‘diseguale’ conserva l’accentazione sdrucciola della parola latina da cui deriva (ìmpar)

una sfida ìmpari, come quella tra Davide e Golia

Impàri, con accentazione piana, è invece la 2a persona singolare del presente indicativo del verbo imparare

più sbagli, più impàri.

 

 USI 

La pronuncia impàri per l’aggettivo è scorretta, ed è dovuta a un avanzamento dell’accento sul modello dell’aggettivo pari

L’accentazione è sdrucciola anche per l’aggettivo dìspari (dal latino dìspar).

 

 STORIA 

Nell’italiano letterario dei secoli scorsi sono attestate anche le forme degli aggettivi impàri e dispàri con accentazione piana

Di pugna impàri, e di spietato assalto (A. Manzoni, Adelchi)

Vidi due vecchi in abito dispàri (D. Alighieri, Purgatorio).

 

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accento

 

 

IMPERATIVO

 

L’imperativo è un modo verbale finito che esprime un comando, un ordine, una richiesta, un invito, un divieto. Si trova soltanto nelle proposizioni principali (volitive e esclamative); ha solo il tempo presente e la 2a persona singolare e plurale

parla, parlate; vieni, venite; corri, correte

Le persone mancanti sono sostituite in vario modo.

• Per la 1a persona, quando il parlante vuole rivolgersi a sé stesso può usare la 1a persona plurale del congiuntivo esortativo o la 2a persona singolare dell’imperativo

Carlo, stiamo tranquilli! / Carlo, stai tranquillo!

• Per la 3a persona singolare e plurale e per la 1a persona plurale si ricorre al congiuntivo esortativo

Quell’uomo se ne vada!

Che facciano silenzio!

Smettiamo questa scena pietosa!

In alcuni verbi (come gli ausiliari essere e avere o i verbi servili sapere e volere) il congiuntivo sostituisce anche la 2a persona singolare e plurale dell’imperativo. Per la 2a persona plurale si usano le forme regolari (siate, abbiate, sappiate, vogliate). Per la 2a singolare si usano, invece, le antiche forme sii, abbi, sappi, vogli ormai scorrette come forme del congiuntivo e di fatto specializzate come forme dell’imperativo

Sii buono: falla finita!

Se sei una brava persona, abbi rispetto del loro dolore

Sappi che è tutto vero

Voglimi bene lo stesso!

Per il verbo credere, il congiuntivo sostituisce solo la 2a persona plurale dell’imperativo negativo

Non crediate che sia facile!

Nell’imperativo negativo la 2a persona singolare è sostituita dall’infinito

non parlare!, non bere!, non alzarti!

Il futuro dell’imperativo può essere espresso con il cosiddetto futuro iussivo (futuro semplice, indicativo)

rimarrai in casa a studiare / rimarrete in casa a studiare.

 

 DUBBI 

Per la 2a persona singolare dei verbi stare, andare, fare, dare si usano nell’italiano contemporaneo due forme:

- la forma piena 

stai, vai, fai, dai

- la forma con l’apostrofo che indica il troncamento 

sta’, va’, fa’, da’

Le forme originarie sta, va, fa, da, molto diffuse nell’italiano antico, sono da considerarsi ormai arcaiche e come tali non più utilizzabili (se non in forme cristallizzate come la locuzione sostantivata va e vieni). Semplicemente scorrette, e dunque inaccettabili, sono le forme accentate stà, , ,

 

 USI 

Mentre nell’imperativo affermativo i pronomi atoni vengono uniti al verbo sempre alla fine (amalo, rispondimi, guardaci), nell’imperativo negativo possono trovarsi sia prima, sia dopo il verbo

non lo amare / non amarlo,  non lo fate / non fatelo

Il secondo tipo è oggi in forte espansione, ma il primo, sostenuto da un’ampia presenza nella tradizione letteraria otto-novecentesca, rimane ancora quello più diffuso.

 

 STORIA 

Nell’italiano antico anche l’imperativo affermativo poteva essere preceduto dal pronome atono, purché non si trovasse all’inizio di una frase

Or ti consuma e piangi (F. Petrarca, Canzoniere)

A partire dal Settecento si cominciò a usare questo imperativo anche a inizio di frase, soprattutto nel melodramma, nella poesia e nella tragedia (per questo è detto imperativo tragico)

T’arresta, infido (G. Rossini, Armida).

 

VEDI ANCHE   

personali, pronomi

 

 

IMPERATIVO NEGATIVO

 

L’imperativo negativo forma la 2a persona singolare con non + infinito

Non parlare Ada, non dire nulla. Non ti muovere (M. Mazzantini, Non ti muovere)

«Va là, va là non pensarci» scherzò Giacomelli (D. Buzzati, Sessanta racconti)

In tutti gli altri casi, si forma con l’aggiunta della negazione alla forma dell’imperativo

Non provate a mettere in dubbio quello che dico!

Non andate in giro da soli!

oppure del congiuntivo esortativo, in tutti i casi in cui sostituisce l’imperativo

Non siate tristi per la mia assenza!

Non abbiate paura!

Non vogliate dar retta a queste sciocchezze!

 

La 2a persona plurale dell’imperativo negativo dei verbi pensare e credere è resa con non + congiuntivo presente 

Lo so quanto voi, non crediate (E. Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo)

Non pensiate male, per carità!

 

 USI 

A differenza dell’imperativo affermativo, nell’imperativo negativo i pronomi possono trovarsi sia dopo sia prima del verbo

non dirglielo / non glielo dire 

non muoverti / non ti muovere

non siatelo / non lo siate

 

Entrambe le forme sono corrette, anche se la tradizione grammaticale ha preferito la forma con il pronome messo prima anziché quella con il pronome messo dopo il verbo, oggi più diffusa nell’uso comune. 

 

 

IMPERFETTO, CONGIUNTIVO

 

L’imperfetto congiuntivo è un tempo verbale che si usa sia nelle proposizioni principali, sia nelle proposizioni subordinate. 

• Nelle proposizioni principali può esprimere:

- un desiderio (congiuntivo desiderativo)

Fossimo tutti promossi…

- un dubbio (congiuntivo dubitativo)

Mario non ha mai parlato: che stesse male?

• Nelle proposizioni subordinate segue le regole della consecutio temporum: si usa per indicare contemporaneità rispetto a un verbo al passato nelle

 

 

 USI 

Scorretto, anche se sempre più diffuso nel parlato e negli scritti meno formali, l’uso del congiuntivo imperfetto con la funzione di congiuntivo esortativo al posto del congiuntivo presente, in origine tipico del parlato centromeridionale

*Stesse attento che non incriminano lui (www.libero-news.it).

 

 

IMPERFETTO, INDICATIVO

 

L’imperfetto indicativo è un tempo verbale che indica un’azione avvenuta nel passato e considerata nel suo svolgersi, nella sua durata, senza riferimento al suo inizio, alla sua conclusione o al suo scopo.

 

L’imperfetto indicativo svolge diverse funzioni.

• Descrive un’azione evidenziandone lo svolgimento (imperfetto descrittivo)

Camminavo sotto la pioggia da ore

• Descrive un’azione ripetuta o abituale (imperfetto iterativo)

Faceva sempre colazione con pane e burro

• Descrive un’azione cogliendone gli aspetti più dinamici e degni di essere raccontati (imperfetto narrativo o storico o cronistico)

All’improvviso prendeva la pistola e apriva il fuoco

In questo caso, l’imperfetto ha lo stesso valore del passato remoto, dato che descrive un’azione puntuale conclusa, senza legami con il presente.

• Descrive un’azione non portata a termine, ma soltanto progettata, desiderata o temuta (imperfetto conativo)

Per poco non vincevamo il campionato

• Esprime una richiesta o un desiderio nel presente, in modo educato e dimesso (imperfetto di modestia o attenuativo)

Mi scusi, volevo domandarle una cosa

• Nella protasi e/o nella apodosi del periodo ipotetico dell’irrealtà (III tipo), esprime un fatto che non è successo (imperfetto irreale o ipotetico o controfattuale)

Se me lo dicevi, non sarei venuto

Se me lo avessi detto, non venivo

Se me lo dicevi, non venivo

Si tratta (specie nell’ultimo caso) di usi propri del parlato e dello scritto informale, sconsigliabili quando la situazione comunicativa richiede un uso sorvegliato della lingua.

• Descrive un’azione avvenuta in un mondo inventato, ed è tipico dei racconti di sogni e di universi di fantasia come quelli creati dai bambini nei loro giochi (imperfetto onirico e ludico)

Allora andavo su Marte e incontravo Giulio Cesare

• Descrive, come il condizionale passato, un’azione futura in un contesto di eventi passati (imperfetto prospettivo)

Mi disse che Giulia partiva per la Scozia il giorno dopo.

 

 STORIA 

Per ragioni etimologiche (latino amabam), nell’italiano antico e a lungo nella tradizione letteraria, la 1a persona singolare dell’indicativo imperfetto era uguale alla 3a

Io era tra color che son sospesi (D. Alighieri, Inferno)

Senza accorgermi, mi trovava fuori di casa (U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis).

 

 

IMPERSONALI, VERBI

 

I verbi impersonali sono verbi usati senza un riferimento specifico a una persona che ne sia il soggetto. Si usano alla 3a persona singolare dei modi finiti e in tutti i modi indefiniti. 

 

Sono verbi di vario tipo.

verbi atmosferici come piovere, nevicare, tuonare, lampeggiare, grandinare, gelare, imbrunire, albeggiare

piove, nevicherà, tuonò, grandinava, avrebbe albeggiato

e locuzioni di significato analogo formate da fare + aggettivo / sostantivo

fa caldo, fa notte, fa giorno, fa bello

• Verbi che formano una proposizione soggettiva come sembrare, parere, accadere, succedere, bastare, bisognare, importare, toccare, dispiacere

Sembra che arrivi il sole

È successo che tuo fratello si è ammalato

Bastava fare il bravo

• Il verbo essere + aggettivo / avverbio, che dà vita a una proposizione soggettiva

È possibile che faccia tardi

È bene che ci sia una donna

o combinato con espressioni temporali, come

È una vita che ti aspetto

È da due settimane che non vedo Paolo

• Alcuni verbi in forma passiva che indicano un permesso o un divieto, come essere concesso, essere dato, essere permesso, essere vietato, essere proibito

È dato sapere cosa sta succedendo?

È proibito entrare

I verbi che formano una proposizione soggettiva come sembrare, parere, risultare, accadere, succedere possono trovarsi in proposizioni sia implicite, sia esplicite. 

