F

 

 

 

FACSIMILE O FACSIMILI?

 

Facsimile (scritto anche fac-simile) è un nome composto (composte, parole) di genere maschile, formato dall’imperativo latino fac e dall’aggettivo sostantivato simile

Al plurale facsimile di solito è usato come invariabile (secondo il trattamento riservato anche a referendum e ad altri pseudolatinismi di epoca moderna) 

I facsimile delle schede elettorali (www.cine-tv.it)

Molto più raro (ma comunque accettabile) è il plurale formato secondo la regola valida per i composti verbo + nome di genere maschile

Presentati i facsimili Vallecchi alla Biblioteca Riccardiana di Firenze (www.italynews.it)

Alla fine del XX secolo, da una abbreviazione di facs(imile) unita al prefissoide tele-, si è creata la parola telefax, impostasi nell’uso nella forma a sua volta abbreviata fax (ovviamente invariabile).

 

VEDI ANCHE   

latinismi

 

 

FA, FA’ O FÀ?

 

Fa e fa’ sono due omonimi.

Fa è la 3a persona singolare dell’indicativo del verbo fare 

Oggi Mario fa la pizza

Fa’, con l’apostrofo, è la 2a persona dell’imperativo del verbo fare (troncamento di fai)

Fa’ il bravo!

Invece la grafia , con l’accento, che talvolta si incontra sia per l’indicativo, sia per l’imperativo, è in entrambi i casi una grafia errata (come stà o ): visti i diversi contesti d’uso, sarebbe di fatto impossibile confondere il verbo con il fa nota musicale. 

Un - accentato si usa soltanto come desinenza nei composti di fare (fare, composti del verbo), secondo la regola per cui l’accento grafico è obbligatorio nelle parole composte accentate sull’ultima sillaba, anche se l’ultima parola – da sola – andrebbe scritta senza accento

ri (voce del verbo rifare), tume (voce del verbo tumefare), contraf (voce del verbo contraffare).

 

 USI 

Fa, senza apostrofo e senza accento, si usa anche in alcune locuzioni avverbiali di tempo con il significato di ‘compiuto, passato’

tre ore fa, due giorni fa, sei mesi fa, un anno fa

Per la 2a persona dell’imperativo è possibile usare – accanto alla forma fa’ – anche la forma piena fai

Fai il bravo!

 

 STORIA 

Come nel caso di da’, sta’ e va’, l’imperativo fa’ con l’apostrofo ha sostituito la forma fa (dal latino classico fac) in uso ancora nel XX secolo. Inizialmente si è usata la forma dell’indicativo fai; poi, secondo la tendenza toscana a ridurre il dittongo ai, si è giunti a fa’.

 

VEDI ANCHE   

apostrofo

accento

 

 

-FAGO, -LOGO, PLURALE DEI NOMI IN

 

Il plurale delle parole composte che terminano con i suffissoidi -fago (dal greco phagos ‘che mangia’) e -logo (dal greco logos ‘discorso’ o -logos, derivato di lèghein ‘dire’) è oscillante. 

• Quando si tratta di un nome riferito a una persona, di solito si segue il criterio prevalente nel plurale dei nomi in -co, -go; perciò, trattandosi di parole con accentazione sdrucciola, il plurale è -fagi, -logi

antropofago > antropofagi, onicofago > onicofagi 

psicologo > psicologi, teologo > teologi

• Quando si tratta di un nome riferito a una cosa, oppure di un aggettivo, il plurale più frequente è -faghi, -loghi

sarcofago > sarcofaghi, esofago > esofaghi

dialogo > dialoghi, catalogo > cataloghi

analogo > analoghi, omologo > omologhi.

 

 USI 

In tutti questi casi non mancano anche usi diversi, sia pure minoritari

Tre sarcofagi della famiglia Alvethna (Touring club italiano)

Sociologhi, psicologhi, economisti (F. Ramondino, In viaggio)

Noi non abbiamo avuto molti grandi teologhi (R. Crovi, Diario del Sud)

Forme come sociologhi, psicologhi, teologhi ecc. vanno considerate, però, come antiquate o tipiche di un uso più trascurato e dunque da evitarsi (infatti, ad esempio, la dicitura ufficiale è Ordine Nazionale Psicologi).

 

 

FALSI ALTERATI

 

I cosiddetti falsi alterati (o alterati lessicalizzati) sono parole che presentano i suffissi tipici dell’alterazione, ma hanno un significato proprio, del tutto autonomo e diverso da quello di un alterato. Perciò nel vocabolario sono registrate come voci a parte

fattore > fattorino (‘commesso’)

rosa > rosone (‘motivo decorativo di una chiesa’)

tino> tinello (‘ambiente adiacente alla cucina’)

fumo> fumetto (‘storia disegnata’)

In casi come questi, l’originario rapporto di alterazione tra le due parole si è ormai perso (il fattorino non è un piccolo fattore, il rosone non è una grande rosa che possiamo chiedere al fioraio ecc.), trasformandosi piuttosto in un rapporto di derivazione (derivate, parole). Un rapporto che spesso non è più evidente per la maggioranza dei parlanti (quanti riconducono gli spaghetti allo spago?), ma che comunque è possibile ricostruire per via etimologica. 

 

Casi del tutto diversi sono quelli di bullo / bullone, pulce / pulcino, merlo / merluzzo, naso / nasello in cui le due parole hanno un’origine completamente diversa e solo casualmente la seconda parola della coppia termina come se avesse un suffisso alterativo.

