GALLICISMI vedi PRESTITI

 

 

GALLO / GALLINA

 

È uno dei casi di nome maschile che forma il femminile in modo irregolare con il suffisso -ina, come eroe / eroina e zar / zarina.

 

VEDI ANCHE  

femminile, forme particolari del

 

 

GENERE COMUNE

 

I cosiddetti nomi di genere comune (detti anche, insieme a quelli di genere promiscuo, epicèni) hanno un’unica forma invariabile per il maschile e il femminile: il genere è dunque ricostruibile solo dall’eventuale presenza dell’articolo o di un aggettivo. 

Tra questi nomi ci sono:

- i participi presenti sostantivati

un insegnante / un’insegnante

l’amante misterioso / l’amante misteriosa

- i nomi che finiscono in -ista, -cida, -iatra, -arca

il giornalista / la giornalista

il tirannicida / la tirannicida

il fisiatra / la fisiatra

il monarca / la monarca

- alcuni nomi in -e, -a

il giudice / la giudice

il collega / la collega.

 

VEDI ANCHE   

femminile dei nomi

femminile, forme particolari del

alternanza di genere e di significato

plurali doppi

 

 

GENERE DEI NOMI

 

L’italiano distingue due generi grammaticali: il maschile e il femminile.

Nel caso di esseri animati, il genere grammaticale corrisponde al sesso dell’uomo o dell’animale indicato

scultore (maschile) > scultrice (femminile)

gatto (maschile) > gatta (femminile)

Nel caso di oggetti non animati, il genere grammaticale invece è dovuto a una convenzione esclusivamente linguistica

ricordo, vertice, cappotto (maschile)

poltrona, fiaba, maglia (femminile)

In alcuni casi, il genere maschile o femminile può essere prevedibile in base all’appartenenza ad alcune categorie.

• Tendono a essere femminili:

- i nomi dei frutti

la pesca

la mela

la pera

- i nomi di scienze, discipline e concetti astratti

la chimica 

la grammatica

la pace

- i nomi che indicano attività militari

la guardia

la guida

la pattuglia

- i nomi di città, isole, regioni, stati, continenti e delle associazioni sportive

la Firenze medicea

la Corsica

la Francia

l’Africa

la Juventus

• Tendono a essere maschili:

- i nomi degli alberi

il melo

il pero

l’abete

- i nomi dei metalli e degli elementi chimici

l’oro

lo iodio

l’ossigeno

- i nomi dei mesi e dei giorni della settimana

un luglio assolato

il venerdì

- i nomi di mari, monti, laghi, fiumi

il Mediterraneo

il Cervino

il Trasimeno

il Po

- i nomi di vini

l’Aglianico

il Valpolicella

il Chianti

- i nomi dei punti cardinali

il nord

il sud

il ponente

- i nomi di preghiere

l’Angelus

il Credo

il Padrenostro

In generale, la distinzione tra maschile e femminile è data dalla terminazione delle parole (considerata, ovviamente, al singolare).

• Sono maschili:

- quasi tutti i nomi con desinenza in -o

lo specchio

il futuro

- i nomi (in gran parte di origine straniera) terminanti in consonante

il computer

il radar

il provider

- alcuni nomi con desinenza in -a, soprattutto di origine greca e di uso tecnico o scientifico

il dramma

l’asma

l’eritema

l’enfisema

il karma (dal sanscrito)

• Sono femminili:

- la quasi totalità dei nomi con desinenza in -a

la ciliegia

la vita

la gioia

- molti dei nomi con desinenza in -i 

la sintassi

- i nomi terminanti in - e -

la falsità

la virtù

I nomi con desinenza in -e possono essere a seconda dei casi maschili o femminili

il mare

la nave

un ente

Vi sono poi alcuni casi particolari che riguardano il genere dei nomi.

• Alcune parole (come insegnante, giornalista, fisiatra, amante) hanno un’unica forma invariabile per il maschile e il femminile e il genere può essere segnalato dall’articolo o dalla presenza di un aggettivo (genere comune).

• Alcune parole (soprattutto nomi di animale come tigre, gorilla) presentano un’unica forma invariabile sia per l’esemplare maschio, sia per l’esemplare femmina, e l’unico modo per distinguere il maschio dalla femmina è esplicitare questa informazione, come in tigre maschio, medico donna (genere promiscuo).