• Si trovano in una proposizione implicita:

- quando il significato della frase è pienamente impersonale

sembra di volare, successe di perdere la strada

- quando il soggetto logico della proposizione principale coincide con il soggetto grammaticale della proposizione soggettiva

Mi sembra di star meglio (= a me sembra che io stia meglio) 

Gli succede di svegliarsi di notte (= a lui succede che lui si svegli di notte)

• Si trovano in una proposizione esplicita:

- quando la proposizione soggettiva ha un soggetto più o meno specifico

Sembra che i barbari siano arrivati

- quando l’azione espressa nella proposizione soggettiva è posteriore

Gli sembrò che non avrebbe ceduto

Con i verbi che indicano apparenza come sembrare, parere, risultare, apparire, il costrutto esplicito può essere trasformato in implicito se il soggetto della proposizione soggettiva diventa il soggetto della proposizione principale e il verbo si trasforma da impersonale a personale

Sembra che il computer si sia acceso > Il computer sembra essersi acceso 

I due costrutti possono essere anche coordinati tra loro

Gli sembrava di stare meglio e che il raffreddore gli fosse passato

Ci sono poi costrutti verbali impersonali che si possono creare con qualunque verbo, ricorrendo a diverse modalità.

• Il si impersonale (se il verbo è intransitivo o transitivo senza il complemento oggetto espresso)

A casa tua si mangia sempre bene

• La 3a persona singolare di un verbo in forma passiva (soprattutto con verbi che esprimono una dichiarazione, un’idea, un permesso, un divieto)

È stato detto che il problema non era grave

• I pronomi indefiniti uno, qualcuno

Qualcuno non era d’accordo

• La 2a persona singolare o la 3a persona plurale

Vatti a fidare!

Dicono che è arrivato un nuovo ispettore.

 

 DUBBI 

Nei tempi composti dei verbi impersonali si usa l’ausiliare essere

è sembrato, era successo, sarebbe bastato

Solo con i verbi atmosferici si può usare sia l’ausiliare essere sia l’ausiliare avere, senza nessuna sostanziale differenza di significato

Ha piovuto per due giorni / È piovuto per due giorni

Non avendo un soggetto di riferimento, la concordanza del participio passato resta al maschile singolare

È sembrato che Giulia sorridesse.

 

VEDI ANCHE   

avere o essere?

 

 

IMPROPRIE, INTERIEZIONI vedi INTERIEZIONI PRIMARIE

 

 

IN (PREPOSIZIONE)

 

La preposizione semplice in può presentarsi in diverse forme. 

Quando si trova prima di un articolo determinativo, si fonde con l’articolo, dando origine alle preposizioni articolate

nel, nello, nella, nei, negli, nelle

La preposizione in può svolgere diverse funzioni.

• Collegare due elementi, introducendo diversi tipi di complementi indiretti

 

COMPLEMENTO DI >>>STATO IN LUOGO Lo trovi in stazione

COMPLEMENTO DI >>>MOTO A LUOGO Torniamo in Italia

COMPLEMENTO DI  >>>MOTO PER LUOGO Passò in corridoio come un fulmine

COMPLEMENTO DI >>>TEMPO DETERMINATO Nel mese di aprile si seminano i pomodori

COMPLEMENTO DI >>>TEMPO CONTINUATO Scriverò il nuovo libro in due mesi

COMPLEMENTO >>>PREDICATIVO DELL’OGGETTO Gli ho dato in dono un cellulare

COMPLEMENTO DI >>>MATERIA Tubi in titanio

COMPLEMENTO DI >>>LIMITAZIONE Paolo è bravo in italiano

COMPLEMENTO DI >>>MEZZO O STRUMENTO Ho viaggiato in treno

COMPLEMENTO DI >>>MODO O MANIERA Bisogna fare in fretta

COMPLEMENTO DI >>>MISURA Siamo in venti

COMPLEMENTO DI >>>PREZZO O STIMA Ti tengo in grande considerazione

COMPLEMENTO DI >>>CAUSA Esulto nel ricordo della vittoria

COMPLEMENTO DI >>>FINE O SCOPO Mandarono l’autoambulanza in soccorso dei feriti

COMPLEMENTI DI >>>VANTAGGIO E SVANTAGGIO L’ho fatto nel tuo interesse; L’ha fatto in spregio di te

 

• Collegare due frasi distinte, introducendo una proposizione temporale implicita

è inciampato nel girarsi verso di lei. 

 

 USI 

La preposizione in si può usare dopo il cognome da nubile, davanti al cognome del marito

Chiara Rossi in Bianchi

Per indicare stato in luogo, nell’italiano contemporaneo si usa la preposizione in con i nomi di vie, piazze, regioni e nazioni; si usa invece la preposizione a con i nomi di città

in via Quasimodo, in piazza Unità d’Italia, in Friuli, nel Molise, in Islanda

a Milano, a Roma, a Venezia, a Trieste

Nel registro formale e ufficiale, tuttavia si può usare anche in con i nomi di città, soprattutto dopo un nome che indica una professione

Carlo De Stefano ingegnere in Torino

Con i nomi di vie e piazze è ormai normale anche l’uso di a, originariamente diffuso a Roma e nell’Italia meridionale

a via Garibaldi, a piazza Emanuele Filiberto.

 

VEDI ANCHE   

preposizioni

 

 

IN- (PREFISSO)

 

Il prefisso in- (dal latino in-) può assumere in italiano due diversi valori.

• Può indicare mancanza, privazione, contrarietà, opposizione in parole derivate dal latino (inutile, insano) o formate modernamente (inorganico, inconsapevole), in cui il secondo elemento può essere un sostantivo, un aggettivo, un participio presente o un participio passato

esperienza > inesperienza

organico > inorganico

curante > incurante

difeso > indifeso

• Può essere usato per la formazione di verbi parasintetici derivati dal latino (incurvare, incorporare) o formati modernamente a partire da un sostantivo o da un aggettivo

pantano > impantanarsi

geloso> ingelosirsi

oppure per formare verbi da altri verbi: in questi casi la derivazione è per lo più avvenuta già in latino e il prefisso conserva il valore originario della preposizione in ‘dentro’ (indurre, influire, infondere), significato che può avere anche in alcuni derivati da sostantivi (incarcerare, incassare, ingabbiare).

Davanti a parole che cominciano con l-, m- o r-, la n del prefisso si assimila al suono iniziale della parola seguente (in- + l > ill-, in + m > imm-, in + r > irr-)

logico > illogico

medesimo > immedesimarsi

razionale > irrazionale

Davanti a parole che iniziano con b- o p-, la n diventa m

possibile > impossibile

borghese> imborghesirsi

Nei verbi parasintetici, in combinazione con parole che cominciano con s + consonante, la n può scomparire (soprattutto quando il verbo esisteva già in latino) 

istruire, istituire, ispezionare, istigare

oppure conservarsi (soprattutto quando il verbo si è formato in italiano) 

installare, instaurare, inscenare, instradare

In alcuni casi le due forme convivono assumendo due distinti significati

ispirare (‘suscitare un pensiero, un sentimento’) / inspirare (‘immettere aria dentro’)

Nelle stesse condizioni, la n si conserva sempre negli aggettivi che hanno una connotazione negativa

inscusabile, inscindibile, inspiegabile.

 

 STORIA 

Nella lingua letteraria dei secoli scorsi erano frequenti parole che cominciavano con le forme non assimilate inl-, inp-, inr- anche se spesso si tratta solo di un fatto grafico senza una reale corrispondenza nella pronuncia

Dio vede tutto, e tuo veder s’inluia (D. Alighieri, Paradiso)

Bolognesi e aretini furon presi assai, e tutti gl’inpiccarono (D. Compagni, Cronica)

Posto che possibile fosse, sarebbe inrazionale (D. Alighieri, Convivio).

 

VEDI ANCHE   

derivate, parole

 

 

-INA, FEMMINILE IN

 

In alcuni nomi che hanno l’alternanza di genere e di significato, il femminile si ottiene con il suffisso -ina, che in questi casi non ha un reale valore diminutivo

gallo > gallina

eroe > eroina

zar > zarina.

 

 USI 

Fino a non molto tempo fa, i nomi di origine inglese in -er potevano formare il femminile in -ina

speaker > speakerina

leader > leaderina

ma si tratta di forme ormai in disuso; oggi si preferisce la forma invariata accompagnata dall’articolo o dall’aggettivo femminile

la speaker, una brava leader.

 

VEDI ANCHE   

plurale dei nomi

 

 

INCÀVO O ÌNCAVO?

 

La pronuncia corretta è incàvo, con accentazione piana. La parola deriva infatti dal verbo incavare, la cui prima persona dell’indicativo presente è io incàvo.

La accentazione sdrucciola ìncavo è dovuta a una errata ritrazione dell’accento e deriva probabilmente dal modello dell’aggettivo còncavo.

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

INCIAMPARE: AVERE O ESSERE?

 

Il verbo inciampare può essere usato, nei tempi composti, sia con l’ausiliare essere, sia con l’ausiliare avere (la prima soluzione appare oggi quella più diffusa)

Correvo e sono inciampato

Ha inciampato nel suo peggior nemico

In base alle norme della concordanza, quando si usa l’ausiliare essere il participio passato deve avere lo stesso genere e lo stesso numero del soggetto

Chiara è inciampata su un sasso / Chiara ha inciampato su un sasso.

 

VEDI ANCHE   

avere o essere?

 

 

INCIDENTALI, PROPOSIZIONI

 

Nell’analisi del periodo, le proposizioni incidentali (dette anche parentetiche) sono proposizioni coordinate o subordinate costituite da una frase (detta anche inciso) posta all’interno di un’altra frase.

Di solito sono racchiuse tra due virgole, due trattini o due parentesi tonde

Luca, mi pare, arriverà domani

Il suo migliore piazzamento – ci risulta – è stato un terzo posto

Giovanni, Claudio e (se vogliamo essere sinceri) Anna sono i veri responsabili

Le proposizioni incidentali possono trovarsi anche tra la fine di un’altra frase e un segno di punteggiatura forte (il punto) o intermedio (due punti e punto e virgola). In questi casi, l’inizio dell’inciso può essere segnalato solo dalla virgola

Il treno è già arrivato, mi sembra

Il treno è già arrivato, mi sembra: guarda là

Il treno è già arrivato, mi sembra; non ti conviene salire?

Le proposizioni incidentali si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano primarie o secondarie.

• Le proposizioni incidentali primarie non hanno alcun legame formale con la frase nella quale sono inserite e hanno il verbo all’indicativo, al congiuntivo, al condizionale o al gerundio

Le loro azioni, a quanto pare, non sono efficaci

Tu ed io – sembrerebbe – siamo molto simili 

Tra poco – voglia il cielo! – Mauro avrà finito i compiti 

I due (stando alle indiscrezioni) si sposeranno l’anno prossimo

• Le proposizioni incidentali secondarie, invece, hanno un legame sintattico con la frase nella quale sono inserite. Sono introdotte da una congiunzione coordinativa (e, o) o subordinativa (come, se, sebbene, che) e hanno il verbo all’indicativo, al congiuntivo, al condizionale o all’infinito

L’unico assente, e non poteva essere altrimenti, era Luigi

La vittoria (se non sbaglio) è imminente

Quel tuo amico – come dire – non ci piace.