 

 STORIA 

In questi casi, come si è accennato, c’è più che altro un rapporto di derivazione con la parola originaria:

- fattorino è un lavoratore (nell’accezione etimologica di fattore, dal latino factorem ‘che fa’, ma anche, ad esempio in Catone, ‘lavoratore al frantoio’) di basso rango (si veda anche il francese facteur de lettres ‘commesso postale’);

- rosone, termine tecnico di ambito architettonico già attestato in Giorgio Vasari nel XVI secolo, rievoca la forma di una rosa circolare; 

- fumetto indica innanzitutto la nuvola di fumo (in inglese balloon) che contiene le parole pronunciate dai vari personaggi, e poi per estensione è passato a indicare l’intera forma espressiva; 

- spaghetti sono un tipo di pasta sottile, non bucata, simile a tutti gli effetti allo spago;

- meno immediato il caso di tinello, parola già presente in Pietro Bembo: da tino ‘botte di vino’, probabilmente perché era la stanza dei servitori in cui si conservavano appunto i tini (senza dimenticare che il latino tinum indicava anche la cantina).

 

 

FAMILIARE O FAMIGLIARE?

 

Si possono usare entrambe le forme, con i relativi derivati

familiarità / famigliarità, familiarizzare / famigliarizzare

• La forma familiare, più frequente, è modellata direttamente sull’etimo latino familiarem

Il tempo della giornata scandito dal suono familiare della sirena della fabbrica (www.gazzettadireggio.gelocal.it)

• La forma famigliare, meno comune, rimane più fedele al nome famiglia, da cui deriva

Scuoti il tuo pack virtuale per sentire il suono famigliare di tanti confetti (www.tic-tac.it).

 

 USI 

Molto frequente negli ultimi anni è il sostantivo familismo ‘eccessivo attaccamento alla famiglia’, che non deriva direttamente da un etimo latino, ma dall’inglese familism (derivato di family ‘famiglia’).

 

 STORIA 

Nella storia dell’italiano l’oscillazione tra le due forme è continua e ben viva ancora nella letteratura del XX secolo: basti pensare a due titoli di grande successo come Cronaca familiare di Vasco Pratolini e Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. 

 

VEDI ANCHE   

-iglia- o -ilia-?

derivate, parole

 

 

FA NIENTE O NON FA NIENTE?

 

La forma corretta è non fa niente, con la doppia negazione prevista quando i pronomi indefiniti negativi sono usati dopo il verbo.

La forma fa niente è tipica del parlato, soprattutto settentrionale: dunque da evitare nello scritto, anche se non mancano esempi illustri nella tradizione letteraria

Si vede il mondo arrabattarsi davanti e si fa niente (C. Pavese, Ciau Masino).

 

 

FARE, COMPOSTI DEL VERBO

 

I composti del verbo fare (assuefare, liquefare, rarefare, rifare, stupefare, tumefare ecc.) seguono la coniugazione del verbo fare

assuefaceva, liquefaccio, rifacesti, stupefatto

Nella 3a persona singolare dell’indicativo presente, dall’accentazione tronca, bisogna usare sempre l’accento grafico 

assue, lique, ri, stupe

I verbi disfare, soddisfare presentano alcune forme diverse

 

 

 

FATTITIVI, VERBI vedi CAUSATIVI, VERBI

 

 

FEMMINILE DEI NOMI

 

In italiano la formazione del femminile dei nomi può avvenire in diversi modi.

• Il modo più comune per ottenere il femminile dei nomi è sostituire la desinenza del maschile (-o, -e) con la desinenza -a

impiegato > impiegata

cuoco > cuoca

signore > signora

cameriere > cameriera

• Soprattutto per alcuni nomi maschili in -a e in -e, ma anche in -o, si ricorre alla desinenza -essa

poeta > poetessa

duca > duchessa

studente > studentessa

principe > principessa

avvocato > avvocatessa

soldato > soldatessa

Questa desinenza, però, è usata soltanto nei nomi citati e in pochi altri (come ad esempio baronessa, contessa, dottoressa, leonessa, professoressa). Diversamente, è sentita come ironica o addirittura dispregiativa

È una filosofessa da quattro soldi

• I nomi maschili in -tore hanno il femminile in -trice

lettore > lettrice

nuotatore > nuotatrice

traduttore > traduttrice

Ma dottore fa dottoressa e si ricorre alla desinenza -tora in casi come

pastore > pastora

impostore > impostora

tintore > tintora

• I nomi maschili in -sore hanno il femminile in -itrice

difensore > difenditrice

possessore > posseditrice

Ma da professore, come già visto, si ha professoressa, da incisore, incisora.

• In alcuni nomi in cui si verifica l’alternanza di genere e di significato, il femminile si ottiene con il suffisso -ina, senza che questo abbia un reale valore diminutivo

gallo > gallina

eroe > eroina

re > regina

zar > zarina

Lo stesso accade con alcuni nomi propri 

Alfonso > Alfonsina

Andrea > Andreina

Giuseppe > Giuseppina

• I cosiddetti nomi di genere comune (o epiceni) hanno un’unica forma per il maschile e il femminile; il genere dunque è ricostruibile solo dall’eventuale presenza dell’articolo o di un aggettivo 

un insegnante / un’insegnante, il giornalista / la giornalista, il giudice / la giudice

• Molti nomi di animali, per lo più selvatici, hanno un’unica forma per indicare l’animale sia maschio, sia femmina (genere promiscuo)

la tigre, la volpe, la balena, il topo, lo gnu, il ragno

• Nel caso dei prestiti non adattati (cioè presi direttamente dalla lingua straniera) manca una regola generale per l’attribuzione del genere. Di solito si segue il genere grammaticale della lingua di provenienza

lo chalet (‘villa di montagna’, dal francese le chalet, maschile), la Weltanschauung (‘visione del mondo’, dal tedesco die Weltanschauung, femminile), il toreador (‘torero’, dallo spagnolo el toreador, maschile)