• Alcune parole sono soggette a un falso cambio di genere e nell’apparente passaggio dal maschile al femminile assumono in realtà un diverso significato, come il busto / la busta, il palmo / la palma, il manico / la manica ecc. (alternanza di genere e di significato).

• Alcune parole hanno un doppio plurale maschile e femminile, ciascuno con una diversa sfumatura di significato, come labbri e labbra, bracci e braccia, muri e mura ecc. (plurali doppi).

• Alcune parole presentano forme del tutto diverse per il maschile e il femminile, come maschio / femmina, toro / vacca (nomi indipendenti al maschile e femminile).

 

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femminile dei nomi

femminile, forme particolari del

 

 

GENERE E NUMERO DEGLI AGGETTIVI

 

La flessione degli aggettivi ricalca in modo semplificato quella del nome 

(genere dei nomi).

 

Si distinguono tre classi.

Prima classe. Gli aggettivi che al maschile singolare terminano in -o presentano quattro desinenze diverse:

- maschile singolare (-o)

un ragazzo alt-o

- femminile singolare (-a)

una ragazza alt-a 

- maschile plurale (-i)

due ragazzi alt-i 

- femminile plurale (-e)

due ragazze alt-e

 

 

Seconda classe. Gli aggettivi che al maschile singolare terminano in -e presentano due desinenze:

- -e per il singolare sia maschile, sia femminile

un ragazzo gentil-e, una ragazza gentil-e

- -i per il plurale sia maschile, sia femminile

due ragazzi gentil-i, due ragazze gentil-i

 

 

Terza classe. Gli aggettivi che al maschile singolare terminano in -ista, -cida, -ita e -asta presentano tre desinenze:

- -a per il singolare sia maschile, sia femminile 

un ragazzo egoist-a, una ragazza egoist-a

- -i per il plurale maschile

due ragazzi egoist-i 

- -e per il plurale femminile

due ragazze egoist-e

 

 

Ci sono poi alcuni aggettivi invariabili. Questo gruppo di aggettivi comprende: 

- l’aggettivo pari (e i suoi derivati: dispari ecc.)

- alcuni aggettivi di colore come

blu

rosa

viola

marrone

- gli aggettivi usati in coppia per indicare gradazioni di colore 

grigio-verde

verde pastello

- l’infinito con funzione attributiva avvenire (i giorni avvenire ‘futuri’)

- gli aggettivi formati con anti- + nome

antinebbia

antifurto

- le locuzioniavverbiali usate come aggettivi

perbene

dappoco.

 

 DUBBI 

L’aggettivo incinta ‘gravida’ ha un plurale regolare in -e

Silvia e Maria sono incinte

Donne incinte, il fumo fa male al vostro bambino

Dal momento che esiste soltanto la forma femminile (si può parlare di un uomo incinto solo scherzosamente) e che spesso si fa riferimento a un’unica donna gravida, molti credono che l’aggettivo incinta sia una forma invariabile, ma si tratta di un errore.

 

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invariabili, nomi e aggettivi

aggettivi

 

 

GENERE PROMISCUO

 

I cosiddetti nomi di genere promiscuo (detti anche, insieme ai nomi di genere comune, o epicèni) sono nomi di animali che hanno un’unica forma, maschile o femminile, per indicare sia l’esemplare maschio, sia l’esemplare femmina

l’aquila

il colibrì

il delfino

il leopardo

la tigre

l’usignolo

la zebra

Per precisare il sesso di questi animali si può usare l’apposizione maschio / femmina

un leopardo maschio

la zebra maschio

o – meglio – l’espressione il maschio / la femmina di, del

il maschio della tigre

la femmina di gnu

la femmina del leopardo

Ci sono anche nomi promiscui che non indicano animali, ma persone

una persona

un medico

un testimone

una vittima.

 

VEDI ANCHE

femminile dei nomi

femminile, forme particolari del

alternanza di genere e di significato

plurali doppi

 

 

-GE O -GIE? vedi -CIA, -GIA, -SCIA, PLURALE DEI NOMI IN 

 

 

GERGHI 

 

In linguistica con il termine gergo si intende in primo luogo un linguaggio condiviso creato all’interno di un gruppo che quando comunica non vuole farsi capire all’esterno (come accade storicamente per il gergo della malavita). 