 

 USI 

Quando una proposizione incidentale – anteposta o posposta – introduce l’indicazione in una battuta di dialogo, il verbo precede quasi sempre il soggetto

«Eccoci arrivati» dice Luigi

«Dove sono andati?» chiese lei.

 

 

INCOATIVI, VERBI

 

I verbi incoativi sono verbi della III coniugazione che presentano l’inserimento dell’interfisso -isc- tra la radice e la desinenza

Questo ampliamento avviene solo in alcune voci.

• Nella 1a e 2a persona singolare e nella 3a persona singolare e plurale dell’indicativo presente

fin-isc-o, cap-isc-i, prefer-isc-e, contribu-isc-ono

• Nella 1a e 2a persona singolare e nella 3a persona singolare e plurale del congiuntivo presente

defin-isc-a, favor-isc-a, obbed-isc-a, sment-isc-ano

• Nella 2a persona singolare e 3a persona singolare e plurale dell’imperativo

inser-isc-i!, guar-isc-a!, reag-isc-ano!

 

 STORIA 

Questi verbi si chiamano incoativi per analogia con i verbi latini in -sco come senesco ‘comincio a invecchiare’ o pallesco ‘comincio a impallidire’, che indicano l’inizio di un’azione (dal latino incohare ‘cominciare’). Pur avendo conservato il nome, questi verbi non hanno più questo valore.

 

 

INDEFINITI, AGGETTIVI

 

Gli aggettivi indefiniti sono aggettivi determinativi che indicano qualcuno o qualcosa in modo generico e indeterminato. 

A seconda del significato si possono suddividere in quattro categorie: singolativi, collettivi, quantitativi e negativi.

1. Gli aggettivi indefiniti singolativi indicano una persona o una cosa considerandola in modo singolo, individuale

qualche spicciolo, alcuni momenti, certo languore, tale decisione, altri uomini, la casa altrui

Le forme più comuni sono quelle indicate nello schema qui sotto

 

 

• Le forme certuno e taluno si usano soltanto nel registro formale o burocratico

Taluni documenti non sono validi

Tale può avere anche valore di aggettivo dimostrativo

tale circostanza (= questa circostanza) 

Qualche si usa solo al singolare

qualche uomo, qualche casa

per rafforzarne il significato si può combinare con l’articolo indeterminativo

un qualche dubbio, una qualche soluzione

• Con i nomi al plurale si usa alcuni

qualche momento / alcuni momenti, qualche pagina / alcune pagine

La forma singolare alcuno può essere usata in una frase negativa al posto di nessuno

Non vedo nessun problema / Non vedo alcun problema (oppure problema alcuno)

Solo nella tradizione letteraria si trova usata anche in frasi positive

Se voi, don Gesualdo, trovaste di collocarlo in alcuno dei vostri negozi, fareste un affare d’oro! (G. Verga, Mastro-don Gesualdo)

Al plurale, invece, è piuttosto comune anche nelle frasi positive, di solito seguito da un complemento partitivo o da una proposizione relativa

Questi sono solo alcuni dei problemi rilevati 

Ce ne sono alcune che non avevo mai visto

Certo ha il valore di aggettivo indefinito se usato prima del nome; se usato dopo il nome, ha il significato di ‘sicuro’

Secondo certe testimonianze, sarebbe ancora vivo (= alcuni dicono che sia ancora vivo)

Testimonianze certe lo danno per vivo (= siamo sicuri che sia ancora vivo)

Anche certo si può usare con l’articolo indeterminativo per rafforzare un’espressione indefinita

un certo appuntamento, una certa Anna

Certo indica qualcuno o qualcosa di cui non si conosce niente di preciso; qualche indica qualcuno o qualcosa di cui si potrebbero conoscere alcune caratteristiche (ad esempio il numero, la quantità)

In aula c’erano certe persone (= persone completamente sconosciute) 

In aula c’era qualche persona (= un numero esiguo di persone)

In altri casi, certo può avere un significato allusivo o eufemistico per indicare qualcuno o qualcosa di sconveniente

Ho saputo certe cose su di lui…

ma anche un valore accrescitivo

Ha certe braccia

o spregiativo

Lui non frequenta certe gente

2. Gli aggettivi indefiniti collettivi indicano un insieme di persone o cose, considerandolo nella sua totalità oppure nella sua genericità

tutto il mondo, ogni donna, ciascun albero, qualunque giorno

Le forme più comuni sono quelle indicate nello schema qui sotto

 

 

• La forma cadauno si usa nello scritto formale, soprattutto con valore di pronome distributivo

Al prezzo di un euro cadauno

Qualunque e qualsiasi hanno lo stesso significato e si equivalgono nell’uso; qualsivoglia si usa soprattutto nello scritto

Qualunque persona saprebbe farlo funzionare

Mi va bene qualsiasi lavoro

Completamente abusivi, in quanto sprovvisti di qualsivoglia autorizzazione comunale («Il Resto del Carlino»)

Davanti al nome indicano un insieme nella sua totalità

qualunque uomo, qualsiasi uomo

qualunque vestito, qualsiasi vestito

dopo il nome (che deve essere preceduto dall’articolo indeterminativo) assumono un significato vagamente spregiativo, indicando banalità, mediocrità o casualità 

un uomo qualunque, un uomo qualsiasi (= un uomo senza particolari pregi)

un vestito qualunque, un vestito qualsiasi (= preso a caso: l’uno vale l’altro)

Qualunque, qualsiasi, qualsivoglia sono sempre invariabili, e possono accompagnarsi a un nome plurale solo se lo seguono

Non servono leggi qualunque (non qualunque leggi)

Qualunque, qualsiasi e qualsivoglia, se anteposti, possono avere l’articolo indeterminativo (un qualunque amico, ma anche qualunque amico), mentre gli altri aggettivi indefiniti collettivi non possono avere l’articolo.

Tutto può essere usato sia con l’articolo determinativo, sia con l’indeterminativo

tutti gli amici 

è tutta una messa in scena

3. Gli aggettivi indefiniti quantitativi indicano una quantità generica

poco sole, tante piante, molti pericoli, troppo smog, parecchie squadre

Le forme più comuni sono quelle indicate nello schema qui sotto

 

 

Tutto ha un valore accrescitivo quando si combina con un nome o un’intera espressione di valore aggettivale

Claudio è tutto pepe (= molto vivace)

Laura è tutta casa e chiesa (= dedita alla famiglia e molto religiosa)

La concordanza può essere sia con il soggetto, sia con il nome che segue

Federico è tutto barba / Federico è tutta barba

Poco, molto, tanto, troppo preceduti dall’articolo determinativo rafforzano e specificano il dato quantitativo

I molti amici di Francesco gli vogliono tutti bene (= tutti i numerosi amici)

Molti amici vogliono bene a Francesco (= un numero alto ma imprecisato)

Le poche cose che mi fanno felice (= tutte le cose)

Poche cose mi fanno felice (= un numero esiguo ma imprecisato)

4. Gli aggettivi indefiniti negativi conferiscono alla frase un significato negativo 

nessun animale, alcun problema, non una mano

Le forme più usate sono quelle riportate nello schema qui sotto

 

 

Nullo si usa oggi solo come aggettivo qualificativo con il valore di ‘inefficace, vano, non valido’

Quella strategia si è rivelata nulla

Un atto nullo

Gli aggettivi negativi posti prima del verbo non possono essere rafforzati da un’altra negazione

Nessun computer funziona (non nessun computer non funziona)

Se si trovano dopo il verbo, invece, richiedono sempre una seconda negazione

Non ho nessun computer (non ho nessun computer)

Se però sono usati in alternativa a un altro aggettivo indicante quantità, non richiedono la seconda negazione

Ho poca, o nessuna, fiducia in lui.

 

 USI 

Negli aggettivi indefiniti composti di uno (nessuno, alcuno, ciascuno ecc.) l’alternanza con le forme soggette a troncamento (nessun, alcun, ciascun) segue le stesse regole che valgono per l’articolo indeterminativo

nessun esame, alcun ministro, ciascuno straniero

Al femminile, davanti a nome iniziante per vocale, si può usare anche la forma con elisione (piuttosto rara nell’italiano contemporaneo)

nessuna idea / nessun’idea

Tale e quale possono essere soggetti a troncamento (ma si tratta di forme non molto comuni nell’italiano contemporaneo)

una tale analisi / una tal analisi 

un certo quale languore / un certo qual languore

Le forme soggette a troncamento sono presenti in alcune parole con univerbazione

talora, qualora, talvolta, qualvolta

e in alcune espressioni cristallizzate

in tal modo, qual buon vento?

 

 STORIA 

Numerose sono le forme della tradizione letteraria non più in uso nell’italiano contemporaneo; si possono citare ciascheduno (= ciascuno), cotanto (= tanto), cotale (= tale), veruno, niuno, nullo (= nessuno) e la forma punto (= nessuno), ormai limitata all’uso regionale toscano

Ciascheduna cosa la quale l’uomo fa (G. Boccaccio, Decameron)

Cotale fu la mormorazione (G. Pascoli, Poemi italici)

E parmi, che pur dianzi / fosse ’l principio di cotanto affanno (F. Petrarca, Canzoniere)

Amor ch’a nullo amato amar perdona (D. Alighieri, Inferno)

Bevono pochissimi o punti liquori (R. Fucini, Le veglie di Neri).

 

 

INDEFINITI, MODI vedi MODI DEL VERBO

 

 

INDEFINITI, PRONOMI

 

I pronomi indefiniti sono pronomi che indicano qualcuno o qualcosa in modo generico e indeterminato. Come gli aggettivi indefiniti, i pronomi indefiniti si possono suddividere in quattro categorie: singolativi, collettivi, quantitativi, negativi.