Le parole che in tedesco sono di genere neutro di solito si usano al maschile

il diktàt (‘ordine perentorio’, das Diktat

Con l’inglese, che non ha distinzione di genere grammaticale, ci si può basare sul sottinteso corrispondente italiano

la showgirl (girl ‘ragazza’)

la top-model (model ‘modella’) 

la full immersion (immersion ‘immersione’)

la new age (age ‘età’)

ma non sempre il criterio è univoco

la cheese-cake (cake ‘torta’) / il cheese-cake (cake ‘dolce’)

una e-mail (mail ‘lettera’) / un e-mail (mail ‘messaggio’).

 

 STORIA 

Alcuni nomi maschili di professioni del canto lirico finiscono in -o ma indicano una donna. La spiegazione sta nel fatto che fino al Settecento si trattava di ruoli affidati a uomini o ragazzi. In questi casi sono accettate sia la concordanza grammaticale (articolo e aggettivo maschile), sia quella ‘di natura’ (articolo e aggettivo femminile) 

il contralto / la contralto, il soprano / la soprano, un bravo mezzosoprano / una brava mezzosoprano.

 

VEDI ANCHE   

femminile, forme particolari del

femminile dei nomi di professione 

genere dei nomi

 

 

FEMMINILE DEI NOMI DI PROFESSIONE

 

Alcuni nomi di professione formano il femminile attraverso la desinenza -a, come avviene comunemente per i sostantivi

il maestro > la maestra

il cuoco > la cuoca

il sarto > la sarta

l’infermiere > l’infermiera

Con i nomi di professione che appartengono alla categoria dei nomi di genere comune, si utilizza il nome maschile di professione invariato

il cantante > la cantante

il regista> la regista

il farmacista > la farmacista

Altri nomi, invece, formano il femminile aggiungendo il suffisso -essa al nome maschile

dottore> dottoressa

presidente > presidentessa

vigile > vigilessa

La maggior parte dei nomi che al maschile singolare terminano in -tore formano il plurale in -trice

pittore > pittrice

scrittore> scrittrice

senatore > senatrice

In alcuni casi, si può aggiungere al maschile il determinante donna

la donna poliziotto (anche, più comune, poliziotta)

la donna magistrato (anche, meno comune, magistrata).

 

 USI 

In certi casi è difficile indicare il femminile di nomi che riguardano cariche o professioni. Alcune forme femminili dei nomi di professione possono avere infatti una connotazione ironica e dispregiativa

Gelmini: una ministressa inventiva (www.officinavolturno.com)

L’auspicio – ha sottolineato l’assessora regionale all’Ambiente Sabrina Freda – è che anche i Comuni più piccoli adottino queste misure («La Repubblica»)

Il suffisso -essa, in particolare, è quello che più di tutti può assumere tali connotazioni e che ormai, nella lingua comune, è il meno utilizzato nella formazione del femminile

filosofessa, generalessa, gigantessa, giudicessa.

 

 STORIA 

Negli ultimi decenni il mutare delle condizioni sociali femminili, che ha portato all’affermazione delle donne in molte professioni e cariche che prima erano loro precluse, ha avuto ripercussioni sui nomi delle professioni. Basti pensare ai nomi legati all’esercito e alle forze dell’ordine, istituzioni alle quali le donne hanno avuto accesso solo in tempi relativamente recenti: qual è il femminile corretto e politicamente corretto di soldato, di generale, di pontiere?

In questi e molti altri casi le soluzioni sono ancora aperte e nella scelta si scontrano sensibilità diverse, al punto che non è facile prevedere quale sarà la versione che prevarrà nell’uso. Basti pensare a come molte soluzioni proposte decenni addietro da gruppi femministi appaiano oggi anacronistiche (come dottora e professora al posto di dottoressa e professoressa). 

 

VEDI ANCHE   

politicamente corretto

femminile dei nomi

propri, nomi

 

 

FEMMINILE, FORME PARTICOLARI DEL

 

Alcuni nomi femminili hanno una forma a sé, diversa da quella regolare

cane > cagna

dio > dea

Altri nomi, detti indipendenti, hanno un femminile particolare, formato con una radice diversa

uomo> donna

maschio > femmina

padre> madre

fratello> sorella

marito > moglie

toro > vacca

maiale > scrofa.

 

VEDI ANCHE   

nomi indipendenti al maschile e femminile

 

 

-FERO

 

-fero è un suffissoide proveniente dal latino -ferum ‘che porta’, e si trova in parole di diretta derivazione latina (a loro volta calchi di un originale greco) o formate modernamente soprattutto in ambito letterario o tecnico-scientifico

mortifero (latino mortiferus, calco del greco thanatephòros

sonnifero (latino somniferus

calorifero (calore + -fero)

Quanto alla pronuncia, le parole composte con -fero hanno accentazione sdrucciola

petrolìfero, calorìfero, frigorìfero, mammìfero.

 

 STORIA 

Il suffissoide -fero era molto usato nell’italiano letterario e poetico, a imitazione dei numerosi composti latini in -ferus e greci in -phoros 

Il pestifero e mortifero morso della vipera (G. B. Marino, Dicerie sacre)

Oggi parole come queste appaiono nell’uso comune solo in senso ironico

Sei proprio pestifero!

Che lezione mortifera!

 

 

FIASCO O FIASCA?