Con il tempo alcuni termini gergali escono dall’ambito specifico in cui sono stati coniati ed entrano talvolta nell’uso comune

madama (‘polizia’, nel gergo della malavita)

sballo (‘effetto della droga’, nel gergo dei tossicodipendenti, passato al significato di ‘divertimento’ nella lingua comune)

Ma con gergo si indicano spesso anche tutti quei linguaggi creati all’interno di un gruppo con intenti diversi. Si parla ad esempio di gerghi professionali, per l’uso di termini o espressioni tipici di certi ambienti di lavoro

Segni di spondiloartrosi con riduzione dello spazio intersomatico (nel linguaggio settoriale della medicina)

o di gergo giovanile per la coniazione di termini all’interno di gruppi giovanili, con intento scherzoso e di aggregazione

truzzo (‘ragazzo goffo che non sa comportarsi e vestirsi’).

 

 

GERMANISMI vedi PRESTITI 

 

 

GERUNDIO

 

Il gerundio è un modo verbale indefinito che ha soltanto due tempi: il gerundio presente (o semplice) e il gerundio passato (o composto); il gerundio passato si forma con il gerundio dell’ausiliare + il participio passato del verbo:

- presente: andando, scrivendo, dormendo

- passato: essendo andato, avendo scritto, avendo dormito

Di norma, in quasi tutti i suoi usi, il gerundio ha lo stesso soggetto del verbo di modo finito al quale si collega

Scendendo (io) dal treno, (io) ho perso le chiavi di casa

A seconda del rapporto instaurato con il verbo della proposizione principale, si possono distinguere tre tipi di gerundio.

• Il gerundio subordinato, che può corrispondere a diversi tipi di proposizione subordinata implicita

 

 

• Il gerundio coordinato, che corrisponde a una proposizione coordinata. Si distingue dal gerundio subordinato per il fatto che l’azione espressa avviene durante o dopo quella espressa dal verbo della reggente

Luigi passeggiava curiosando tra le vetrine dei negozi

• Il gerundio appositivo, che sostituisce un participio presente con funzione di apposizione

Il pilota, stringendo il volante tra le mani, sterzò con tutta la sua forza

Il gerundio presente si usa anche in alcuni costrutti particolari:

- la perifrasi stare + gerundio

Sto pensando a te / mentre mi sveglio, quando corro tutto il giorno (Vasco Rossi, Sto pensando a te)

- la perifrasi andare + gerundio

Buona notte / va dicendo ad ogni cosa (D. Modugno, Vecchio frack)

- la perifrasi (oggi poco usata) venire + gerundio

Tutto quello che Omero viene dicendo di qui innanzi (I. Pindemonte, Note alla traduzione dell’Odissea)

In alcuni casi il gerundio ha perso la sua natura verbale ed è diventato un nome

crescendo (= didascalia musicale che indica il graduale aumento d’intensità dall’uno all’altro suono di un passo musicale)

calando (= didascalia musicale che equivale a ‘diminuendo’).

 

 USI 

Nell’uso comune, il gerundio passato è raro e limitato alla lingua scritta, e di solito è sostituito da proposizioni coordinate e subordinate esplicite

S. Brin e L. Page vi esercitano i due terzi dei diritti di voto, pur avendo conservato (= anche se hanno conservato) non più del 15% del capitale («Corriere della Sera»).

 

VEDI ANCHE   

modi del verbo

 

 

GIACCHÉ O GIÀ CHE?

 

La grafia corrente nell’italiano contemporaneo è quella con univerbazione giacché.

La resa separata già che, con l’accento tonico su già, è comune nel linguaggio familiare (e nella sua eventuale resa grafica) in casi come

Fermati tu dal meccanico, già che ci passi davanti

Perché non ci va Luca, già che è così interessato?

 

 STORIA 

La grafia separata già che era diffusa nell’italiano dei secoli scorsi

Comunque sia, già che non lo avete fatto prima, vi prego caldissimamente di farlo dopo (V. Alfieri, Vita).

 

 

GIORNALE: NEL O SUL?