1. I pronomi indefiniti singolativi indicano una persona o una cosa singola in modo non precisato

alcuni sono già arrivati

Oltre alle forme desunte dagli aggettivi indefiniti singolativi, esistono forme proprie

 

 

• Il pronome uno e i suoi composti (ciascuno, nessuno ecc.) non sono mai soggetti a troncamento

uno esulta, ciascuno ama, nessuno di voi

tranne che davanti all’avverbio altro

qualcun altro, nessun altro

Uno e altro danno vita a diversi nessi correlativi (correlative, congiunzioni): altro […] altro, l’uno […] l’altro, gli uni […] gli altri

Altro è vincere, altro è perdere

L’uno arrivava, l’altro scappava

Gli uni mangiano, gli altri bevono

In frasi affermative, il singolare uno può anche non avere l’articolo determinativo

Uno dice una cosa, l’altro la nega

Altri è un pronome che si usa soltanto per il soggetto maschile singolare ed è tipico del registro formale

Altri verrà a sostenere la sua causa

• Quando qualcosa regge un verbo al tempo composto, il participio passato del verbo può avere la concordanza sia al maschile del genere grammaticale del pronome, sia al femminile di cosa

Qualcosa è successo

Qualcosa è successa

Se il participio precede, si usa quasi sempre il maschile

È successo qualcosa?

quando, invece, regge un aggettivo partitivo, la concordanza è sempre al maschile singolare

qualcosa di brutto è successo

La forma separata (e più antica) qualche cosa ha preferibilmente la concordanza al femminile singolare

Qualche cosa è successa

Qualche cosa di bello è successa

Qualcosa presenta anche le forme alterate tipiche del registro informale qualcosina, qualcosetta, qualcosuccia

Ranieri conferma: «Rinforzi? In mezzo manca qualcosina» (www.lastampa.it)

2. I pronomi indefiniti collettivi indicano un insieme, considerato nella sua totalità oppure nella sua genericità 

tutti sono stati avvertiti

Oltre alle forme desunte dagli aggettivi indefiniti collettivi, esistono forme proprie

 

 

 

Tutto può essere collegato a un aggettivo numerale cardinale con la congiunzione e

tutti e due, tutte e tre, tutti e sei

Piuttosto frequente, in questi casi, anche la forma con elisione 

Comunque ci sei riuscito ad averci tutt’e due! (C. Comencini, Il cappotto del turco)

Solo in questa finale 1927 giocarono tutt’e quattro! (www.ubitennis.com)

Tutto è soggetto a elisione anche in alcune locuzioni avverbiali 

tutt’a un tratto, tutt’al più, tutt’intorno, tutt’altro

3. I pronomi indefiniti quantitativi indicano una quantità indeterminata. Le forme sono le stesse degli aggettivi indefiniti quantitativi: poco, tanto, molto, troppo, alquanto, parecchio, altrettanto

Molti non sanno sciare

Molto, poco, tanto possono essere soggetti ad alterazione

Gli piace moltissimo

Sto un pochino meglio

Mi manchi tantissimo

Poco è soggetto a troncamento nella forma un po’ (segnalata dall’apostrofo)

Ci vuole un po’ di sale

Tanto e quanto sono soggetti a elisione davanti alla 3a persona singolare del presente indicativo del verbo essere

tant’è, quant’è

4. I pronomi indefiniti negativi negano completamente qualcosa. Le forme sono nessuno, niente, nulla

Continueremo a non capirci niente

Non ho visto nessuno

Non si sentiva nulla

• Tutte e tre queste forme possono essere usate con valore affermativo in frasi interrogative o ipotetiche

Hai sentito niente?

C’è nessuno che possa aiutarti?

 

 

INDETERMINATIVI, ARTICOLI

 

L’articolo indeterminativo si usa in riferimento a un elemento che fa parte di una categoria di persone, animali, oggetti, concetti

Un uomo si aggira per le strade 

Una parola di conforto sarebbe importante

o in riferimento a qualcuno o qualcosa introdotto nella frase come elemento nuovo

Vedrai un uomo

Aspettiamo un’idea innovativa

Le forme dell’articolo indeterminativo, che ha soltanto il singolare, sono le seguenti

 

 

L’articolo maschile singolare uno si usa:

- davanti a parole che cominciano con i o j con il valore di semiconsonante, gn di gnomo, ps, pn, s seguita da consonante, sci-, sce-, x, y, z

uno iettatore

uno juventino

uno gnocco

uno psicologo

uno pneumotorace

uno storico

uno sciocco

uno xilofono

uno yen

uno zio

- davanti a parole che cominciano con una consonante seguita da un’altra consonante (diversa da l o r)

uno pterodattilo

uno ’ndranghetista

ma un flusso, un gradino

La forma con troncamento un si usa in tutti gli altri casi

un amico

un dado

un terreno

un erede

L’articolo femminile singolare una si usa davanti a parole che cominciano con consonante

una macchina

una scienza

una casa

Davanti a parole che cominciano per vocale l’articolo una è soggetto a elisione e diventa un’

un’amica

un’elezione

Tuttavia, nell’italiano scritto l’elisione di una davanti a vocale può anche essere evitata

Non è una amara constatazione che attinge a un luogo comune, ma una seria ipotesi scientifica (www.corriere.it)

Si può sopperire alla mancanza del plurale con:

- l’articolo partitivo dei, degli, delle

dei lavori, degli amici, delle mele

ma la sostituzione non è possibile quando il partitivo è preceduto da preposizione

le famiglie *di dei miei amici 

- l’aggettivo indefinito singolativo alcuni

alcuni lavori, alcuni amici, alcune mele

ma la sostituzione non è possibile quando il plurale è in relazione con un singolare indeterminato

volete un melone o *alcune ciliegie?

- l’eliminazione dell’articolo e l’uso diretto del sostantivo

esistono lavori molto faticosi 

Le forme plurali uni e une si usano come pronomi indefiniti singolativi in sequenze correlative

Gli uni parlano, gli altri tacciono

Le une annuivano, le altre negavano.

 

 DUBBI 

Qualche dubbio può sorgere riguardo all’uso dell’articolo prima delle parole straniere.

• Con le parole straniere che iniziano per w, l’articolo viene selezionato in base alla pronuncia:

- se la w viene pronunciata come u semiconsonante (come la u di uovo), l’articolo è uno

uno whiskey, uno webmaster

- se la w viene pronunciata come v o non viene pronunciata l’articolo è un

un wafer, un writer

• Con le parole straniere che iniziano per h, dato che la lettera in italiano non viene pronunciata, ci si dovrebbe regolare sul suono seguente

un hamburger (dall’inglese)

un habitué (dal francese)

un hidalgo (dallo spagnolo)

un Hinterland (dal tedesco)

un harem (dal turco)

un harakiri (dal giapponese)

e anche, dal latino

un herpes 

Al femminile si può usare anche l’apostrofo che segnala l’elisione

un’habanera

un’hostess

un’habitué

ma in alcuni casi di parole provenienti dall’inglese, la presenza della h iniziale non è del tutto ininfluente sulla pronuncia, il che porta ad alcune oscillazioni

un hot dog / uno hot dog (molto più frequente)

un hair stylist / uno hair styilst

un’holding / una holding (molto più frequente).

 

VEDI ANCHE   

determinativi, articoli

prestiti

 

 

INDICATIVI, AGGETTIVI vedi DETERMINATIVI, AGGETTIVI

 

 

INDICATIVO

 

L’indicativo è il modo verbale finito più comune e frequente, usato per indicare un fatto, un’azione, un’idea come reali, obiettivi, sicuri; ha otto tempi

 

 

L’indicativo è usato sia nelle proposizioni principali

Domani tornerà a casa

sia in proposizioni subordinate di vario tipo

 

PROPOSIZIONI >>>OGGETTIVE Ti dico che è tornato

PROPOSIZIONI >>>SOGGETTIVE Si sa che è suo marito

PROPOSIZIONI >>>DICHIARATIVE Questo non capisco: come riesci a studiare

PROPOSIZIONI >>>INTERROGATIVE INDIRETTE Mi chiedo come fai a sopportarlo

PROPOSIZIONI >>>CONSECUTIVE È così simpatico che tutti gli vogliono bene

PROPOSIZIONI >>>CAUSALI L’ho fatto perché ero curioso

PROPOSIZIONI >>>CONDIZIONALI Se premi quel pulsante, il computer si accende

PROPOSIZIONI >>>AVVERSATIVE Tutti dicono che è a casa, mentre sappiamo che non è vero

PROPOSIZIONI >>>CONCESSIVE Anche se stava male, Fabio riusciva a guidare

PROPOSIZIONI >>>TEMPORALI Quando piove, è meglio starsene al coperto

PROPOSIZIONI >>>ECCETTUATIVE Era arrivato in stazione se non che c’era sciopero

PROPOSIZIONI >>>COMPARATIVE Il film è come te l’ho descritto io

PROPOSIZIONI >>>LIMITATIVE Per quanto ne so, Chiara non verrà

PROPOSIZIONI >>>RELATIVE Quel libro che ti piaceva così tanto è scomparso

PROPOSIZIONI >>>INCIDENTALI Francesco tornerà – sembra – a casa

 

 

INDIPENDENTI, NOMI vedi NOMI INDIPENDENTI AL MASCHILE E FEMMINILE

 

 

INDIPENDENTI, PROPOSIZIONI vedi PRINCIPALI, PROPOSIZIONI

 

 

INDIVIDUALI, NOMI 

 

Il nome individuale è un sostantivo che indica un singolo elemento di una categoria, persona, animale o cosa

soldato

insetto

isola

foglia

I nomi individuali si contrappongono ai nomi collettivi, con cui si identifica l’insieme di cui il singolo elemento fa parte

esercito (‘insieme di soldati’)

sciame (‘insieme di insetti’)

arcipelago (‘insieme di isole’)

fogliame (‘insieme di foglie’).

 

 

INERENTE A O INERENTE?

 

Inerente, ‘che riguarda, che è in relazione con’, è un participio presente usato con valore aggettivale e, proprio come il verbo intransitivo da cui deriva, inerire, regge la preposizione a

i documenti inerenti al processo, i fatti inerenti alla vicenda

Il costrutto *inerente qualcuno, *inerente qualcosa è scorretto, ma molto comune nell’uso burocratico, perché modellato su altri participi presenti usati con valore aggettivale, come riguardante, implicante, concernente, che – provenienti da verbi transitivi – reggono il complemento oggetto.

 

 

INFÌDO O ÌNFIDO?

 

La pronuncia corretta è infìdo, con accentazione piana, come nella parola latina da cui deriva (infìdus). 

La accentazione sdrucciola è scorretta e deriva probabilmente dal modello di aggettivi come ìnfimo, ìntimo.

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

INFINITO

 

L’infinito è un modo verbale indefinito che ha soltanto i tempi presente e passato: l’infinito presente (o semplice) e l’infinito passato (o composto); l’infinito passato si forma con l’infinito dell’ausiliare e il participio passato del verbo:

- presente: amare, scrivere, dormire

- passato: avere amato, avere scritto, avere dormito

L’infinito è usato sia nelle proposizioni principali, sia in quelle subordinate.

• Quello nelle proposizioni subordinate è l’uso più frequente. In particolare, l’infinito si può trovare nella forma implicita delle seguenti proposizioni

 

 

Inoltre, l’infinito si usa con i verbi servili

può aiutare, dovevi leggere, vorranno andare

con i verbi fraseologici

continua ad andare, abbiamo finito di scrivere, cominciò a piovere

e nell’imperativo negativo alla 2a persona singolare

non parlare, non toccare, non andare

• L’infinito, tuttavia, può essere usato anche in alcune proposizioni principali, con diversi valori:

- dubitativo

Che fare?