 

Si tratta di due parole di genere diverso che derivano (più o meno direttamente) dallo stesso etimo: il germanico flaskō ‘recipiente’, da cui l’italiano ha tratto nel tempo, attraverso il latino tardo flaskonem, il maschile fiascone, poi diventato fiasco, e successivamente il femminile fiasca.

• La forma maschile fiasco, più comune, indica un recipiente per il vino o per altri liquidi di forma ovale con il collo allungato

Beve un fiasco di vino

ma può anche avere il significato figurato di ‘insuccesso’

Quello spettacolo è stato un vero fiasco

• La forma femminile fiasca, invece, indica una specie di fiasco dalla forma più schiacciata, una piccola damigiana senza manici

Fiasca della prima metà del XIX secolo (Touring Club Italiano, Le città della ceramica).

 

VEDI ANCHE   

alternanza di genere e di significato

genere dei nomi

 

 

FIGLIO DI O FIGLIO A?

 

La forma corretta è figlio di, con il complemento di specificazione (come in madre di, padre di, nipote di ecc.)

Luigi è figlio di Michele

La forma figlio a è di uso antico

o padre antico / a cui ciascuna sposa è figlia (D. Alighieri, Paradiso)

o tipica, oggi, dell’italiano parlato centro-meridionale 

’Na vita pe stu figlio ca è pure figlio a me (G. D’Alessio, Diciotto anni)

In ogni caso, questa ultima forma sarebbe da evitare.

 

 

FIGLIO / FILIALE

 

Negli aggettivi derivati (derivate, parole) da figlio, si parte dalla base etimologica, il latino filium con il derivato originario filialis

sentimento filiale, amore filiale, rapporto filiale

Lo stesso vale per l’aggettivo sostantivato filiale ‘sede secondaria di un’azienda’

La filiale della banca è stata appena inaugurata.

 

 STORIA 

Nell’italiano dei secoli scorsi si registra una certa oscillazione. Figliale era usato ampiamente fino all’Ottocento (Ugo Foscolo, Vincenzo Gioberti, Ippolito Nievo) ed era presente anche nella tradizione letteraria del Novecento: già dal titolo – ad esempio – nella raccolta di poesie Numi di un lessico figliale, di Ferruccio Benzoni.

 

 

FILI O FILA?

 

La parola filo ha due plurali.

• Il plurale maschile fili si usa nel significato proprio di ‘elementi a forma di filo’

i fili d’erba, i fili dell’alta tensione, i fili di lana

• Il plurale femminile fila si usa con il senso figurato di ‘sviluppo coerente, connessione di elementi’

le fila del discorso, le fila della storia, le fila del complotto.

 

 DUBBI 

Le fila non va confuso con le file (plurale del nome femminile la fila), che indica invece ‘una serie di oggetti, di cose’

le file di sedie e non le fila di sedie

serrare le file e non serrare le fila (visto che significa ‘diminuire la distanza fra i vari componenti di una fila’ o, anche in senso figurato, ‘stringersi compatti gli uni agli altri’).

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

FILO-

 

Filo- è un prefissoide derivato dal greco philos ‘amico’, e usato in parole derivate direttamente dal greco (filosofo, filantropo) o formate modernamente

filoamericano (‘simpatizzante degli americani’) 

filocinese (‘simpatizzante dei cinesi’)

Come si vede anche negli esempi, la vocale finale del prefissoide cade davanti alla vocale iniziale del secondo elemento soltanto nel caso delle parole derivate direttamente dal greco

filantropo e non filoantropo

ma filoamericano e non filamericano

Le parole di significato contrario si ottengono con il prefisso anti- o, meno frequentemente, il prefissoide miso-

filoamericano / antiamericano, filantropo / misantropo.

 

 

-FILO, -FILÌA

 

-filo è un suffissoide derivato dal greco philos ‘amico’, che si trova in parole derivate direttamente dal greco (bibliofilo) o formate modernamente

esterofilo (‘amante dell’estero’) 

anglofilo (‘amante del mondo inglese’) 

cinefilo (‘appassionato di cinema’)

Per i derivati astratti il suffissoide, invece, è -filìa

bibliofilia, esterofilia, cinefilia.

 

 USI 

Sia il suffissoide -filo, sia il prefissoide filo- sono usati con il significato di ‘amante, simpatizzante’ per la creazione di nuovi nomi composti. Non esiste una regola univoca che stabilisca l’uso dell’uno o dell’altro. Si nota, però, una certa preferenza per il prefissoide soprattutto nel linguaggio politico

Provocazione di un filoamericano tutt’altro che euroscettico (M. Teodori, L’Europa non è l’America)

mentre in altri campi può essere usato il suffissoide corrispondente

Io non sono un americanofilo

Il suffissoide -filìa mantiene sempre l’accento sulla i, dunque il gruppo finale ìa è iato e va separato nella divisione in sillabe

bi-blio-fi-li-a, e-ste-ro-fi-li-a, ci-ne-fi-li-a.

 

 

FINALI, CONGIUNZIONI

 

Le congiunzioni finali sono congiunzioni subordinative usate per introdurre una frase che esprime lo scopo, la finalità di quello che viene detto nella proposizione precedente (finali, proposizioni).

Le più frequenti sono perché e affinché

Ti parlo perché tu ti renda conto della situazione

L’ha fatto affinché tutto fosse sotto controllo

Con queste congiunzioni va usato il modo congiuntivo

Le proposizioni finali possono essere introdotte anche da una serie di locuzioni congiuntive come in modo che, al fine di, allo scopo di

Ti ho fatto venire qui in modo che potessi vederlo con i tuoi occhi.