 

La forma nel giornale è più corretta, specie se accompagnata da verbi come leggere, scrivere, essere, e lo stesso varrebbe per nel libro, nel sito

nei primi anni Sessanta pubblicò una serie di articoli nel giornale di destra «Neue Illustrierte» («Corriere della Sera»)

Ormai va ritenuta accettabile, tuttavia, anche la forma sul giornale, molto più comune nell’uso odierno e dovuta probabilmente all’influsso di frasi simili costruite con il verbo vedere, in cui è normale l’uso della preposizione su

L’ho visto sul cartellone

il termine è apparso per la prima volta nel 1990 su un giornale inglese.

 

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preposizioni

 

 

GIUSTAPPOSIZIONE

 

Si parla di giustapposizione (o asindeto) quando le proposizioni sono accostate l’una all’altra senza legami formali. Le proposizioni coordinate, cioè, non sono collegate per mezzo di congiunzioni coordinanti, ma solo tramite i segni di punteggiatura (soprattutto la virgola, il punto, il punto e virgola, i due punti)

Il capo arrivò in ufficio, vide la situazione, convocò tutti d’urgenza

Non era possibile procedere diversamente; di conseguenza i pompieri decisero di intervenire immediatamente

Aprì la porta della stanza. Non c’era nessuno

Ecco cosa devi fare: versare l’impasto nella teglia e subito infornare.

 

VEDI ANCHE   

congiunzioni

 

 

GLIELO, GLIELI vedi PERSONALI, PRONOMI

 

 

GLI O LE?

 

Per indicare il complemento di termine è sempre più comune, nel parlato e nello scritto informale, l’uso della forma pronominale atona gli, sia per il maschile, sia per il femminile (al posto di le)

Appena vedo Sabrina, gli (anziché le) dirò che ho una lettera per lei

Più tardi telefona a Lucia e digli (anziché dille) che domani venga da noi

L’uso di un’unica forma è largamente attestato nel corso della nostra storia linguistica ed è conforme all’etimologia (la forma latina illi era sia maschile, sia femminile). Tuttavia quest’uso non è ancora accettato nella norma, e gli al posto di le viene percepito come forma popolare, familiare e colloquiale, da evitare soprattutto nello scritto formale.

 

VEDI ANCHE   

personali, pronomi

 

 

GLI O LORO?

 

L’uso della forma pronominale atona gli in funzione di complemento di termine in riferimento non solo al maschile singolare, ma anche al maschile plurale è ormai da considerarsi accettabile in quasi tutti i livelli di lingua. 

 

Nel parlato colloquiale, quest’uso è molto comune

Ho incontrato i suoi genitori e gli ho chiesto di salutarmelo

Senti Mario e Paola: domandagli se ci raggiungono per l’aperitivo

Ma si trova ampiamente attestato anche in tutta la tradizione letteraria

Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta? (A. Manzoni, I promessi sposi)

A favorire l’uso di gli al plurale c’è anche il fatto che il pronome loro è bisillabico (e dunque tonico, a differenza di tutti gli altri pronomi personali di questo tipo) e dev’essere sempre posto dopo il verbo

i suoi familiari non seppero nulla per quattro anni. Non venne mai detto loro se era stato accusato di qualche reato, processato o imprigionato («Corriere della Sera»).

 

VEDI ANCHE   

personali, pronomi

 

 

GNA, GNE, GNI, GNO

 

In italiano queste combinazioni si pronunciano rendendo il gruppo gn come un unico suono 

legna, spegne, segni, gnomo

Solo in alcuni nomi o vocaboli provenienti da lingue straniere (soprattutto dal tedesco), le due consonanti vengono pronunciate separate

Wagner

Gneiss (roccia metamorfica simile al granito)

Per alcuni grecismi, come gnoseologia e gnosi, sono corrette entrambe le pronunce: quella con le due consonanti distinte, più rara, suona oggi un po’ sofisticata.

 

 USI 

Anche per il neologismo di recente fortuna indignados (‘indignati’, dallo spagnolo, al plurale per indicare il movimento analogo) la pronuncia corretta sarebbe quella con due consonanti distinte (come in Wagner), anche se quella più comune nell’uso è una pronuncia adattata (come nell’italiano indignati).