- esclamativo

E dire che una volta eri simpatico!

- iussivo (che esprime un ordine)

Cuocere per cinque minuti

- desiderativo (o ottativo)

Averlo saputo prima!

Nelle proposizioni enunciative, preceduto da ecco, può indicare un fatto improvviso o un’azione immediata (infinito narrativo o descrittivo)

Ecco arrivare l’ambasciatore

Con la preposizione a evidenzia l’aspetto intensivo, durativo, ripetitivo dell’azione

E lui lì a sbraitare in continuazione.

 

 DUBBI 

Nell’analisi del periodo può sorgere il dubbio se un infinito sia da intendere come forma implicita di una proposizione subordinata o come infinito sostantivato. 

 

Se prevale l’azione e l’infinito si può sciogliere in una forma esplicita, si tratta di un verbo

A ben guardare (= se guardi bene), non è male

Se, invece, prevale il nome e l’infinito si può rendere con un nome d’azione, allora è un infinito sostantivato

Il tradurre (= la traduzione) è una bella attività.

 

 USI 

Preceduto dall’articolo, dalla preposizione articolata, dall’aggettivo dimostrativo e dall’aggettivo indefinito, il verbo all’infinito può assumere la funzione di un sostantivo (infinito sostantivato)

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

Quel tornare a casa gli faceva bene

L’infinito sostantivato presenta alcune caratteristiche particolari.

• Può essere accompagnato da un aggettivo, da un avverbio, da una locuzione avverbiale

Era proprio un bel vivere 

Si è specializzato nel correre velocemente 

Il fare in fretta spesso è dannoso

• Può reggere il complemento di specificazione

Ha preso a urlare di gioia

o il complemento oggetto

Il bere vino è molto diffuso in Friuli

• Nel caso di infiniti sostantivati che sono ormai a tutti gli effetti dei sostantivi, si può avere anche il plurale

gli averi, gli esseri, i dispiaceri, i piaceri, i doveri.

 

 

INFLATIVO O INFLATTIVO?

 

La forma corretta di questo aggettivo, che significa ‘relativo all’inflazione’, è inflativo, perché la parola deriva dall’inglese inflative.

La forma inflattivo, scorretta ma molto diffusa, è dovuta al modello degli aggettivi che derivano da parole in -zione, come attivo da azione, correttivo da correzione, selettivo da selezione.

 

 

INFORMATIVE, PROPOSIZIONI vedi ENUNCIATIVE, PROPOSIZIONI

 

 

INGEGNERE O INGEGNIERE? INGEGNOSO O INGEGNIOSO?

 

La grafia di queste parole derivate da ingegno è rispettivamente ingegnere e ingegnoso. Quando il gruppo gn è seguito da vocale, la i non serve a indicarne la corretta pronuncia e dunque non viene scritta, tranne in qualche raro caso, come nei verbi in -gnare.

Nel caso di ingegnere, benché il suffisso sia -iere, presente in altri nomi di professione come pasticciere, paciere, la i è superflua perché la forma gnie è quasi del tutto inesistente in italiano (con l’unica eccezione del sostantivo plurale compagnìe).

 

VEDI ANCHE   

-gna o -gnia, -gne o -gnie, -gno o -gnio?

diacritici, segni

 

 

INGHIOTTO O INGHIOTTISCO?

 

Sono corrette entrambe le forme. In alcuni modi (indicativo e congiuntivo presente, imperativo) e in alcune persone (le tre persone singolari e la 3a plurale), la coniugazione del verbo inghiottire presenta una doppia forma

 

 

In tutti gli altri casi, il verbo inghiottire presenta solo la forma senza l’interfisso -isc-.

 

VEDI ANCHE   

incoativi, verbi

 

 

INGLESISMI vedi PRESTITI

 

 

INIZIARE vedi FRASEOLOGICI, VERBI

 

 

INSIEME A O INSIEME CON?

 

Entrambi i costrutti sono corretti e usare l’uno o l’altro non comporta alcuna differenza di registro o di significato; la prima soluzione è oggi la più diffusa

Farò l’esame insieme a molti ragazzi

Andremo in vacanza insieme con i Rossi.

 

 STORIA 

Entrambe le forme sono attestate nella tradizione letteraria fin dai primi secoli

insieme col regno il re fu casso (D. Alighieri, Inferno)

D’essere insieme a voi non sia discaro (T. Tasso, Rime).

 

VEDI ANCHE   

a (preposizione)

con

 

 

INTEGRO, SUPERLATIVO DI

Integro è uno degli aggettivi che formano il superlativo assoluto aggiungendo il suffisso -errimo anziché -issimo

integro> integerrimo

La forma integrissimo, molto rara e tipica del parlato, oggi si riferisce al significato di ‘intatto fisicamente’

Questo lo vendo… è integrissimo! (www.fantaski.it).

 

 USI 

Nell’uso comune il valore di superlativo è molto attenuato, tanto che oggi si sentono e si leggono spesso frasi in cui integerrimo è usato impropriamente per costruire un superlativo relativo o un comparativo

nel ruolo del più integerrimo tra i cacciatori di nazisti (www.lettera43.it).

 

 STORIA 

Il superlativo integrissimo, già presente nel xv secolo in Leon Battista Alberti, è attestato solo nella quinta edizione (1863-1923) del Vocabolario degli accademici della Crusca, mentre integerrimo è presente nella quarta (1729-1831).

 

VEDI ANCHE   

-errimo, superlativi in

 

 

INTER-

 

Inter- è un prefisso derivato dal latino inter. Indica una posizione intermedia, un rapporto di comunanza o di reciprocità. 

Si trova in parole composte derivate dal latino (interporre, intercorrere, interludio) o formate modernamente da sostantivi, aggettivi e verbi 

scambio > interscambio 

nazionale > internazionale

agire > interagire.

 

 

INTERFISSO 

 

L’interfisso (o antisuffisso) è un elemento che, nelle parole alterate e derivate, si pone tra la base e il suffisso.

Gli interfissi -c-, -ic-, -icc- e -ol- si usano nella formazione dei diminutivi con il suffisso -ino e -ello

leone > leon-c-ino

cuore > cuor-ic-ino

campo > camp-ic-ello

libro > libr-icc-ino

sasso > sass-ol-ino

L’interfisso -ett- si usa in alcune parole derivate di uso moderno con il suffisso -aro

rock > rock-ett-aro

punk > punk-ett-aro

L’interfisso -isc- inserito tra la radice e la desinenza si usa in alcuni modi (indicativo e congiuntivo presente, imperativo) e in alcune persone (le tre persone singolari e la 3a plurale) dei verbi incoativi

fin-isc-o, cap-isc-ono, obbed-isc-a.

 

VEDI ANCHE   

diminutivi, suffissi

 

 

INTERIETTIVE, LOCUZIONI

 

Le locuzioni interiettive sono locuzioni composte da due o più parole (a volte da un’intera frase) che hanno funzione di interiezioni. Alcune delle più comuni sono Dio mio!, per amor di Dio!, Signore, aiutaci!, santo cielo!, povero me!, guai a te!, per carità!, al diavolo! ecc.

Guai a te se non finisci i compiti!

Per carità, non me ne parlare!

 

 

INTERIEZIONI

 

Le interiezioni (dette anche esclamazioni) sono parole dalla forma invariabile, per lo più senza nessun legame sintattico con il resto della frase, che servono a indicare diversi stati d’animo più o meno generici: un ordine, una richiesta, un saluto, un appello, un richiamo

Ah, che bellezza!

Ehi, spostati!

Ehm, potresti venire qua?

Salve! Come va?

Forza, iscrivetevi tutti quanti!

Nello scritto, si usano soprattutto nel discorso diretto e nel discorso indiretto libero allo scopo di riprodurre le movenze del parlato; oppure in scritture informali (come quella di lettere, e-mail, sms), per conferire al testo un tono vivace, colloquiale.

Le interiezioni possono essere di diverso tipo

 

 

Alle interiezioni possono essere accostate anche altre categorie di parole che hanno usi e funzioni non dissimili

 

 

 

INTERIEZIONI PRIMARIE

 

Le interiezioni primarie (o proprie) sono singole parole che hanno soltanto il valore di interiezione. 

Le forme più usate si possono riassumere come segue.

Ah, che indica una vasta gamma di sentimenti, tra cui rimprovero, meraviglia, rabbia, desiderio, tristezza, sorriso o riso (allora la forma è per lo più ripetuta: ah ah), soddisfazione

Ah, che bel sole!

Ahi, che indica un dispiacere, un dolore, ma può essere usata anche in senso ironico

Ahi, che peccato!

Quando è accompagnata da un pronome personale, questa interiezione si può scrivere con grafia separata (ahi me, ahi noi, ahi te, ahi lui ecc.) o è soggetta a univerbazione (ahimè, ahinoi, ahitè, ahilui ecc.).

Bah, mah indicano perplessità, dubbio, indifferenza

Bah! Proprio non ti capisco

Mah! Che scenata inutile

Be’ (da bene, con troncamento) si usa in frasi che contengono una conclusione, un’osservazione, o in frasi interrogative

Be’, meglio così

Beh? Che succede?

è accettata anche la grafia con l’h finale beh; è scorretta invece la grafia con l’accento .

Boh indica incertezza, incredulità, ma anche disprezzo, riprovazione

Boh, non saprei proprio

E perché tutto questo? Boh!

Eh indica una vasta gamma di sentimenti, tra cui rimprovero, disapprovazione, speranza, esortazione, meraviglia, anche nella forma raddoppiata eh eh 

Eh, speriamo bene!

Ehi si usa per richiamare l’attenzione di qualcuno

Ehi, sta’ attento!

La grafia hey, dovuta al modello dell’inglese, è sconsigliabile; hei, in cui si mescolano grafia inglese e grafia italiana, è da evitarsi.

Ehm, uhm indicano un dubbio, un’incertezza, un imbarazzo

Ehm, non intendevo dire questo…

Ih indica meraviglia, nella forma ripetuta ih ih simula un riso sarcastico o un pianto

Ih, ci sei anche tu!

Mah indica dubbio, incertezza, perplessità

Mah, mi sembra strano

Oh esprime una vasta gamma di sentimenti, tra cui meraviglia, rabbia, dolore, desiderio, tristezza, sorriso o riso (allora la forma è per lo più ripetuta: oh oh), ma serve anche per richiamare l’attenzione

Oh, che bella sorpresa!

Oh, mi ascolti?