 

 USI 

La congiunzione finale perché è la più usata, sia nel parlato, sia nello scritto.

La forma affinché è usata soprattutto negli scritti più formali

Il mondo deve insistere affinché l’Europa agisca (www.investireoggi.it).

 

 STORIA 

Le congiunzioni finali onde, acciocché sono invece tipiche dell’italiano letterario dei secoli scorsi

Ho giustificato il tutto con citazioni autentiche, onde il Lettore non sia obbligato a dubitare (G. Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi)

Mi chiamò indi a poco acciocché contemplassi anch’io una cosa meravigliosa (I. Nievo, Confessioni di un italiano).

 

 

FINALI, PROPOSIZIONI

 

Nell’analisi del periodo, le proposizioni finali sono proposizioni subordinate che esprimono il fine, lo scopo, l’obiettivo di quanto viene detto nella proposizione principale. 

Le proposizioni finali subordinate si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.

• Le proposizioni finali esplicite vengono introdotte da perché, affinché, acciocché, ché, onde, e hanno il verbo al congiuntivo

Era stato chiamato perché risolvesse il problema

Te l’ho detto affinché tu possa decidere

• Le proposizioni finali implicite, più usate di quelle di forma esplicita, sono introdotte da per, a, di, onde, allo scopo di, al fine di, pur di, e hanno il verbo all’infinito

Era lì per controllare la situazione

Era arrivato al fine di controllare la situazione

Di solito la forma implicita presuppone l’identità del soggetto della proposizione reggente e della proposizione finale. Perciò, quando i soggetti sono diversi è sconsigliata perché può generare confusione

Luca ha cercato Claudia per lavare i piatti 

a rigor di logica, la frase significa che ‘Luca lava i piatti’. La forma corretta sarebbe stata quella esplicita

Luca ha cercato Claudia affinché lei lavasse i piatti.

 

 USI 

Le proposizioni finali possono essere poste sia prima delle proposizioni reggenti, sia dopo. Di solito quelle di forma implicita si trovano prima

Per fare l’albero ci vuole il seme (G. Rodari, Ci vuole un fiore).

 

 

FINCHÉ O FIN CHE?

 

Nell’italiano contemporaneo la grafia corrente è finché, con univerbazione

Finché c’è vita c’è speranza.

 

 STORIA 

La grafia separata fin che, oggi da considerarsi errata, è stata in uso fino all’Ottocento 

Sentivano un certo rimorso, fin che non avessero fatto il loro dovere (A. Manzoni, I promessi sposi)

In alternativa si può usare la locuzione fino a che

Fino a che c’è vita c’è speranza.

 

 

FINE O FINO?

 

Le due forme si riferiscono a diverse sfumature di significato.

• L’aggettivo fine si riferisce a una sottigliezza materiale

Quel filo di metallo è proprio fine

o, in senso figurato, a una sottigliezza legata all’intelligenza o al comportamento

Che persona fine!

Un fine conversatore

• L’aggettivo fino di solito indica uno scarso spessore materiale (soprattutto nel tessuto)

seta fina (= sottile, leggera) contrapposto a seta fine (= di qualità scelta)

ed è l’unica usata in locuzioni come

lavorare di fino (= eseguire lavori che richiedono precisione, delicatezza, gusto ecc.).

 

 USI 

In molti usi regionali le due forme si alternano secondo criteri diversi. Ne sono testimoni, tra l’altro, espressioni familiari e proverbi come

fa fino (detto di un comportamento che appare elegante, raffinato)

scarpe grosse e cervello fino. 

 

 

FINE O SCOPO, COMPLEMENTO DI

 

Nell’analisi logica, il complemento di fine o scopo è un complemento indiretto che indica appunto il fine, lo scopo di quanto si sta esprimendo. 

Può essere introdotto dalle preposizioni per, a, di, da, in o da locuzioni preposizionali come al fine di, con il fine di, allo scopo di, con lo scopo di, in vista di 

Sono venuto qui per la cena

Mi sarà di sostegno

La squadra si deve preparare in vista della sfida finale.

 

 

FINITI, MODI vedi MODI DEL VERBO

 

 

FINORA O FIN ORA?

 

Nell’italiano contemporaneo la grafia corrente è finora, con univerbazione.

 

 USI 

È ormai antiquata la grafia separata fin ora, oggi scarsamente diffusa e legata soprattutto a usi popolari o scarsamente sorvegliati (come conferma la presenza in molti casi dell’apostrofo, da non usare, dato che si tratta di un troncamento)

La nostra migliore vacanza *fin’ora! (www.tripadvisor.it)

Come variante è preferibile la forma fino a(d) ora.

 

 STORIA 

Come in molti casi simili, la grafia separata era normale – anche nell’uso letterario – fino alla metà del XX secolo

Il Pontefice fin ora sta risoluto di non voler dar orecchio (V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno).

 

 

FIORIRE: AVERE O ESSERE?

 

Il verbo fiorire nei tempi composti va usato sempre (anche in senso figurato) con l’ausiliare essere 

Il ciliegio è fiorito due giorni fa

La cultura umanistica che sarebbe fiorita di lì a poco.

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi, fiorire si trova usato anche con l’ausiliare avere, specie quando s’intende mettere in rilievo la durata dell’azione

Un garofano che avea fiorito dentro una pentola fessa (G. Verga, Nedda).

 

VEDI ANCHE   

avere o essere?

 

 

FLAGRANTE O FRAGRANTE?

 

Si tratta di due aggettivi dal suono simile, ma dall’origine e dal significato completamente diversi.