 

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prestiti

 

 

-GNA O -GNIA, -GNE O -GNIE, -GNO O -GNIO?

 

Le parole che terminano in questo modo non vanno mai scritte con la i, purché questa non sia accentata

campagna, montagne, disegno 

L’unica eccezione è costituita da alcune voci dei verbi in -gnare.

 

 

-GNARE, VERBI IN

 

I verbi in -gnare mantengono nella desinenza di alcune voci una -i- puramente grafica (non viene pronunciata e non serve a indicare la corretta pronuncia del gruppo gn). In particolare si comportano in questo modo:

- la 1a persona plurale dell’indicativo presente e del congiuntivo presente

noi maligniamo (non malignamo)

noi sogniamo (non sognamo)

- la 2a persona plurale del congiuntivo presente

che voi bagniate (non bagnate)

che voi regniate (non regnate)

La grafia senza -i-, pur giustificata dal punto di vista della pronuncia, è sconsigliabile. 

 

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coniugazione

 

 

GNOCCO: LO O IL?

 

La forma corretta è quella con l’articolo lo per il singolare e gli per il plurale (determinativi, articoli)

lo gnocco> gli gnocchi.

 

 USI 

Accanto alla forma corretta vivono nell’uso colloquiale – soprattutto in Italia settentrionale – anche le forme il gnocco e i gnocchi

ridi che mamma ha fatto i gnocchi!

 

 

GRADO DEGLI AGGETTIVI

 

Le qualità espresse dagli aggettivi possono essere soggette a una gradazione, secondo la misura e l’intensità. Il grado positivo indica la qualità senza alcun termine di confronto (ad esempio Carla è alta).

1. Il grado comparativo stabilisce un confronto fra due elementi. La gradazione della qualità è messa a confronto con quella posseduta da un altro termine di paragone. 

I tipi di comparativo sono tre.

Comparativo di maggioranza, che si forma aggiungendo l’avverbio più all’aggettivo qualificativo

Carla è più alta di Stefania

Comparativo di minoranza, che si forma aggiungendo l’avverbio meno all’aggettivo qualificativo

Carla è meno alta di Stefania

Comparativo di uguaglianza, che mette a confronto una o più qualità possedute da entrambi i termini della comparazione; il secondo termine di paragone è introdotto dagli avverbi quanto o come

Tuo fratello è educato quanto te / come te

Nel comparativo di maggioranza e di minoranza il secondo termine di paragone è introdotto dalla preposizione di o dalla congiunzione che

Di si adopera preferibilmente quando il secondo termine di paragone è un nome o pronome non retto da preposizione, o quando è un avverbio

Sandro è più tranquillo di Luigi / di te / di prima

Che si adopera quando il secondo termine di paragone è un nome o un pronome retto da preposizione, quando si mettono in relazione due qualità riferite allo stesso nome o quando si paragonano tra loro avverbi e verbi

Marco è più antipatico con te che con me

Giovanni è più intelligente che studioso

Giocare è più divertente che studiare

2. Il grado superlativo esprime l’intensità massima di una qualità in relazione ad altre grandezze (superlativo relativo) o in senso assoluto (superlativo assoluto).

• Il superlativo relativo è introdotto dagli avverbi più e meno preceduti dall’articolo determinativo; il gruppo di persone o cose rispetto alle quali una di esse possiede al massimo (o al minimo) grado una qualità è introdotto dalle preposizioni di, tra, fra, oppure può essere sottinteso

Mario è il più simpatico della compagnia

Fra le sue amiche, Antonella è la meno giovane

Abbiamo descritto i fenomeni più importanti

• Il superlativo assoluto si esprime:

- aggiungendo il suffisso -issimo (in pochi casi -errimo) alla radice dell’aggettivo di grado positivo

una torta buonissima

un sapore asperrimo

- premettendo all’aggettivo di grado positivo un avverbio di quantità o un avverbio qualificativo, per rafforzarne il significato

Carla è molto arzilla oggi

Il film era particolarmente bello

- premettendo all’aggettivo di grado positivo prefissi o prefissoidi come super-, iper-, ultra-, stra-, sovra-

Il pullman oggi era strapieno

- ripetendo due volte l’aggettivo di grado positivo (reduplicazione intensiva)

Riccardo è alto alto

- intensificando l’aggettivo mediante tutto

Voi siete tutti matti!