Ohi esprime soprattutto dolore, ma anche riso (allora la forma è per lo più ripetuta: ohi ohi)

Ohi, la gamba, che male!

si può combinare con me nelle forme ohimè, oimè (grafia più rara) e con bo nella forma di uso scherzoso ohibò.

Ps, pst si usano per richiamare l’attenzione

Pst, vieni qua!

Puh e puah indicano disgusto, ma anche disprezzo, rifiuto

Puah, che schifo!

Sciò si usa per allontanare soprattutto gli animali, ma in senso ironico anche le persone

Sciò, cagnaccio, sciò!

St, sst si usano per ordinare il silenzio

Sst… parliamo più piano!

To’ è la forma soggetta a troncamento dell’imperativo togli con il valore arcaico di ‘prendi’, ed è un invito a prendere qualcosa, anche in senso figurato

To’, guarda che roba!

La grafia toh è meno frequente.

Uff e uffa esprimono fastidio, noia, insofferenza

Uffa! è la terza volta che visitiamo questo museo…

• Uh esprime una vasta gamma di sentimenti, tra cui dispiacere, gioia, dolore

Uh, che male alla gamba

Veh e ve’ sono forme che derivano originariamente dal troncamento di vedi, imperativo di vedere, e si usano per richiamare l’attenzione o per rafforzare un concetto

Veh, che bella roba che hanno fatto!

 

 STORIA 

Alcune interiezioni primarie diffuse nell’italiano letterario dei secoli scorsi sono rarissime nell’italiano corrente, sia scritto, sia parlato.

O era usata tradizionalmente per introdurre un vocativo

O animal grazioso e benigno (D. Alighieri, Inferno)

Deh era un’esclamazione tipica del linguaggio poetico

Deh, spiriti miei, quando mi vedete (G. Cavalcanti, Rime)

O sopravvive solo nell’uso di Toscana e l’interiezione deh è caratteristica in particolare del modo di parlare dei livornesi.

 

 USI 

Tipica dell’italiano parlato in Piemonte e Lombardia è l’interiezione neh, usata nelle frasi interrogative o esclamative per chiedere conferma di ciò che si dice o per richiamare l’attenzione

Ti piace quella macchina, neh?

 

 

INTERIEZIONI SECONDARIE

 

Le interiezioni secondarie (o improprie) sono parole di uso comune (nomi, aggettivi, verbi, avverbi) usate per esprimere un ordine, un’esortazione, un apprezzamento, una disapprovazione, un’imprecazione. 

Tra le più frequenti si possono citare zitto!, basta!, coraggio!, forza!, vergogna!, bravo!, accidenti!

Basta, state un po’ attenti!

Ti ho scoperto, vergogna

Accidenti, ne sa una più del diavolo…

Certe espressioni come pronto?, sì?, senti, senta, scusa, scusi, per favore sono usate per stabilire un contatto tra due o più persone nella comunicazione soprattutto orale

Pronto? Mi senti?

Scusi, dovrei passare.

 

 

ÌNTERNET O INTERNÈT?

 

Entrambe le pronunce sono corrette. 

Ìnternet, con accentazione sdrucciola, è la pronuncia più comune in Italia, dovuta a una probabile influenza del prefisso inter- che provoca di solito una ritrazione dell’accento

Al via stamane la prima edizione dell’ìnternet festival (Rai3 TGR Toscana)

Internèt, con accentazione tronca, rispecchia l’originaria pronuncia inglese (adottata anche in Spagna, Francia, Germania ecc.)

The children don’t understand dangers of Internèt (BBC News).

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

INTERO O INTIERO?

 

L’unica forma diffusa nell’italiano contemporaneo è intero, senza il cosiddetto dittongo mobile.

La forma intiero, tipica dell’italiano scritto dei secoli scorsi e del parlato formale fino al primo Novecento, è ormai antiquata

È un mese intiero che non mi scrivete (G. Leopardi, Lettere).

 

VEDI ANCHE   

dittongo

 

 

INTERPUNZIONE vedi PUNTEGGIATURA

 

 

INTERROGATIVE, CONGIUNZIONI

 

Le congiunzioni interrogative sono congiunzioni subordinative che hanno la funzione di introdurre una domanda in relazione a quello che è stato detto nella proposizione precedente. 

Le congiunzioni interrogative più frequenti sono se, come, perché, quando, quanto

Mi domando come sia la situazione

Gli ha chiesto perché non è venuto ieri

Tutte queste forme, tranne se, possono essere usate anche in funzione di avverbi (interrogativi, avverbi).

Le congiunzioni interrogative possono essere introdotte da una preposizione semplice o articolata

La domanda verte su come uscire dalla crisi / sul come uscire dalla crisi

Ci sono molte domande su perché si sia ritirato / sul perché si sia ritirato.

 

 

INTERROGATIVE DIRETTE, PROPOSIZIONI

 

Nell’analisi del periodo, le proposizioni interrogative dirette sono proposizioni indipendenti che servono a formulare una domanda, un quesito, un’interrogazione, un dubbio. 

Si costruiscono sempre con il punto interrogativo finale, che nel parlato equivale a un’intonazione ascendente della voce

Mi vuoi bene?

Inoltre, possono essere introdotte da aggettivi, pronomi o avverbi interrogativi

Chi hai visto?

Quale film preferisci?

Perché non rispondi?

Cosa vuoi?

Quanto costa?

Le proposizioni interrogative dirette si distinguono in vari tipi a seconda degli elementi che sono oggetto della domanda.

Totali (o connessionali), se la domanda riguarda tutta la frase

Vieni al cinema?

Ti va un panino?

A questo tipo di domande si può rispondere soltanto con gli avverbi o no.

Parziali (o nucleari), se la domanda riguarda solo una parte della frase (di solito il soggetto, il complemento oggetto o un complemento indiretto, rappresentati dai relativi aggettivi, pronomi o avverbi interrogativi)

Chi c’è?

Cosa dice?

Disgiuntive (o alternative), se la domanda presenta due possibilità

Siete di Udine o di Trieste?

A seconda del carattere della domanda, si distinguono invece interrogative reali e interrogative retoriche (a loro volta di diversi tipi).

• Nelle interrogative reali, la domanda riguarda qualcosa che davvero non si conosce

Dov’è andato Mario?

• Nelle interrogative retoriche (o fittizie), la domanda non riguarda qualcosa di realmente sconosciuto, ma serve soltanto a evidenziare un fatto, sollecitando una conferma o una negazione da parte dell’interlocutore.

Le interrogative retoriche possono essere usate in combinazione con elementi rafforzativi come è vero, non è vero, vero, nevvero, forse, forse che, forse che non, eh 

L’hai fatta grossa. Ti senti in colpa, vero?

Possono essere di vari tipi:

- didascaliche, se la domanda è rivolta a sé stessi per vivacizzare il discorso (quasi sempre seguita dalla risposta)

E cos’è un chip? Un componente fondamentale del computer

- narrative, se la domanda serve a vivacizzare la narrazione dei fatti (anche qui segue la risposta)

E lui cosa fa? Si lancia sulla pista

- diffratte, se la domanda in realtà ha un’altra funzione, di solito di garbata richiesta

Mi daresti quel libro?

- fàtiche (o di cortesia) se la domanda serve non a sapere qualcosa, ma soltanto ad avviare un dialogo

Come va?

Le proposizioni interrogative dirette possono essere costruite con diversi modi verbali:

- di solito sono all’indicativo

Sei tu?

Che farò?

Quale strada aveva scelto?

- quando si vuole esprimere un dubbio, una perplessità, un’esitazione, è possibile usare anche il condizionale

Che cosa vorresti fare?

Dove potremmo andare? 

- o il congiuntivo

Se fosse vero?

- o l’infinito

Che fare?

- il condizionale si usa anche quando la proposizione interrogativa è l’apodosi di un periodo ipotetico

Se tutto questo fosse vero, cosa succederebbe?

e nelle interrogative diffratte

Mi riempiresti il bicchiere?

- quando si vuole invitare l’interlocutore a rispondere, si può omettere il verbo

Allora?

E tuo fratello?

Una variabile significativa è rappresentata anche dalla posizione del soggetto rispetto al verbo.

• Se la frase è introdotta da un aggettivo, un pronome o un avverbio interrogativo, il soggetto deve sempre venire dopo il verbo

Che cos’ha tua sorella? (non Che cosa tua sorella ha?)

Quando arriverà Claudio? (non Quando Claudio arriverà?)

• Se si vuole dare particolare rilievo al soggetto, questo può essere posto all’inizio della frase. In questi casi è eccezionalmente ammesso l’uso della virgola tra soggetto e verbo

Claudio quando arriverà? / Claudio, quando arriverà?

• In tutti gli altri casi il soggetto può essere posto dopo il verbo quando tra verbo e soggetto si trovino altri elementi della frase

Verrà con noi tua madre?

altrimenti questa collocazione assume un tono solenne, come nella cerimonia del matrimonio

Vuoi tu prendere come tua legittima sposa la qui presente?  

 

 

INTERROGATIVE INDIRETTE, PROPOSIZIONI

 

Nell’analisi del periodo, le proposizioni interrogative indirette sono proposizioni subordinate che servono a esplicitare una domanda, un dubbio, un quesito già presenti nella proposizione reggente sotto forma di verbo (domandare, chiedere, pensare, credere), nome (domanda, dubbio, problema) o aggettivo (curioso, dubbioso, pensoso). 

Le proposizioni interrogative indirette sono introdotte dalle congiunzioni se, come, perché, quando, quanto e dagli aggettivi e pronomi interrogativi chi, che cosa, cosa, quale, quanto

Mi chiedo quale sia la soluzione migliore

Non si capisce cosa voglia fare

È interessante la domanda su quanto abbiamo capito

Sono incerto se restare o andarmene

e si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.

• In forma esplicita presentano il verbo all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale

Gli domandai come stava

Non sapevo se fosse una buona idea

Si chiedeva cosa sarebbe successo se fosse arrivato il nuovo direttore

• In forma implicita, invece, presentano sempre il verbo all’infinito

Mi domandi cosa fare

A differenza di quanto accade nelle proposizioni interrogative dirette, l’inversione del soggetto in questo caso è facoltativa

Cosa prepara Luigi? > Mi chiedevo cosa preparasse Luigi / cosa Luigi preparasse

È possibile l’omissione dell’intera proposizione interrogativa indiretta mantenendo soltanto l’elemento introduttore

Lo fece senza capire perché (= perché lo facesse).

 

 DUBBI 

L’uso dell’indicativo e del congiuntivo di solito non risponde all’alternanza indicativo = oggettività, congiuntivo = soggettività; dipende invece per lo più da fattori stilistici, per cui l’indicativo si usa negli scritti più informali, mentre il congiuntivo si usa in contesti più formali e letterari

Ora so chi è (www.forum.alfemminile.com)

Le domandai che cosa volesse dire apascia (E. Morante, L’isola di Arturo)

Si usa abitualmente il congiuntivo quando la proposizione reggente è negativa

Chi sia stato non si sa (883, Hanno ucciso l’Uomo ragno).