Flagrante (dal latino flagrantem ‘che arde’) si usa nel linguaggio giuridico per indicare un reato che viene scoperto nel momento stesso in cui viene commesso

cogliere in furto flagrante, sopreso in flagrante 

Per estensione viene usato anche con il significato di ‘evidente, palese’

in flagrante contraddizione, una flagrante ingiustizia

Fragrante (dal latino fragrantem ‘che odora’) ha invece il significato di ‘profumato, odoroso’

biancheria fragrante, pane fragrante, torta fragrante.

 

 

FLESSIONE

 

La flessione è il processo di mutamento morfologico che subiscono le parole variabili per esprimere i diversi valori e rapporti grammaticali. La flessione si ottiene con l’aggiunta della desinenza alla radice della parola, e può essere di due tipi.

• La flessione verbale, chiamata anche coniugazione, distingue il modo, il tempo e la persona dei verbi

ved-iamo, parl-ò, us-avamo, fin-isse

• La flessione nominale riguarda articoli, sostantivi, aggettivi e pronomi e distingue il genere (maschile e femminile) e il numero (singolare e plurale)

l-o, cuoc-a, buon-i, ess-e.

 

 

-FOBIA

 

-fobia è un suffissoide derivato dal greco phobos ‘paura’, che si trova in parole derivate direttamente dal greco (idrofobia) o formate modernamente

agorafobia (‘paura della folla’) 

claustrofobia (‘paura degli spazi chiusi’) 

sessuofobia (‘paura del sesso’)

Il suffissoide mantiene sempre l’accento sulla i, -fobìa, dunque il gruppo finale ìa è iato e va separato nella divisione in sillabe

a-go-ra-fo-bi-a, clau-stro-fo-bi-a, ses-suo-fo-bi-a.

 

 

FONDAMENTI O FONDAMENTA?

 

La parola fondamento ha due plurali.

• Il plurale maschile fondamenti è impiegato nel senso figurato e metaforico di ‘principi alla base di un pensiero, una struttura astratta, un’istituzione’

i fondamenti della civiltà, i fondamenti della fisica, i fondamenti della filosofia

• Il plurale femminile fondamenta si usa quando ci si riferisce al significato proprio di ‘base su cui poggia una costruzione’

le fondamenta di un palazzo, le fondamenta della casa, le fondamenta di una chiesa.

 

 DUBBI 

Le fondamenta non va confuso con la fondamenta (plurale fondamente), che indica invece una strada di Venezia che costeggia un canale o un rio

la fondamenta delle Zattere, le fondamente nove.

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

FONOSIMBOLI vedi ONOMATOPEE

 

 

FORESTIERISMI vedi PRESTITI

 

 

FORMA ATTIVA, PASSIVA E RIFLESSIVA

 

A seconda del rapporto tra il verbo e il soggetto della frase si distinguono una forma (o diàtesi) attiva, passiva o riflessiva.

• La forma attiva si ha quando il soggetto svolge l’azione espressa nel verbo. Si può avere con verbi sia transitivi, sia intransitivi

La palla entrò nella porta

Mario corre

• La forma passiva si ha quando il soggetto subisce l’azione espressa nel verbo. Si può avere solo con verbi transitivi

La squadra è stata sconfitta 

Le chiavi furono ritrovate dal portiere

• La forma riflessiva si ha quando il soggetto coincide con l’oggetto. Si può avere solo con verbi transitivi

Mario si guarda allo specchio 

Continuiamo così: facciamoci del male (N. Moretti, Bianca).

 

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transitivi e intransitivi, verbi

 

 

FORMAGGIERA O FORMAGGERA?

 

La grafia corretta è formaggiera, perché il suffisso è -iera 

olio> oliera

te> teiera

e dunque formaggio> formaggiera

Però, dato che la i di -gie- non si pronuncia, né serve a indicare la corretta pronuncia della g, è accettata anche la grafia formaggera

«Quale malocchio?» chiese Lometto tranquillo vuotando la formaggera nella fondina (A. Busi, Vita standard di un venditore provvisorio di collant).

 

 DUBBI 

Non esiste una regola univoca che permetta di scegliere la grafia con assoluta certezza. Così alcuni nomi prediligono la forma con la i superflua

crociera, gorgiera, raggiera 

mentre altre parole hanno entrambe le forme

aranciera / arancera, panciera / pancera 

In caso di dubbio, è necessario consultare il vocabolario.

 

 STORIA 

In generale, la i superflua non è ammessa in sillaba non accentata (tranne qualche caso come scienziato, coscienzioso) e tende a regredire rispetto a un secolo fa, quando erano ancora molto frequenti grafie come messaggiero, passeggiero, leggiero, oggi a tutti gli effetti antiquate. 

 

VEDI ANCHE   

diacritici, segni

ce o cie, ge o gie, sce o scie?

 

 

-FORME

 

-forme è un suffissoide derivato dal latino -formem ‘dalla forma di’ (a sua volta calco dal greco -morphos) e si trova in parole derivate direttamente dal latino (multiforme) o formate modernamente

filiforme (‘a forma di filo’) 

vermiforme (‘a forma di verme’) 

aghiforme (‘a forma di ago’).

 

 USI 

Dal punto di vista del significato, -forme corrisponde al suffissoide -morfo (e anche, ma solo parzialmente, a -oide), che però sono di origine greca e di uso più tecnico.

Un esempio è la coppia multiforme / polimorfo, il cui significato è tendenzialmente lo stesso (‘che ha molte forme’), con la differenza che multiforme è di uso letterario

Musa, quell’uom di multiforme ingegno / dimmi (I. Pindemonte, Odissea)

mentre polimorfo si usa in campo scientifico

Eritema essudativo polimorfo (www.medicitalia.it).