- rafforzando il significato dell’aggettivo facendolo seguire da una locuzione, da un participio presente o da un altro aggettivo di significato analogo

Gli ha fatto uno sgarbo brutto forte

Ha comprato una macchina rossa fiammante

Monica è innamorata persa di Marco

Alcuni aggettivi formano i gradi di comparativo di maggioranza e superlativo assoluto da una radice diversa rispetto a quella del grado positivo. Questa forma si definisce organica e convive a fianco di quella regolare

buono> migliore (più buono) > ottimo (buonissimo)

cattivo> peggiore (più cattivo) > pessimo (cattivissimo)

grande> maggiore (più grande) > massimo (grandissimo)

piccolo> minore (più piccolo) > minimo (piccolissimo)

Alcuni aggettivi dispongono di una forma organica per il comparativo e il superlativo, ma nell’uso comune hanno perso il rapporto con la forma base dell’aggettivo e queste forme sono spesso percepite come di grado positivo

(alto) > superiore (più alto) > supremo o sommo (altissimo)

(basso) > inferiore (più basso) > infimo (bassissimo)

(interno) > interiore (più interno) > intimo (internissimo)

(esterno) > esteriore (più esterno) > estremo (esternissimo)

Anche alcune forme organiche di superlativo (postumo, ultimo, primo, prossimo) e di comparativo (anteriore, posteriore, ulteriore) sono ormai prive di rapporto con l’originaria forma base latina e sono usate come aggettivi di grado positivo

i ragazzi esibiscono tatuaggi plateali, le ragazze bikini e tacchi ultimissimo strillo («La Repubblica»).

 

 USI  

Nell’uso popolare il superlativo relativo può essere espresso anche con gli avverbi indeclinabili meglio e peggio

il meglio vestito (= il vestito migliore)

le peggio persone (= le persone peggiori)

Questo costrutto può vantare anche qualche attestazione letteraria, come il titolo di un testo di Pier Paolo Pasolini

La meglio gioventù 

ripreso dal verso di un canto alpino

L’è morto un alpino nel far la guerra / la meglio gioventù l’è sotto terra (Sul ponte di Perati)

Si tratta comunque di un costrutto da evitare nello scritto e nel parlato di una certa formalità.

 

 STORIA 

Risulta largamente attestato nel corso della tradizione letteraria, ed ebbe particolare fortuna tra Sette e Ottocento per influsso del francese, il superlativo relativo con il doppio articolo

Cosa gli mancherebbe per esser l’uomo il più felice di questo mondo, se avesse appena un pochino di giudizio? (A. Manzoni, I promessi sposi)

Nell’italiano antico era possibile costruire il superlativo relativo anche con il suffisso -issimo 

E come la rosa, il più bellissimo de’ fiori, è circondata di spine (L’Ottimo Commento della Divina Commedia)

e anche rafforzare il superlativo assoluto

apparvegli uno angelo molto bellissimo e di chiaro abito (D. Cavalca, Dialogo di san Gregorio volgarizzato).

 

 

GRAMMATICALE, ANALISI vedi ANALISI GRAMMATICALE

 

 

GRANDINARE

 

Come tutti i verbi atmosferici, il verbo grandinare è un verbo impersonale

Grandina da mezz’ora

Se usato in senso figurato, ammette un costrutto personale, con un soggetto

Grandinavano pallottole da tutte le parti

Nei tempi composti il verbo grandinare può avere come ausiliare sia essere, sia avere.

• Quando il verbo è usato in senso proprio, la scelta è indifferente

È grandinato molto / Ha grandinato molto

• Si usa sempre l’ausiliare essere se il verbo è usato in senso figurato

Dopo che per ore erano grandinate pallottole, all’improvviso gli spari diminuirono.

 

VEDI ANCHE   

avere o essere?

 

 

GRATIS O A GRATIS?