 

 

INTERROGATIVI, AGGETTIVI

 

Gli aggettivi interrogativi sono aggettivi che introducono una domanda, un dubbio, un quesito da un punto di vista che può essere:

- qualitativo

quale squadra, che dolce, quali risorse?

- quantitativo

quanto lavoro, quanta acqua, quanti soldi?

- di identità

quale città, che colore, quali amici?

Si usano sia nelle proposizioni interrogative dirette sia nelle proposizioni interrogative indirette

Quale città è?

Gli chiese quale città fosse

Le forme dell’aggettivo interrogativo sono quelle riportate nello schema qui sotto

 

 

Tutti questi aggettivi interrogativi possono essere usati anche in funzione di pronomi (interrogativi, pronomi) e di aggettivi esclamativi (esclamativi, aggettivi e pronomi).

 

 DUBBI 

Al singolare, l’aggettivo interrogativo quale può essere usato, sia al maschile che al femminile, anche nella forma con troncamento qual, che va scritta sempre senza apostrofo

qual è, qual era, qual amico, qual sensazione.

 

 USI 

Nel parlato e nello scritto informale che è di uso più comune rispetto a quale

Che vestito preferisci?

Non è un obbligo dire quale scelta si fa.

 

 

INTERROGATIVI, AVVERBI

 

Gli avverbi interrogativi introducono una proposizione interrogativa diretta. Possono introdurre una domanda in riferimento a vari aspetti:

- luogo

dove abiti?

- tempo

quando arrivi?

- qualità

come state?

- quantità e misura

quanto beve?

- causa

perché ridi?

Quando introducono una proposizione interrogativa indiretta, hanno la funzione di congiunzione (interrogative, congiunzioni).

 

 USI 

Come avverbio interrogativo di causa si può usare anche come mai

Come mai siete arrivati così tardi?

Mai può rafforzare perché e quando, di solito con significato polemico (o enfatico)

Perché mai dovrei farlo?

Quando mai si è sentita una cosa del genere?

 

 STORIA 

Nell’uso letterario del passato erano frequenti anche altri avverbi interrogativi di luogo:

- ove (= dove)

Ove cadrebbe la sua scelta? (A. Fogazzaro, Malombra)

- donde o d’onde (= da dove)

D’onde vieni così scarmigliata? (G. Verga, Per le vie)

- onde (= da dove)

Onde venisti? (G. Carducci, Alla Regina d’Italia).

 

 

INTERROGATIVI, PRONOMI

 

I pronomi interrogativi servono per introdurre una proposizione interrogativa, diretta o indiretta.

 

 

 USI 

Delle tre forme del pronome cosiddetto neutro (che, che cosa, cosa), che cosa è oggi la forma percepita come più formale

E che cos’è lo spread? (www.ilpost.it)

La forma di origine settentrionale cosa e la forma di origine centro-meridionale che sono le più diffuse (la seconda soprattutto in alcune formule come che dire?, che ne so?)

Dimmi cosa ne pensi 

Che c’è? 

Nell’italiano letterario, e più in generale in quello scritto, chi e che possono essere rafforzati con l’avverbio mai

A chi mai nuoceva? (S. Veronesi, Venite venite B-52)

Nell’italiano parlato e nello scritto meno formale si possono usare come rafforzativi anche diavolo, cavolo o altri disfemismi

Ma che diavolo stai facendo?

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi si poteva usare come pronome interrogativo anche la forma cui (= chi)

Per cui t’ha così distrutto questo Amore? (D. Alighieri, Vita nova).

 

 

INTERROGATIVO, PUNTO 

 

Il punto interrogativo è il segno di punteggiatura che chiude una proposizione interrogativa diretta, conferendo alla voce un’intonazione ascendente

Quale dolce preferisci?

Chi ha vinto?

Come state?

In una sequenza di più frasi interrogative, se il significato in sostanza non varia si può usare l’iniziale minuscola anziché quella maiuscola nelle proposizioni successive alla prima

Lui cosa dice? e tu come rispondi?

Come stai? male? bene?

Si può combinare con il punto esclamativo in frasi che hanno un significato tra l’interrogativo e l’esclamativo (chiamate anche interrogative apparenti), o per riprendere una parola o un’espressione che ha suscitato stupore

Avete citato Parigi?!?

Hai detto sconti? Sconti?!?

Tipica invece degli scritti informali (pubblicità, fumetto, e-mail, sms, blog ecc.) è la ripetizione del punto interrogativo per evidenziare il carattere orale

Cosa mi metto??? (www.cosamimetto.blogspot.com).

 

 

INTRANSITIVI, VERBI vedi TRANSITIVI E INTRANSITIVI, VERBI

 

 

INVARIABILI, NOMI E AGGETTIVI

 

I nomi e gli aggettivi invariabili sono quelli che mantengono la forma del singolare anche al plurale. 

Sono di vario genere.

• I nomi che terminano con la vocale accentata (tronca, accentazione)

le tribù, le città, i maragià, i caffè

Tra questi rientrano naturalmente anche nomi e aggettivi monosillabici (monosillabi accentati e non accentati)

i re, le maglie blu, i tè, gli gnu

• Alcuni nomi maschili in -a, soprattutto di animali esotici

i lama, i gorilla, i cobra, i cacatua

Da ricordare anche i boia, i paria, i sosia, i vaglia, mentre pigiama ha sia la forma invariabile i pigiama, sia quella concordata i pigiami.

• I nomi accorciati

le auto, le bici, le moto, i cinema

• Alcuni nomi femminili che finiscono in -ie

le barbarie, le serie, le specie, le congerie, le temperie

• Gli aggettivi e i nomi femminili in -i

numeri pari, squadre dispari, le ipotesi, le analisi, le nevrosi

• I nomi composti da due verbi o da un verbo e un nome femminile singolare

i saliscendi, i posacenere, i va e vieni, gli scioglilingua

• I forestierismi non adattati (prestiti

gli sport, gli chalet, i würstel, i toreador

• Alcuni aggettivi indicanti il colore

stoffe amaranto, pareti lilla, lampade rosa, guanti viola, sfumature indaco

• L’aggettivo arrosto

due polli arrosto

• Anche nella sequenza aggettivo di colore + nome relativo

camicie verde bottiglia, copertine grigio topo

• Gli aggettivi composti dal prefisso anti- + un nome

prodotti anticellulite, sostanze antigelo

• Alcuni aggettivi composti, in origine locuzioni avverbiali, il cui secondo elemento è -bene, -modo, -poco

ragazze perbene, uomini ammodo, case dappoco

• L’aggettivo avvenire ‘futuro’, proveniente dalla locuzione a venire

i mesi avvenire, le giornate avvenire.

 

 

INVECE DI O INVECE CHE?

 

Entrambe le locuzioni possono essere usate per introdurre una proposizione avversativa implicita, ma la prima è oggi la soluzione di gran lunga più comune

studia, invece di giocare 

studia, invece che giocare.

 

 STORIA 

Fino all’Ottocento era possibile anche l’uso, oggi arcaico, di invece che con un’avversativa esplicita

invece che tutti gl’individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si son divise in tante patrie (G. Leopardi, Zibaldone).

 

 

IO E TE O IO E TU?

 

Nell’italiano contemporaneo la sequenza di pronomi coordinati io e tu è scorretta. 

Per evitarla, è possibile sostituirla con la sequenza tu ed io, con il pronome di 1a persona posto in seconda posizione; ma è ormai comunemente accettata anche la forma io e te, con il pronome te (normalmente usato per il complemento oggetto e i complementi indiretti) in funzione di soggetto.

 

 STORIA 

La forma io e te, che nel secondo Ottocento il linguista G. I. Ascoli definiva «un toscanismo insopportabile», è stata ritenuta scorretta dalle grammatiche fino a pochi decenni fa, mentre oggi è generalmente accettata. 

Parallelamente, le grammatiche, che un tempo prescrivevano l’uso della sequenza io e tu, hanno via via ritenuto preferibile la sua sostituzione con tu ed io, per poi considerare, solo recentemente, io e tu non più accettabile. Recenti studi sull’italiano parlato hanno mostrato la generale scomparsa della sequenza io e tu in tutta la penisola, con qualche resistenza limitata alla Sardegna.

 

 

-IO, PLURALE DEI NOMI IN

 

Il plurale dei nomi in -io ha due forme, a seconda che la i di -io sia accentata o no.

• Se la i di -io è accentata, il plurale è -ii con la doppia i

leggìo > leggii

zìo > zii

formicolìo > formicolii

• Se la i di -io non è accentata, il plurale è con una sola i

armadio > armadi

specchio > specchi

consiglio > consigli.

 

 USI 

Esistono coppie di parole che hanno un  plurale identico nella grafia e nella pronuncia (omofoni). In questi casi, una delle due forme (quella meno frequente) può avere il plurale in -ii

assassinio > assassini / assassiniiassassino > assassini

omicidio> omicidi / omicidiiomicida > omicidi

In altri casi la possibile confusione si evita ricorrendo a forme diverse per uno dei due plurali

tempio > templi tempo > tempi

In altri casi, invece, ci sono plurali identici nella grafia ma non nella pronuncia (omografi). Per distinguerli si può ricorrere all’uso dell’accento grafico

principio > princìpi principe> prìncipi

arbitrio > arbìtriarbitro > àrbitri

Ultimamente, tuttavia, la tendenza più comune è quella di non segnare l’accento, lasciando che sia il contesto, di volta in volta, a permettere la distinzione

è un ragazzo di sani principi

aspettano ancora i loro principi azzurri.

 

 STORIA 

Fino a tempi abbastanza recenti i plurali in -ii potevano essere scritti anche con una sola i con l’accento circonflesso (î); oggi si tratta di un uso fatto con compiaciuta ricercatezza

Trepidando ai pericoli corsi dal protagonista e trasalendo ai più serî (M. Mari, Euridice aveva un cane)

Fino ai primi del Novecento, un’ulteriore possibilità era quella di usare la i lunga (j)

Ma fra di loro non ci sono né suicidj, né spleen (G. Verga, Eros).

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

IPER-

 

Iper- è un prefisso derivato dal greco hypèr ‘sopra’. Si trova in parole composte derivate dal greco o dal latino scientifico (iperbole ‘figura retorica dell’esagerazione’; iperuranio ‘spazio al di sopra delle sfere celesti’) in cui indica genericamente qualcosa che sta ‘sopra’ o ‘oltre’, e in sostantivi o aggettivi formati modernamente in cui indica di solito una quantità, una qualità, una condizione di grado superiore al normale (con una connotazione spesso negativa)

ipernutrizione (‘nutrizione eccessiva’)

ipertensione (‘pressione sanguigna troppo alta’)

ipercritico (‘eccessivamente critico’)

ipersensibile (‘eccessivamente sensibile’).