 

 

FORME NOMINALI DEL VERBO vedi MODI DEL VERBO

 

 

FÒRMICA O FORMÌCA?

 

Si tratta di una coppia di omografi.

Fòrmica, con accentazione sdrucciola, significa ‘laminato plastico’

tavoli di formica, banchi di formica, mobili di formica

Formìca, con accentazione piana, indica l’insetto

la formica rossa, una fila di formiche.

 

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accento

 

 

FOSSO O FOSSA?

 

Si tratta di due parole che hanno la stessa origine, ma sono di genere diverso.

• Il maschile fosso indica un grande buco, anche naturale, spesso lungo e stretto

Sta’ attento a non cadere nel fosso

Fu scaraventato / in un palazzo, in un fosso / non ricordo bene (L. Dalla, Com’è profondo il mare)

• Il femminile fossa, indica uno scavo nel terreno, più o meno profondo ed esteso

Ha scavato una fossa per piantare l’albero

La fossa del leone / è ancora realtà (L. Battisti, Il nostro caro angelo).

 

VEDI ANCHE   

alternanza di genere e di significato

 

 

FRA vedi TRA O FRA?

 

 

FRANARE: AVERE O ESSERE?

 

Il verbo franare nei tempi composti va usato sempre (anche in senso figurato) con l’ausiliare essere 

Il ponte della ferrovia è franato 

Il mercato finanziario sarebbe franato presto.

 

 USI 

Nel parlato contemporaneo, franare si trova usato anche con l’ausiliare avere, ma si tratta di un uso che nello scritto è sconsigliabile. 

Significativa l’alternanza tra le due soluzioni in questo articolo di giornale, con l’ausiliare essere usato dal giornalista e l’ausiliare avere usato da un testimone e riportato tra virgolette

Improvvisamente il terreno è franato. [...] Secondo alcuni testimoni «la terra ha franato subito dopo il passaggio di un camion» («Corriere della Sera»).

 

VEDI ANCHE   

avere o essere?

 

 

FRANCESISMI vedi PRESTITI

 

 

FRASE 

 

La frase è un insieme di parole disposte intorno a un verbo di senso compiuto e autonomo. Si possono distinguere due tipi di frase.

• La frase semplice (detta anche proposizione) è formata da un unico verbo

Oggi è una bella giornata

• La frase complessa (detta anche periodo) è formata da più proposizioni collegate tra loro sullo stesso livello o su livelli diversi

Oggi è una bella giornata e ci sarà il sole

Oggi è una bella giornata perché sei arrivato tu

Nell’analisi del periodo, la frase autonoma dal punto di vista del contenuto e della sintassi può essere:

- una proposizione indipendente, se è l’unica del periodo

- una proposizione principale, se da essa dipendono altre proposizioni, dette subordinate.

I collegamenti tra le varie proposizioni possono essere di due tipi.

• La coordinazione (chiamata anche paratassi) pone le frasi sullo stesso livello usando le varie congiunzioni coordinanti come e, , o, oppure, ma e così via o ricorrendo alla giustapposizione (cioè al collegamento tramite i soli segni di punteggiatura)

Tuona da stamattina e da qualche ora grandina

Tuona da stamattina; da qualche ora grandina 

• La subordinazione (chiamata anche ipotassi) mette le frasi su livelli diversi, per cui c’è la frase che regge (chiamata reggente o sovraordinata) da cui dipendono le varie frasi di diverso grado (chiamate subordinate o secondarie) collegate con una congiunzione o con una preposizione

Sto bene, benché non abbia dormito

Dichiarò di star bene

La subordinazione può presentare due forme:

- la forma esplicita, quando usa un verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale)

Siamo venuti perché ti vogliamo bene

- la forma implicita, quando usa un verbo di modo indefinito (infinito, gerundio, participio)

Siamo arrivati usando l’auto di Giacomo.

 

 STORIA 

Nell’italiano antico, letterario e non, si usava anche un’altra costruzione della frase che univa la paratassi con l’ipotassi, la cosiddetta paraipotassi, nella quale la subordinata era collegata alla reggente attraverso una congiunzione coordinativa

Sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentio cominciare un tremuoto nel cuore (D. Alighieri, Vita nova).

 

 

FRASEOLOGICI, VERBI

 

I verbi fraseologici (detti anche aspettuali) sono verbi che si combinano con un altro verbo di modo infinito o gerundio per definire meglio il progredire dell’azione nel tempo. I più frequenti sono:

- cominciare a, iniziare a, mettersi a, prendere a (indicano un’azione che comincia)

Finalmente il computer cominciò a funzionare

Mi sono messo a seguire il rugby

- stare per, accingersi a, essere sul punto di (indicano un’azione che sta per cominciare)

Stavo per cadere dalle scale

È sul punto di esplodere

- stare a, stare + gerundio, andare + gerundio (indicano un’azione che dura nel tempo)

Stava fissando lo schermo

Andate dicendo che vincerò il premio

- continuare a, insistere a / nel, proseguire a (indicano un’azione che prosegue)

L’auto continuò ad andare a quella velocità

Perché insisti a difenderlo?

- finire di, smettere di, cessare di (indicano un’azione che termina)

Abbiamo finito di scrivere il tema

Sto smettendo di fumare.

 

 

FREISA: IL O LA?

 

Si può dire e scrivere in tutti e due i modi, proprio come nel caso di barbera

Una freisa decisamente interessante e di razza (www.enofaber.com)

Una chicca per gli amanti dei vini aromatizzati: il freisa chinato (Guida Michelin, Itinerari tra i vigneti).