 

La forma corretta è quella senza a, che deriva da una parola latina (forma contratta di gratiis ‘per i favori’, ‘grazie alle benevolenze’)

Computer da 100 dollari, telefonate a prezzi stracciati se non addirittura gratis, telefoni cellulari semplificati e software gratuito («La Repubblica»)

La forma a gratis, attestata dalla fine dell’Ottocento e oggi comune nei livelli bassi di lingua, è sbagliata. Nella diffusione dell’errore avrà contato il parallelismo con l’espressione opposta a pagamento, ma anche la somiglianza con espressioni simili che contengono la preposizione a (a sbafo, a scrocco, a ufo). 

 

VEDI ANCHE   

a (preposizione)

 

 

GRATÙITO O GRATUÌTO?

 

La pronuncia corretta è gratùito, con accentazione sdrucciola, con ritrazione dell’accento rispetto all’etimo latino gratuìtum (forse sul modello di parole come circùito, che si appoggiano regolarmente alla pronuncia della base latina).

La pronuncia etimologica gratuìto, con accentazione piana, è ormai molto rara.

 

VEDI ANCHE   

accento

 

 

GRAVE, ACCENTO vedi ACCENTO, ACUTO O GRAVE 

 

 

GRECISMI

 

Sono grecismi le parole, i prefissi, i prefissoidi, le locuzioni e i costrutti propri della lingua greca ed entrati nell’italiano. 

Le parole di origine greca presentano alcune particolarità.

• Nell’individuazione delgenere dei nomi

asma (maschile)

enfisema (maschile)

• Nella collocazione dell’accento:

- per un certo numero di grecismi, l’accento coincide nell’etimo greco nel vocabolo latino che ha fatto da intermediario verso la nostra lingua; in questi casi di solito non ci sono oscillazioni nemmeno in italiano

filosofìa

àteo

paràlisi

- altre volte invece l’intermediario latino ha un accento diverso rispetto a quello dell’etimo greco; in questi casi in italiano possono convivere entrambe le pronunce

mìmesi (secondo il modello greco) / mimèsi (secondo il modello latino)

antonomàsia (secondo il modello greco) / antonomasìa (secondo il modello latino).

 

VEDI ANCHE   

prestiti

 

 

GRIDI O GRIDA?

 

La parola grido ha due plurali.

• Il plurale maschile gridi si usa per indicare i versi degli animali

i gridi dei gabbiani

i gridi dei rapaci notturni

• Il plurale femminile grida si usa quando ci si riferisce a urla, invocazioni o lamenti emessi collettivamente da esseri umani

le grida della folla

non sentivano le nostre grida d’aiuto.

 

 USI 

Il plurale maschile può essere usato anche in riferimento agli uomini, specie se isolati o comunque non considerati nel loro complesso

I gridi di guerra, costituiti da parole o brevi frasi che esortavano i combattenti in battaglia (www.gazzettadiparma.it).

 

 STORIA 

In origine la grida, derivato di gridare, era l’editto o l’avviso pubblico che i banditori gridavano pubblicamente nelle piazze e nelle strade. In seguito con questa parola si indicarono in modo più specifico i provvedimenti legislativi emanati dai governatori di Milano durante la dominazione spagnola 

gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio (A. Manzoni, I promessi sposi).

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

GUASTO

 

Dal verbo guastare sono derivati in italiano due guasto, tra loro omonimi.

• Il sostantivo guasto ‘danno’, è derivato da guastare senza suffisso (come appello da appellare o manovra da manovrare)

I guasti fatti nelle campagne dalle cavallette, dalla grandine

L’automobile è ferma per un guasto al motore

• Il participio passato senza suffisso (o participio accorciato) guasto, usato nell’italiano contemporaneo solo in funzione di aggettivo qualificativo, col significato di ‘rotto’, ‘marcio’, ‘malato’

L’ascensore è guasto

Queste pesche sono guaste

Avere i denti guasti

Come participio passato di guastare, nell’italiano contemporaneo si usa soltanto guastato

All’epoca tutti pensarono che l’incidente avrebbe guastato per sempre le relazioni con Pechino («La Repubblica»).

 

 STORIA 

Il valore propriamente verbale era vivo nella lingua dei secoli scorsi

[…] perché volendosi ottenere un testo migliore di sovente s’è guasto e talvolta cambiato (B. Gamba, Serie dei testi di lingua)

e ancora oggi nell’uso popolare toscano

Il tempo s’è guasto.