 

 

IPO-

 

Ipo- è un prefisso derivato dal greco hypò ‘sotto’. Indica sia una posizione inferiore, sia una qualità, una condizione in grado o in quantità inferiore al normale. 

Si trova in parole composte derivate dal greco o dal latino scientifico (ipogèo ‘sotterraneo’; ipòfisi ‘ghiandola alla base del cervello’) o formate modernamente 

ipoglicemia (‘riduzione di glucosio nel sangue’) 

ipocalorico (‘che contiene poche calorie’) 

ipotermia (‘abbassamento della temperatura corporea’).

 

 

IPOTASSI 

 

L’ipotassi (o subordinazione; dal greco hypotàxis ‘dipendenza’) è il rapporto sintattico che si stabilisce tra due proposizioni collegate nel testo in maniera gerarchica, in modo che l’una – chiamata proposizione subordinata (o anche secondaria) – risulti dipendente logicamente e grammaticalmente dall’altra, che può essere autonoma (ed è chiamata allora proposizione principale) o a sua volta subordinata (ed è chiamata allora reggente o sovraordinata). 

Questo rapporto di dipendenza può essere introdotto in vari modi.

• Tramite congiunzioni subordinative e preposizioni di vario genere

Quando arriverà, sarà tutto diverso

Arrivò per risolvere la situazione

• Con pronomi e avverbi subordinanti di vario tipo (che svolgono funzione di congiunzione)

Mi chiedo cosa resterà

Non so chi sia

Una proposizione subordinata a sua volta può diventare reggente e introdurre un’altra proposizione subordinata (di III grado) e così via, creando un collegamento logico e sintattico che dà coesione al testo

Arrivò a casa per rimproverare Luigi, che si era ammalato quando era uscito per andare a comprare il giornale 

Arrivò a casa = proposizione principale, reggente della proposizione secondaria di I grado

per rimproverare Luigi = proposizione secondaria di I grado, reggente della proposizione secondaria di II grado

che si era ammalato = proposizione secondaria di II grado, reggente della proposizione secondaria di III grado

quando era uscito = proposizione secondaria di III grado, reggente della proposizione secondaria di IV grado

per andare a comprare il giornale = proposizione secondaria di IV grado

Inoltre, i modi e i tempi del verbo della proposizione dipendente sono regolati in base a quelli della reggente, secondo le leggi della cosiddetta consecutio temporum

In alcuni casi lo stesso rapporto logico reso con l’ipotassi può essere espresso con la paratassi (o coordinazione)

Poiché ha lavorato molto, è stanco (= subordinata causale e proposizione principale) > È stanco, infatti ha lavorato molto (principale e coordinata esplicativa) / Ha lavorato molto, ed è stanco (principale e coordinata copulativa).

 

VEDI ANCHE   

congiunzioni

 

 

IPOTETICHE, PROPOSIZIONI vedi CONDIZIONALI, PROPOSIZIONI

 

 

IRRUENTE O IRRUENTO?

 

Entrambe le forme possono considerarsi corrette.

Irruente rimane più vicina all’etimo latino irruentem (participio presente del verbo latino irrùere ‘correre verso’) ed è assimilata ad altri participi presenti usati con valore di aggettivo, come corrente, dirompente, vincente

La gioia della folla gli esplose in faccia, irruente (A. Moravia, Il conformista)

• La forma irruento (femminile irruenta), altrettanto diffusa nell’italiano contemporaneo, è modellata sulle desinenze più comuni degli aggettivi italiani: -o per il maschile e -a per il femminile. Mancando in italiano il verbo da cui originariamente deriva, la funzione d’uso (aggettivo) ha prevalso su quella etimologica di participio presente

Un carattere energico e irruento (S. Vitale, La casa di ghiaccio).

 

VEDI ANCHE   

participio

 

 

ISCRIVERE O INSCRIVERE?

 

Entrambe le forme sono corrette, ma si usano di solito con due significati distinti.

Iscrivere si usa con il significato di ‘includere una persona o una cosa in un elenco, una lista, un’attività’

Ho iscritto Giulio al corso di nuoto

Inscrivere, invece, indica l’azione di ‘scrivere o disegnare qualcosa dentro una figura geometrica o sopra una superficie’

Un triangolo inscritto in un cerchio

Giulio Cesare fece inscrivere il proprio nome sulla pietra.

 

 STORIA 

Entrambe le forme derivano dallo stesso etimo, il latino inscrìbere ‘scrivere sopra’, e con il tempo ognuna si è specializzata in un significato, come nel caso analogo di ispirare ‘suscitare un pensiero, un sentimento’ e inspirare ‘immettere aria dentro’. 

La forma con il nesso -ns- è percepita come più vicina al latino, dunque riservata al significato più specifico e tecnico; oppure, se è usata con il significato più comune, è sentita come forma più colta, letteraria.

 

VEDI ANCHE   

in- (prefisso)

 

 

-ISTA E -ISTICO

 

Si tratta di due suffissi diversi.

• Il suffisso -ista deriva dal latino -ista (a sua volta dal greco -istès) e indica la persona che svolge un’attività, segue un’ideologia o presenta determinate caratteristiche.

Si trova in parole composte derivate dal greco o dal latino (protagonista, artista), ma soprattutto in parole formate modernamente

bar > barista

femmina > femminista

discesa > discesista

tanto che lo si trova molto spesso nei neologismi

pidduista ‘affiliato alla loggia massonica P2’

cerchiobottista ‘chi evita di compiere una scelta’ (dal detto dare un colpo al cerchio e uno alla botte)

Le parole derivate che rinviano a correnti di pensiero politiche, ideologiche, religiose, letterarie, artistiche possono presentare anche un uso aggettivale

il partito comunista, la poesia futurista, la Chiesa battista 

In alcuni casi la base è un aggettivo accompagnato da un nome che ne delimita l’applicazione

civilista (‘chi si occupa di diritto civile’) 

correntista (‘chi ha un conto corrente’)

• Il suffisso -istico invece è composto da -ista + -ico (dal latino -icus, a sua volta dal greco -ikòs) e si trova in aggettivi formati modernamente

arte> artistico

calcio > calcistico

per lo più connessi con nomi in -ista

alpinista > alpinistico

egoista > egoistico

turista > turistico 

Alcuni aggettivi in -istico possono assumere una connotazione spregiativa

elettorale > elettoralistico 

intellettuale > intellettualistico

La forma femminile sostantivata -istica è usata nella formazione di nomi di discipline, tecniche, metodologie o attività, spesso a partire da forme in -ista o -istico

anglista> anglistica (‘disciplina che studia la letteratura inglese’)

favolistico> favolistica (‘disciplina che studia le favole’)

oculista> oculistica (‘branca della medicina che si occupa dell’occhio’)

ma anche a partire da altre parole

componente> componentistica

infortunio> infortunistica

L’uso si è spinto fino a un valore puramente collettivo

manuale> manualistica (‘insieme dei manuali su un dato argomento’)

oggetto> oggettistica (‘insieme degli oggetti, soprattutto per la casa’)

trattato> trattatistica (‘insieme dei trattati su una determinata disciplina’)

Una variante del suffisso -istico è la forma -astico, che può essere usata se la base termina in -a

orgia> orgiastico

prosa> prosastico.

 

 DUBBI 

Esistono alcune coppie di aggettivi in -ista / -istico

entusiasta / entusiastico

femminista / femministico

imperialista / imperialistico

positivista / positivistico

socialista / socialistico

Per lo più si tratta di sinonimi, in cui è difficile distinguere una sfumatura di significato e di registro. Talora si può cogliere, soprattutto con l’aiuto del contesto, nell’aggettivo in -istico una sfumatura leggermente dispregiativa

Tutte le altre chiacchiere di carattere pseudo libertarie, di sapore femministico (www.perilsud.net)

oppure una sfumatura più tecnica e scientifica

I problemi e gli ideali positivistici investono un’epoca intera (M. Ferraris, Storia dell’ermeneutica).

 

 

-ITÀ, -IETÀ O -EITÀ?

 

Si tratta di suffissi diversi.

• Il suffisso -ità (dal latino -itatem), il più diffuso, si trova in parole di significato astratto derivate dal latino (brevità, umanità, novità) o, più spesso, formate modernamente

nazionale > nazional-ità

quotidiano > quotidian-ità

elementare > elementar-ità

peculiare > peculiar-ità

estraneo > estrane-ità

• Il suffisso -ietà si usa soltanto quando la base finisce in -io

precario > precarietà

sobrio > sobrietà

Il suffisso -eità si usa soltanto quando la base finisce in -eo

estraneo > estraneità

contemporaneo > contemporaneità

Forme come *elementarietà o *peculiarietà sono scorrette e si devono all’influsso di altri nomi astratti come contrarietà o precarietà, che però derivano da aggettivi in -ario, dove la i è già nella base.

È scorretta anche la forma *quotidianeità, formata sul modello di estraneità e contemporaneità, che però derivano da aggettivi in -aneo (estraneo, contemporaneo) in cui la e è già nella base. 

• Il suffisso - è presente soltanto in alcune parole con la radice che termina in l, r, n

nobile > nobiltà

libero > libertà.

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi erano molto diffuse le forme etimologiche -itate e -itade

Qui si parrà la tua nobilitade (D. Alighieri, Inferno).

 

 

-ITRICE, FEMMINILE IN

 

I nomi maschili in -sore hanno il femminile in -itrice e un cambiamento nella radice, che termina in -d

difensore > difenditrice

possessore > posseditrice

Alcuni nomi di professione, tuttavia, fanno eccezione

professore > professoressa 

assessore > assessora.

 

 USI 

Nell’uso popolare alcuni nomi in -sore hanno, accanto alla forma in -itrice, quella – decisamente sconsigliabile – in -sora

*difensora, *possessora.

 

VEDI ANCHE   

femminile dei nomi

 

 

-IZZARE

 

Il suffisso -izzare (dal latino parlato -idiare, a sua volta dal greco -ìzein) si usa con il significato di ‘fare, rendere’ in verbi per lo più transitivi derivati da sostantivi e aggettivi

memoria > memorizzare

polvere > polverizzare

civile > civilizzare

stabile> stabilizzare

Spesso si tratta di prestiti dall’inglese (attualizzare, ottimizzare) o dal francese (impermeabilizzare, sensibilizzare).

Il suffisso è molto frequente nei linguaggi settoriali ed è molto usato nella formazione di neologismi

Galvani > galvanizzare

mentale > mentalizzare

master > masterizzare.