 

VEDI ANCHE   

genere dei nomi

 

 

FRUTTI O FRUTTA? 

 

La parola frutto ha un doppio singolare e un doppio plurale, con significati piuttosto diversi.

• Il singolare maschile frutto indica un singolo prodotto di una pianta, e in senso figurato ha il significato di ‘risultato’

Mangia un frutto

Il frutto del mio lavoro

• Il singolare femminile frutta indica l’insieme dei frutti che si mangiano

La frutta ha più vitamine della carne

• Il plurale maschile frutti si usa con il significato concreto di ‘prodotti della pianta’ o con il significato figurato di ‘risultati’

Un albero carico di frutti

Ecco i frutti della tua fatica

• Il plurale femminile frutta è di uso non comune e indica un ‘insieme di frutti’

Adesso mi rubano le frutta migliori (I. Nievo, Novelliere campagnuolo)

Qualche giorno il vento recava un profumo di frutta mature (G. Deledda, Dopo il divorzio).

 

 STORIA 

Nella tradizione letteraria dei secoli scorsi sono attestati anche il singolare frutta con il significato di ‘singolo prodotto della pianta’ e il suo plurale le frutte

San Giovanni gli porge una frutta (N. Tommaseo, Bellezza e civiltà)

e tutte l’altre frutte savorose (Folgore da San Gimignano, Sonetti).

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

-FUGO, -FUGA

 

-fugo è un suffissoide derivato dal latino -fugum ‘che mette in fuga da, che fugge da’, ed è presente in parole derivate direttamente dal latino (come profugo) o formate modernamente

centrifugo (‘che fugge dal centro’) 

ignifugo (‘che mette in fuga, che allontana il fuoco’) 

callifugo (‘che cura i calli’)

Sono tutte parole con accentazione sdrucciola e il plurale è regolarmente -fughi, -fughe, come sempre nelle parole sdrucciole in -co e -go

mille profughi, tute ignifughe, unguenti callifughi.

 

VEDI ANCHE   

-co, -go, plurale dei nomi in

 

 

FUSI O FUSA?

 

La parola fuso ha due plurali.

• Il plurale maschile fusi è impiegato nel senso proprio di ‘rocchetti di filo’

i fusi del telaio, i fusi delle Parche

• Il plurale femminile fusa si usa per il significato figurato di ‘verso caratteristico del gatto’

fare le fusa, le fusa di Silvestro.

 

VEDI ANCHE   

plurali doppi

 

 

FUTURO ANTERIORE, INDICATIVO

 

Il futuro anteriore (chiamato anche futuro composto) indica un’azione futura che è anteriore a un’altra azione futura. È formato dal participio passato del verbo preceduto dal futuro semplice degli ausiliari avere o essere e si usa nelle proposizioni subordinate

Quando lo avrò saputo, te lo dirò

Allo stesso modo del futuro semplice, anche il futuro anteriore può avere valore suppositivo

Se non è venuto, avrà avuto le sue buone ragioni.

 

 USI 

Nel caso di due azioni ambientate nel futuro che non si svolgano contemporaneamente, la consecutio temporum italiana, a differenza di quella latina, non prevede l’obbligo del futuro anteriore. L’uso più frequente, anzi, anche nella lingua letteraria, è quello con il futuro semplice sia nella principale, sia nella subordinata

Quando lo saprà, tuo padre andrà su tutte le furie

Oggi nel parlato viene usato spesso anche il passato prossimo

Esco quando ho finito.

 

 

FUTURO COMPOSTO vedi FUTURO ANTERIORE, INDICATIVO

 

 

FUTURO NEL PASSATO

 

Per esprimere l’idea di futuro nel passato (cioè di un’azione posteriore rispetto a un’altra azione ambientata nel passato) si usa il condizionale passato

Ha detto che sarebbe partito domani

Gli domandò cosa avrebbe fatto 

Nel parlato e nello scritto informale si può usare anche un tempo passato del verbo dovere con l’infinito

Ha detto che doveva partire domani.

 

 STORIA 

In passato, e fino alla metà del XX secolo, per il futuro nel passato era possibile usare, soprattutto nell’uso letterario, anche il condizionale semplice

Concertarono che verrebbe di lì a due giorni (A. Manzoni, I promessi sposi).

 

VEDI ANCHE   

consecutio temporum

 

 

FUTURO SEMPLICE, INDICATIVO

 

Il futuro semplice indica un’azione che si svolgerà in un tempo futuro rispetto a quello della frase

Domani comincerò a studiare

Paolo arriverà tra due settimane

Il futuro, inoltre, può avere diverse funzioni.

• Può esprimere un garbato ordine (futuro iussivo)

A fare la spesa andrai tu

• Può addolcire, attenuare, correggere un’affermazione, o anticiparla in modo lieve (futuro attenuativo)

Ti dirò: questa tesi non mi convince

• In una frase al passato, può indicare un’azione posteriore rispetto a un’altra (futuro retrospettivo)

Quell’anno successe di tutto. Solo più tardi si scoprirà cosa

• Può esprimere una supposizione, un dubbio, un’ipotesi (futuro suppositivo o epistemico)

Non so chi abbia scritto questo messaggio: sarà Francesco?

 

 USI 

Nel parlato e nello scritto informale, per esprimere un’azione che avverrà nel futuro si usa sempre più spesso il presente indicativo

Allora il mese prossimo parti per Londra?

Possono avere valore di futuro anche il presente indicativo del verbo dovere o la sequenza avere da, seguiti da un infinito

Domani devo fare l’esame / ho da fare l’esame (= farò l’esame).